PREMESSA
Con la presente circolare si forniscono chiarimenti su varie questioni
interpretative riguardanti gli oneri deducibili e detraibili, tra i quali le spese
sanitarie, gli interessi passivi, le spese per gli interventi di recupero del
patrimonio abitativo e per la riqualificazione energetica degli edifici, il bonus
mobili, le altre detrazioni, nonché su altri quesiti riguardanti il rapporto tra IMU
IRPEF, i redditi di lavoro dipendente e fondiari. Nel seguito per TUIR si intende
il Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con il decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Le circolari e le risoluzioni
dell’Agenzia delle entrate citate in questo documento sono consultabili nella
banca dati Documentazione Tributaria accessibile dal sito
www.agenziaentrate.gov.it o dal sito www.finanze.gov.it.


1. QUESTIONI IN MATERIA DI REDDITI

1.1 IMU-IRPEF – Applicazione dell’effetto di sostituzione per il 2013
D. Si chiede di conoscere l’applicazione per il 2013 dell’effetto di sostituzione
IMU-IRPEF, alla luce delle modifiche normative che hanno riguardato il
versamento dell’IMU dovuta per il medesimo anno.
R. In base agli articoli 8, comma 1, e 9, comma 9, del decreto legislativo n. 23
del 2011, l’IMU sostituisce l’IRPEF e le relative addizionali in relazione al
reddito fondiario dei fabbricati non locati e dei terreni non affittati, per la
componente dominicale (cfr. anche circolare n. 3/DF del 2012 e circolare n. 5/E
del 2013 per approfondimenti).
Il Dipartimento delle finanze, sentita l’Agenzia delle entrate, ha ritenuto che per
l’anno 2013 l’effetto di sostituzione IMU-IRPEF trova applicazione in tutte le
ipotesi in cui è dovuta l’IMU, vale a dire nel caso di versamento della prima e/o
seconda rata (o semestre) e della cosiddetta Mini IMU. Il Dipartimento delle
finanze ha altresì ritenuto che l’effetto di sostituzione operi anche qualora l’IMU
risulti giuridicamente dovuta, ma non sia stata versata, ad esempio per effetto del
riconoscimento delle detrazioni o perché l’importo è inferiore al minimo da
versare.

1.2 IMU-IRPEF – Immobili situati nel medesimo comune dell’abitazione
principale
D. Il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso
comune nel quale si trova l'immobile adibito ad abitazione principale,
assoggettati all'imposta municipale propria, è rilevante a fini IRPEF per il 50%.
Si chiede di chiarire la nozione di abitazione principale rilevante al riguardo.
R. L’art. 1, comma 717, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il
2014) ha modificato le disposizioni degli articoli 8, comma 1, e 9, comma 9,
terzo periodo, del decreto legislativo n. 23 del 2011 riguardanti il rapporto tra
IMU e IRPEF, con effetto a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31
dicembre 2013 (cfr. comma 718). A seguito delle modifiche l’articolo 8, comma
1, prevede che l’IMU sostituisce, per la componente immobiliare, l'IRPEF e le
relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non
locati (fabbricati non locati e terreni non affittati, per la componente dominicale)
“fatto salvo quanto disposto nel successivo articolo 9, comma 9, terzo periodo.”.
Quest’ultima disposizione stabilisce che “… il reddito degli immobili ad uso
abitativo non locati situati nello stesso comune nel quale si trova l'immobile
adibito ad abitazione principale, assoggettati all'imposta municipale propria,
concorre alla formazione della base imponibile dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche e delle relative addizionali nella misura del cinquanta per
cento.”.
In merito all’applicazione delle disposizioni richiamate, il Dipartimento delle
finanze, sentita l’Agenzia delle entrate, ha ritenuto che per la definizione
dell’abitazione principale il criterio da adottare è quello utilizzato nell’ambito
della normativa in materia di imposte sui redditi ai fini della deduzione IRPEF di
cui all’art. 10, comma 3-bis, del TUIR. Ciò in quanto occorre considerare che la
disposizione che prevede la tassazione del 50% del reddito dell’immobile
riguarda la determinazione della base imponibile IRPEF e che, pertanto, appare
coerente con tale premessa fare riferimento alle regole IRPEF.
Si ricorda che per abitazione principale in base all’art. 10, comma 3-bis, del
TUIR “si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di
proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente”.
Ad esempio, un contribuente che dimori abitualmente in un immobile detenuto a
titolo di locazione e che, nello stesso comune, possieda a titolo di proprietà
un’unità immobiliare ad uso abitativo non locata assoggettata all'IMU, non dovrà
far concorrere il reddito di quest’ultima unità abitativa alla formazione della base
imponibile dell'IRPEF e delle relative addizionali nella misura del 50%.
Diversamente, un contribuente che dimori abitualmente in un immobile
posseduto a titolo di proprietà e che, nello stesso comune, possieda a titolo di
proprietà un’unità immobiliare ad uso abitativo non locata assoggettata all'IMU,
dovrà far concorrere il reddito di quest’ultima unità abitativa alla formazione
della base imponibile dell'IRPEF e delle relative addizionali nella misura del
50%.
Si precisa che la disposizione in esame si applica anche nell’ipotesi in cui un
contribuente abbia la propria dimora abituale in un fabbricato rurale abitativo
posseduto a titolo di proprietà o di altro diritto reale, e che possegga, nello stesso
comune, un’altra unità immobiliare ad uso abitativo non locata assoggettata
all'IMU.

1.3 Canoni di locazione non riscossi
Relativamente ad un fabbricato di categoria catastale C1 (negozi e botteghe)
locato dal 2011, il proprietario non percepisce alcun canone per morosità. Nel
2013 viene omologata la sentenza di sfratto nella quale il giudice indica che il
conduttore non ha pagato il canone fin dalla decorrenza del contratto in
questione. Il canone di locazione, ancorché non percepito, è stato comunque
dichiarato dal proprietario nella dichiarazione dei redditi 2012. Posto che l’art.26, comma 1, del TUIR fa riferimento ai soli “fabbricati ad uso abitativo” si
chiede quali siano gli strumenti a disposizione del contribuente per recuperare le
imposte pagate sui canoni non percepiti nell’anno 2011 e come lo stesso si debba
comportare relativamente all’anno d’imposta 2012.
R. Secondo quanto previsto all’articolo 26, comma 1, del TUIR “I redditi
fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito
complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà,
enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale (…) per il periodo di imposta in cui si è
verificato il possesso”. Ai sensi del successivo articolo 37 del TUIR, il reddito
dei fabbricati è determinato sulla base delle tariffe d’estimo, stabilite secondo le
norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe (o per i fabbricati a
destinazione speciale mediante stima diretta). Per i fabbricati concessi in
locazione a terzi, l’attuale formulazione del medesimo art. 37 prevede che il
reddito fondiario è determinato assumendo il maggior ammontare fra il canone
risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 5%, e la rendita
catastale rivalutata del 5%. La riduzione forfetaria è elevata al 25%, per i
fabbricati siti in Venezia centro, isola della Giudecca, Murano e Burano, e al
35%, per i fabbricati di interesse storico e artistico.
In base alla regola generale di cui all’art. 26 del TUIR, secondo cui i redditi
fondiari sono imputati al possessore indipendentemente dalla loro percezione,
anche per il reddito da locazione non è richiesta, ai fini della imponibilità del
canone, la materiale percezione di un provento.
Pertanto, ove il reddito fondiario sia costituito dal canone di locazione, non rileva
il canone effettivamente percepito dal locatore, bensì l’ammontare di esso
contrattualmente previsto per il periodo di imposta di riferimento.
La rilevanza del canone pattuito, anziché della rendita catastale, opera fin quando
risulta in vita il contratto di locazione. Solo a seguito della cessazione della
locazione, per scadenza del termine ovvero per il verificarsi di una causa di
risoluzione del contratto, il reddito è determinato sulla base della rendita
catastale.
Per le sole locazioni di immobili ad uso abitativo, l’articolo 8, comma 5, della
legge n. 431 del 1998, introducendo due nuovi periodi all’attuale art. 26 del
TUIR, ha stabilito che i relativi canoni, se non percepiti, non concorrono alla
formazione del reddito complessivo del locatore dal momento della conclusione
del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del
conduttore. Conseguentemente, detti canoni non devono essere riportati nella
relativa dichiarazione dei redditi se, entro il termine di presentazione della stessa,
si è concluso il procedimento di convalida di sfratto per morosità e, nel caso in
cui il giudice confermi la morosità del locatario anche per i periodi precedenti il
provvedimento giurisdizionale, al locatore è riconosciuto un credito d’imposta di
ammontare pari alle imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti.
Come precisato nella Circolare del Ministero delle Finanze n. 150 del 1999, la
disposizione, limitata ai soli immobili concessi in locazione ad uso abitativo,
deroga al principio generale di imputazione dei redditi fondiari in quanto esclude
dal reddito i canoni che non sono stati percepiti a condizione che lo stato di
morosità del conduttore risulti da un accertamento giudiziale il cui procedimento
abbia avuto termine.
Per le locazioni di immobili non abitativi il legislatore tributario non ha previsto
una disposizione analoga. Ne consegue che:
- il relativo canone, ancorché non percepito, va comunque dichiarato, nella
misura in cui risulta dal contratto di locazione, fino a quando non intervenga una
causa di risoluzione del contratto medesimo;
- le imposte assolte sui canoni dichiarati e non riscossi non potranno essere
recuperate.
Si fa presente, infine, che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 362 del
2000, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’articolo 23 (ora articolo 26) del TUIR in quanto il sistema di tassazione che
presiede alle locazioni non abitative non risulta gravoso e irragionevole dal
momento che il locatore può utilizzare tutti gli strumenti previsti per provocare la
risoluzione del contratto di locazione (dalla clausola risolutiva espressa ex art.1456 del codice civile, alla risoluzione a seguito di diffida ad adempiere ex art.
1454, alla azione di convalida di sfratto ex artt. 657 e ss del c.p.c….) e far
“riespandere” la regola generale di attribuzione del reddito fondiario basata sulla
rendita catastale.

1.4 Sisma Emilia-Romagna – Contributo autonoma sistemazione
D. Si chiede conferma circa l’esenzione da IRPEF del “contributo per autonoma
sistemazione” di cui all’Ordinanza della Regione Emilia Romagna n. 24 del
14/8/2012.
R. Con ordinanza del 14 agosto del 2012, n. 24, la Regione Emilia Romagna ha
fissato “Criteri e modalità per l’erogazione del Nuovo contributo per l’autonoma
sistemazione dei nuclei familiari sfollati dalla propria abitazione ed affrontare
l’emergenza abitativa, in applicazione dal 1 agosto 2012”.
Il Contributo di Autonoma Sistemazione (di seguito CAS) è riconosciuto in
favore dei nuclei familiari che hanno ricevuto un’ordinanza di sgombero e hanno
provveduto autonomamente alla propria sistemazione alloggiativa, anche
mediante ospitalità presso conoscenti e parenti; inoltre, il CAS è concesso a
decorrere dal 1° agosto 2012 e fino al ripristino dell’agibilità dell’abitazione
principale, abituale e continuativa, e, comunque, non oltre il termine dello stato
di emergenza. L’importo del contributo in esame è modulato in ragione della
composizione del nucleo familiare e non è riconosciuto ai proprietari di seconde
case, situate nella provincia di residenza, agibili e libere. Ciò premesso, in
relazione al quesito posto, si osserva che in base ai principi generali che
disciplinano la tassazione dei redditi, devono essere assoggettate a tassazione le
prestazioni inquadrabili in una delle categorie reddituali previste dall’art. 6 del
TUIR. Sulla base di tale considerazione, si ritiene che il CAS, non essendo
inquadrabile in alcuna delle categorie reddituali di cui al citato articolo 6 del
TUIR, non sia imponibile ai fini IRPEF.
1.5 Redditi esteri ed applicazione delle retribuzioni convenzionali 
D. Un lavoratore dipendente, residente in Italia, ha svolto, per un periodo 
superiore a 183 giorni, la prestazione lavorativa all’estero in via continuativa e 
come oggetto esclusivo del rapporto. In tale ipotesi, è tenuto a dichiarare i redditi 
di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR, se il 
datore di lavoro è estero e non sia presente in Italia alcun soggetto che adempia, 
in suo favore, gli obblighi contributivi? 
R. L’articolo 3, comma 1, del TUIR, statuisce che “L’imposta si applica sul 
reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi 
posseduti al netto degli oneri indicati nell’art. 10 ….”. Come si evince dalla 
lettera della norma, per i residenti l’obbligo di dichiarare, nel nostro Paese, i 
redditi ovunque prodotti ricade sul soggetto titolare dei redditi stessi. Si 
conferma, pertanto, quanto affermato con la circolare n. 50/E del 2002, par. 18, 
in cui è stato precisato che il soggetto residente che versi nelle condizioni 
previste dall’articolo 51, comma 8-bis), del TUIR, è tenuto a dichiarare il reddito 
convenzionale nella misura in cui è definito annualmente con il decreto del 
Ministro del Lavoro e della previdenza sociale (ora Ministro del Lavoro e delle 
politiche sociali), ancorché non sia presente in Italia alcun soggetto che adempia, 
in suo favore, gli obblighi contributivi. 
 
 
2. SPESE SANITARIE 
 
2.1 Detraibilità spese per osteopata 
D. Si chiede se siano detraibili come spese mediche gli importi pagati per le 
prestazioni rese dall’osteopata. 
R. Il Ministero della Salute, interpellato al riguardo, ha precisato che a tutt’oggi 
la figura dell’osteopata non è annoverabile fra le figure sanitarie riconosciute, il 
cui elenco è disponibile sul sito istituzionale del Ministero stesso. Il predetto 
Dicastero ha precisato, altresì, che, in attesa di un eventuale riconoscimento normativo, le attività che in altri Paesi sono svolte dall’osteopata afferiscono in 
Italia alle professioni sanitarie. In considerazione del parere fornito dal Ministero 
della Salute, si ritiene che le prestazioni rese dagli osteopati non consentano la 
fruizione della detrazione di cui all’art. 15, comma 1, lett. c), del TUIR, e che le 
spese per prestazioni di osteopatia, riconducibili alle competenze sanitarie 
previste per le professioni sanitarie riconosciute, sono detraibili se rese da iscritti 
a dette professioni sanitarie. 
 
2.2 Detraibilità spese per biologo nutrizionista 
D. Si chiede se siano detraibili come spese mediche gli importi pagati per le 
prestazioni rese dal biologo nutrizionista. 
R. Considerato che il biologo non è un medico, né rientra fra le figure 
professionali sanitarie elencate nel decreto ministeriale 29 marzo 2001, fra cui è 
ricompresa la figura del dietista, la scrivente ha ritenuto opportuno interpellare il 
Ministero della Salute sulla natura delle prestazioni rese da detta figura 
professionale. 
Al riguardo, il Ministero ha fatto presente che, con pareri del Consiglio Superiore 
di Sanità sulle competenze in materia di nutrizione delle professioni di medico, 
biologo e dietista, è stato chiarito che mentre il medico-chirurgo può prescrivere 
diete a soggetti sani e a soggetti malati, il biologo può autonomamente elaborare 
e determinare diete nei confronti di soggetti sani, al fine di migliorarne il 
benessere e, solo previo accertamento delle condizioni fisio-patologiche 
effettuate dal medico chirurgo, a soggetti malati. Il Ministero sottolinea che in 
detti pareri è evidenziato che, pur essendo il medico il solo professionista ad 
avere il titolo per l’effettuazione di diagnosi finalizzate all’elaborazione di diete, 
la professione di biologo, pur non essendo sanitaria, è inserita nel ruolo sanitario 
del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e può svolgere attività attinenti alla tutela 
della salute. 
In considerazione dei chiarimenti forniti dal Ministero della Salute, si ritiene che 
le spese sostenute per visite nutrizionali, con conseguente rilascio di diete alimentari personalizzate, eseguite da biologi, siano detraibili ai sensi dell’art. 15, 
comma 1, lett. c), del TUIR. Ai fini della detrazione, dal documento di 
certificazione del corrispettivo rilasciato dal biologo dovranno risultare la 
specifica attività professionale e la descrizione della prestazione sanitaria resa, 
mentre non è necessaria la prescrizione medica, analogamente a quanto 
specificato con la circolare n. 19/E del 2012, par. 2.2. 
Al riguardo, si precisa che la non necessità della prescrizione medica va 
correttamente vista nell’ottica della semplificazione degli adempimenti fiscali per 
i contribuenti, e non implica, né sul piano normativo, né sul piano del concreto 
esercizio delle professioni sanitarie, alcuna legittimazione allo svolgimento di 
attività sanitarie in difformità dalle disposizioni legislative e regolamentari che le 
disciplinano. 
 
 
3. INTERESSI PASSIVI PER MUTUI 
 
3.1 Acquisto di immobili da accorpare catastalmente 
D. Un contribuente è proprietario di una unità immobiliare che ha acquistato 
come abitazione principale. In occasione dell'acquisto è stato stipulato un mutuo 
ipotecario per il quale detrae gli interessi passivi per acquisto dell'abitazione 
principale, avendone i requisiti. Dopo due anni dal primo acquisto, allo scopo di 
ampliare la propria abitazione principale, acquista un'altra unità immobiliare 
adiacente alla prima, stipulando nel contempo un nuovo mutuo ipotecario: "per 
acquisto prima casa". Immediatamente dopo il secondo acquisto, effettua una 
variazione catastale, unificando le due unità immobiliari ed ottenendo così 
un'unica unità immobiliare presso la quale aveva già la residenza, avendola già 
adibita ad abitazione principale. Nell'atto di acquisto della seconda unità 
immobiliare è precisato che il contribuente effettua tale acquisto con i benefici 
della prima casa, impegnandosi ad accorpare tale nuova unità immobiliare con la 
sua abitazione principale. I mutui stipulati rimangono entrambi accesi. Si chiede se anche gli interessi passivi del secondo mutuo possano essere detratti, nei limiti 
stabiliti dalla norma. 
R. L’art. 15, comma 1, lett. b), del TUIR, consente la detrazione dall’IRPEF di 
un importo pari al 19 per cento degli interessi passivi e relativi oneri accessori, 
pagati in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per 
l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un 
anno dall’acquisto stesso, per un importo non superiore a 4.000 euro. 
Il contribuente che acquista un’unità immobiliare adiacente alla propria 
abitazione principale, con l’intenzione di accorparle, può fruire della detrazione 
per gli interessi passivi relativi al mutuo contratto per detto acquisto, ai sensi del 
citato art. 15, comma 1, lett. b), del TUIR, dopo che sia stato realizzato 
l’accorpamento, risultante anche dalle variazioni catastali relative ad entrambe le 
unità immobiliari, in modo da risultare un’unica abitazione principale (cfr. 
risoluzione n. 117/E del 2009). 
Nel caso in esame, il limite di euro 4.000 deve essere riferito all’ammontare 
complessivo degli interessi e oneri accessori relativi ai due mutui accesi per 
l’acquisto delle unità immobiliari accorpate. 
La condizione che anche il secondo mutuo sia stipulato per l’acquisto 
dell’abitazione principale dovrà risultare dal contratto di acquisto dell’immobile, 
dal contratto di mutuo o da altra documentazione rilasciata dalla banca. In 
mancanza, la finalità del mutuo deve essere attestata dal contribuente mediante 
un’apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell’art. 47 del 
DPR n. 445 del 2000 (cfr. risoluzione n. 147/E del 2006). Naturalmente devono 
essere rispettate anche le altre condizioni previste dalla disposizione, quali il 
limite temporale che deve intercorrere tra l’accensione del mutuo, l’acquisto e la 
destinazione ad abitazione principale. In particolare l'immobile deve essere 
adibito ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto, che deve avvenire 
nell'anno antecedente o successivo alla stipula del contratto di mutuo. Infine, nel 
caso in cui il mutuo relativo al secondo acquisto sia superiore al costo del secondo immobile, occorre rideterminare in proporzione l’importo degli interessi 
detraibili (cfr. circolare n. 15/E del 2005, par. 4.1). 
 
3.2 Mutuo per la costruzione abitazione principale – Coniuge a carico 
D. L’art. 15 del TUIR prevede che se uno dei due coniugi, comproprietari e 
cointestatari del mutuo per acquisto abitazione principale, sia fiscalmente a 
carico dell’altro, questo può fruire anche della quota di detrazione spettante al 
coniuge. Si chiede di conoscere se detta disposizione sia applicabile anche nella 
diversa ipotesi in cui il mutuo sia finalizzato alla ristrutturazione o costruzione 
dell’abitazione principale. 
R. L’art. 15, comma 1, lett. b), del TUIR riconosce una detrazione IRPEF del 19 
per cento per gli interessi passivi e relativi oneri accessori corrisposti in 
dipendenza di mutui ipotecari contratti per l’acquisto dell’abitazione principale, 
per un importo non superiore a euro 4.000. La medesima disposizione riconosce 
la detrazione, a decorrere dalla data in cui l’unità immobiliare è adibita a dimora 
abituale, anche nel caso in cui l’immobile acquistato sia oggetto di lavori di 
ristrutturazione edilizia, comprovata da concessione edilizia o atto equivalente. 
Nelle predette ipotesi, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 388 del 
2000, con effetto dal 2001, l’ultimo periodo della disposizione in esame (attuale 
art. 15, comma 1, lett. b, del TUIR), dopo aver precisato che in caso di mutuo 
cointestato a entrambi i coniugi, ciascuno di essi può fruire della detrazione 
unicamente per la propria quota di interessi, stabilisce altresì che, in caso di 
coniuge fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione spetta a quest’ultimo per 
entrambe le quote. 
Il comma 1-ter dell’art. 15 del TUIR, inserito dall’art. 3, comma 1, della legge n. 
449 del 1997, riconosce la detrazione del 19 per cento per gli interessi passivi e 
relativi oneri accessori corrisposti in dipendenza di mutui ipotecari stipulati per la 
costruzione dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale, per un 
importo non superiore a euro 2.582,28. 
Ciò premesso, si ritiene che, in mancanza di una disposizione analoga a quella introdotta dalla legge n. 388 del 2000 in relazione alle tipologie di mutuo 
contemplate dalla lettera b) dell’art. 15, comma 1, del TUIR, in caso di mutuo 
contratto per la costruzione dell’abitazione principale, la quota di interessi del 
coniuge fiscalmente a carico non può essere portata in detrazione dall’altro 
coniuge. 
 
3.3 Immobili inagibili per il sisma dell’Abruzzo 
D. Si chiede se i contribuenti residenti nel territorio colpito dal sisma in Abruzzo 
che si avvalevano della detrazione per gli interessi passivi relativi a mutui per 
l’acquisto dell’abitazione principale possano continuare a fruirne anche se gli 
immobili utilizzati quali dimore abituali siano divenuti inagibili a seguito del 
sisma. Le istruzioni ministeriali permettono la detrazione in argomento se in 
presenza di immobili adibiti ad abitazione principale del contribuente o di un suo 
familiare. In questo caso l’immobile, risultando inagibile, non può essere 
considerato dimora abituale di nessuno ed in più trova indicazione nel quadro dei 
fabbricati con codice utilizzo 9 e caso particolare 1. Si chiede quindi una esplicita 
indicazione sulla detraibilità dell’onere anche nella suddetta situazione. 
R. L’art. 15, comma 1, lett. b), del TUIR consente la detrazione per gli interessi 
passivi nei periodi di imposta in cui l’unità immobiliare è adibita a dimora 
abituale del contribuente o dei suoi familiari. Le uniche deroghe ammesse sono 
quelle espressamente previste dalla citata lett. b) o da altre disposizioni, per i 
trasferimenti per motivi di lavoro, per i ricoveri e per il personale delle forze 
armate in servizio permanente. Si ritiene, tuttavia, che nel caso prospettato, in cui 
l’unità immobiliare è stata oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, in quanto 
inagibile totalmente o parzialmente a causa di un evento sismico, la variazione 
della dimora dipenda da cause di forza maggiore che non pregiudicano la 
fruizione della detrazione per gli interessi passivi ai sensi dell’art. 15, comma 1, 
lett.b) del TUIR, a condizione che le rate del mutuo siano pagate e tale onere 
rimanga effettivamente a carico del contribuente. 
4. RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO 
 
4.1 Familiare convivente e documentazione 
D. Le istruzioni per la compilazione del Modello 730/14, in relazione al 
beneficio del 36%-50%, precisano che: “Ha diritto alla detrazione anche il 
familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto 
dell’intervento, purché abbia sostenuto le spese e le fatture ed i bonifici siano a 
lui intestati”. Ciò premesso, posto che il familiare convivente è legittimato alla 
fruizione del beneficio sulla base di un consolidato orientamento di prassi, le 
indicazioni delle istruzioni non appaiono in linea con gli ultimi chiarimenti 
forniti con la circolare n. 20/E del 2011, punto 2.1, in merito alla possibile 
“gestione” della documentazione, da parte degli aventi diritto, anche laddove la 
documentazione (fatture e bonifici) non sia intestata a tutti i contribuenti che 
hanno sostenuto la spesa. 
R. Con circolare n. 20/E del 2011, par. 2.1, dopo aver richiamato precedenti 
documenti di prassi diretti a riconoscere il beneficio al soggetto che ha 
effettivamente sostenuto l’onere, è stato specificato che, nel caso in cui la fattura 
e il bonifico siano intestati ad un solo comproprietario, mentre la spesa di 
ristrutturazione è sostenuta da entrambi, la detrazione spetta anche al soggetto 
che non risulti indicato nei predetti documenti, a condizione che nella fattura sia 
annotata la percentuale di spesa da quest’ultimo sostenuta. L’indicazione 
contenuta nelle istruzioni al modello 730/2014 riprende quanto precisato nella 
circolare del Ministero delle finanze n. 121 del 1998, par. 2.1, in cui è stato 
specificato che la detrazione compete anche al familiare convivente del 
possessore o detentore dell'immobile sul quale vengono effettuati i lavori, purché 
ne sostenga le spese, e le fatture e i bonifici siano a lui intestati. Si tratta di 
un’indicazione da seguire nella generalità dei casi che non preclude, tuttavia, la 
possibilità di applicare il più recente orientamento assunto con i documenti di 
prassi in precedenza citati, alle medesime condizioni, nel caso in cui la spesa sia 
stata in parte sostenuta dai familiari conviventi del possessore o detentore dell’immobile sul quale sono effettuati gli interventi di ristrutturazione. 
Al riguardo, si precisa che l’annotazione sui documenti della percentuale di spesa 
sostenuta deve essere effettuata fin dal primo anno di fruizione del beneficio e 
che il comportamento dei contribuenti deve essere coerente con detta 
annotazione. È esclusa la possibilità di modificare, nei periodi d’imposta 
successivi, la ripartizione della spesa sostenuta. 
Ad integrazione di quanto indicato nel par. 2.1 della citata circolare n. 20/E del 
2011, si fa presente che, per effetto della soppressione della comunicazione di 
inizio lavori al Centro Operativo di Pescara, l’obbligo di indicare il codice fiscale 
nell’apposito campo dei modelli 730/2014 e UNICO 2014 è limitato ai lavori su 
parti comuni condominiali, agli interventi sostenuti da parte dei soggetti di cui 
all’art. 5 del TUIR e all’acquisto di immobile ristrutturato. 
 
4.2 Lavori di ristrutturazione su parti comuni ed immobile di proprietà del 
coniuge incapiente 
D. L'amministratore ha certificato regolarmente al condomino la quota detraibile 
delle spese affrontate su parti comuni. Il contribuente proprietario al 100 per 
cento non possiede reddito. Si chiede se sia possibile per il coniuge convivente 
detrarre le spese di ristrutturazione anche se le rate condominiali sono state 
saldate con l'emissione di assegni su un conto corrente cointestato ai due coniugi. 
R. La circolare n. 121/E dell’11 maggio 1998, al punto 2.1, ha precisato che la 
detrazione prevista per gli interventi di ristrutturazione edilizia compete anche al 
familiare convivente del possessore o detentore dell'immobile sul quale sono 
effettuati i lavori. 
Con successiva circolare n. 122/E del 1999 è stato chiarito, ai fini della 
detrazione relativa alle spese sulle parti condominiali, che nel caso in cui la 
certificazione dell’Amministratore del condominio indichi i dati relativi ad un 
solo condomino, mentre le spese per quel determinato alloggio sono state 
sostenute da altri soggetti, il contribuente, qualora ricorrano tutte le altre 
condizioni che comportano il riconoscimento del diritto alla detrazione, può fruirne a condizione che attesti sul documento comprovante il pagamento della 
quota relativa alla spese in questione il suo effettivo sostenimento e la 
percentuale di ripartizione. Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle 
Entrate n. 149646 del 2 novembre 2011, è stato disposto che, nell’ipotesi di 
lavori su parti comuni di edifici residenziali, ogni contribuente è tenuto ad esibire 
la delibera assembleare e la tabella millesimale di ripartizione delle spese. Il 
citato Provvedimento non stabilisce le modalità con le quali i singoli condomini 
devono versare le somme al condominio. 
Per quanto detto la scrivente ritiene che nel caso in esame il contribuente, 
coniuge convivente del proprietario dell’immobile, possa portare in detrazione 
nella propria dichiarazione dei redditi le spese sostenute relative ai lavori 
condominiali pagate con assegno bancario tratto sul conto corrente cointestato ai 
due coniugi. Sul documento rilasciato dall’amministratore comprovante il 
pagamento della quota millesimale relativa alla spese in questione il coniuge 
convivente dovrà indicare i propri estremi anagrafici e l’attestazione 
dell’effettivo sostenimento delle spese. 
 
4.3 Ripartizione delle spese in assenza di condominio 
D. Il Provvedimento del 2/11/2011 del Direttore dell’Agenzia delle entrate, ai 
fini della conservazione della documentazione precisa che è necessaria la: 
“Delibera assembleare di approvazione dell’esecuzione dei lavori, per gli 
interventi riguardanti parti comuni di edifici residenziali, e tabella millesimale di 
ripartizione delle spese”. Si chiede se, in assenza di un obbligo giuridico di 
costituzione del condominio e relative tabelle millesimali, i comproprietari 
possano suddividere la spesa sulla base di un rendiconto che tenga conto degli 
importi effettivamente pagati o se sia necessario ripartire in parti uguali la spesa. 
Si chiede, inoltre, se tutti i comproprietari possano bonificare la spesa all’impresa 
sulla base delle singole fatture emesse, in quanto non sussiste il soggetto 
giuridico “condominio” cui fatturare. 
R. Si premette che, secondo una consolidata giurisprudenza, la nascita del condominio si determina automaticamente “senza che sia necessaria 
deliberazione alcuna, nel momento in cui più soggetti costruiscano su un suolo 
comune, ovvero quando l’unico proprietario di un edificio ne ceda a terzi piani o 
porzioni di piano in proprietà esclusiva, realizzando l’oggettiva condizione del 
frazionamento” (cfr. risoluzione n. 45/E del 2008 e la giurisprudenza ivi 
richiamata). 
Il condominio - per effetto dell’art. 21, comma 11, lettera a), n. 1), della legge n. 
449/1997 - ha assunto la qualifica di sostituto d’imposta, tenuto ad effettuare la 
ritenuta di acconto ogni qualvolta corrisponda compensi in denaro o in natura, 
pertanto, è necessario che lo stesso sia provvisto di codice fiscale, 
indipendentemente dalla circostanza che non sia necessario, ai sensi dell’art. 
1129 codice civile, nominare un amministratore (circolare n. 204/E del 6 
novembre 2000). 
In presenza di un “condominio minimo”, edificio composto da un numero non 
superiore a otto condomini (prima delle modifiche apportate dalla legge n. 220 
del 2012 all’articolo 1129 c.c. il riferimento era a quattro condomini), 
risulteranno comunque applicabili le norme civilistiche sul condominio, fatta 
eccezione dell’articolo 1129 e 1138 c.c. che disciplinano rispettivamente la 
nomina dell’amministratore (nonché l’obbligo da parte di quest’ultimo di 
apertura di un apposito conto corrente intestato al condominio) e il regolamento 
di condominio (necessario in caso di più di dieci condomini). 
Ne discende che, al fine di beneficiare della detrazione per i lavori di 
ristrutturazione delle parti comuni prevista dall’articolo 16-bis del TUIR, i 
condomini che, non avendone l'obbligo, non abbiano nominato un 
amministratore dovranno obbligatoriamente richiedere il codice fiscale ed 
eseguire tutti gli adempimenti previsti dalla richiamata disposizione a nome del 
condominio stesso. 
Per quanto concerne i pagamenti è necessario effettuare i bonifici indicando, 
oltre al codice fiscale del condominio, anche quello del condomino che effettua il 
pagamento (cfr. circolare n. 57/E del 1998), che potrà essere tratto indifferentemente sul conto corrente bancario ovvero postale di uno dei 
condòmini, a tal fine delegato dagli altri, o su conto appositamente istituito, 
demandando all'accordo degli interessati la definizione delle modalità interne di 
regolazione del pagamento, fermo restando il principio che la detrazione può 
spettare soltanto in ragione delle spese effettivamente sostenute da ciascuno e il 
rispetto delle altre prescrizioni stabilite dal decreto interministeriale n. 41 del 
1998 e dal Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 2 
novembre 2011. 
Per la ripartizione delle spese relative alla parti comuni alle unità immobiliari i 
condomini dovranno concorrere alle stesse in ragione dei millesimi di proprietà o 
ai diversi criteri applicabili ai sensi del codice civile (cfr. articoli 1123 e 
seguenti). 
Infine, la Circolare n. 57/E del 1998 ha chiarito che i documenti giustificativi 
delle spese relative alle parti comuni dovranno essere intestati al condominio. 
 
4.4 Spese sostenute mediante finanziamento 
D. Si chiede se siano detraibili le spese sostenute dal contribuente per lavori 
riconducibili agli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di 
riqualificazione energetica degli edifici in caso di pagamento effettuato da una 
società finanziaria a seguito del finanziamento della spesa del contribuente. 
R. L’articolo 16-bis, comma 9, del TUIR, prevede che alla detrazione per gli 
interventi di ristrutturazione edilizia si applichino le disposizioni di cui al decreto 
del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro dei lavori pubblici del 18 
febbraio 1998, n. 41. L’art. 1, comma 3, del citato decreto n. 41 del 1998 dispone 
che “Il pagamento delle spese detraibili è disposto mediante bonifico bancario 
dal quale risulti la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della 
detrazione ed il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del soggetto a 
favore del quale il bonifico è effettuato”. Il successivo articolo 4, comma 1, 
lettera b), del decreto interministeriale prevede che la detrazione non è 
riconosciuta in caso di “effettuazione di pagamenti secondo modalità diverse da quelle previste dall’articolo 1, comma 3, limitatamente a questi ultimi”. 
Con riferimento alla detrazione prevista per gli interventi di risparmio energetico 
di cui alla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge Finanziaria 2007) si osserva 
che tale detrazione è regolamentata dal decreto interministeriale 19 febbraio 2007 
recante disposizioni di attuazione relative alle detrazioni per le spese di 
riqualificazione energetica (modificato dal DM 26 ottobre 2007 e coordinato con 
il DM 7 aprile 2008 e il DM 6 agosto 2009). L’art. 4, comma 1, lett. c) del citato 
decreto interministeriale indica tra gli adempimenti che il contribuente deve 
porre in essere, se intende avvalersi della detrazione fiscale, quello di “effettuare 
il pagamento delle spese sostenute per l’esecuzione degli interventi mediante 
bonifico bancario o postale dal quale risulti la causale del versamento, il codice 
fiscale del beneficiario della detrazione ed il numero di partita IVA, ovvero, il 
codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato. Tale 
condizione è richiesta per i soggetti di cui all’art. 2, comma 1, lettera a)” ovvero 
le persone fisiche e gli enti e i soggetti non titolari di reddito d’impresa. 
Ciò premesso, si ritiene che se il pagamento delle spese per gli interventi di 
recupero del patrimonio edilizio o di riqualificazione energetica degli edifici sia 
materialmente effettuato dalla società finanziaria che ha concesso un 
finanziamento al contribuente, quest’ultimo possa fruire della detrazione per gli 
interventi in esame a condizione che la società che eroga il finanziamento paghi 
il corrispettivo al soggetto fornitore con un bonifico bancario o postale recante 
tutti i dati previsti dalle disposizioni di riferimento (causale del versamento con 
indicazione degli estremi della norma agevolativa, codice fiscale del soggetto per 
conto del quale è eseguito il pagamento, numero di partita IVA del soggetto a 
favore del quale il bonifico è effettuato) in modo da consentire alle banche o a 
Poste Italiane SPA di operare la ritenuta del 4% (secondo il disposto dell’art. 25 
del DL n. 78 del 2010) e il contribuente abbia copia della ricevuta del bonifico. 
L’anno di sostenimento della spesa sarà quello di effettuazione del bonifico da 
parte dalla finanziaria al fornitore della prestazione. Rimane ferma la necessaria 
sussistenza degli altri presupposti per la fruizione delle detrazioni richiesti dalle disposizioni in esame. 
 
4.5 Bonifico con causale errata 
D. Con la risoluzione n. 55/E del 2012, l'Agenzia delle Entrate ha precisato che 
non è ulteriormente sostenibile la tesi volta a riconoscere la detrazione per gli 
interventi di ristrutturazione edilizia anche in presenza di un bonifico 
bancario/postale carente dei requisiti richiesti dalla norma, tale da impedire alle 
banche e a Poste Italiane SPA, che accreditano il pagamento, di operare la 
ritenuta del 4%, prevista dal D.L. 31/05/2010, n. 78 (così come modificato 
dall’art. 22 del D.L. 98 del 2011), nei confronti delle imprese beneficiarie del 
pagamento. Ciò premesso, in presenza di tutti gli altri requisiti, si chiede se sia 
possibile riconoscere la detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia 
nel caso in cui il contribuente nella causale del bonifico effettuato nel 2012 abbia 
riportato erroneamente i riferimenti normativi dell’agevolazione per la 
riqualificazione energetica degli edifici in luogo di quella previste per le 
ristrutturazioni edilizie. Si precisa che la banca ha regolarmente applicato la 
ritenuta del 4%. 
R. L’art. 25 del decreto-legge n. 78 del 2010 ha disposto, con decorrenza 1° 
luglio 2010, l’obbligo per le banche e le poste italiane S.p.A. di applicare una 
ritenuta, a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, con 
obbligo di rivalsa, all’atto dell’accredito dei pagamenti relativi ai bonifici 
disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la 
detrazione d'imposta. La misura della ritenuta applicabile, inizialmente fissata al 
10%, è stata successivamente rideterminata al 4%, per effetto del comma 8 
dell’art. 23 del decreto-legge n. 98 del 2011. 
Ciò premesso, nell’ipotesi in cui l’indicazione nella causale del bonifico dei 
riferimenti normativi della detrazione per la riqualificazione energetica degli 
edifici in luogo di quella per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio sia 
dovuta a un mero errore materiale e non abbia pregiudicato l’applicazione della 
ritenuta d’acconto del 4%, si ritiene che la detrazione possa comunque essere riconosciuta, nel rispetto degli altri presupposti previsti dalla norma agevolativa. 
Le medesime conclusioni possono applicarsi anche nel caso opposto in cui, per 
un errore materiale, nella causale del bonifico siano stati indicati i riferimenti 
normativi degli interventi di recupero del patrimonio edilizio in luogo di quelli 
della detrazione per la riqualificazione energetica degli edifici, fermo restando il 
rispetto dei presupposti per la fruizione di quest’ultima detrazione. 
 
4.6 Acquisto box pertinenziale 
D. Madre e figlia, all’atto dell’acquisto di un box, risultano conviventi 
nell’appartamento cui il predetto box è pertinenziale. La fattura per l’acquisto è 
emessa a nome della figlia proprietaria, ma il bonifico è eseguito dalla madre, 
che ha sostenuto la spesa. Di ciò, peraltro, viene data notizia anche nel rogito. Si 
chiede chi possa fruire della detrazione posto che l’art. 16-bis del TUIR fa 
riferimento alle “spese sostenute ed effettivamente rimaste a carico del 
contribuente” per “la realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali”. 
R. L’art. 16 bis, comma 1, lett. d), del TUIR, ricomprende fra gli interventi 
ammessi a fruire della detrazione per i lavori di ristrutturazione edilizia, in 
relazione alle spese documentate, sostenute ed effettivamente rimaste a carico, 
anche gli interventi “relativi alla realizzazione di autorimesse o posti auto 
pertinenziali anche a proprietà comune”. La necessaria costituzione del vincolo 
pertinenziale comporta che la detrazione per gli interventi in esame abbia come 
presupposto l’acquisto da parte del proprietario o del titolare di un diritto reale 
sull’unità immobiliare che può costituire tale vincolo. Ciò premesso, si ricorda 
che con circolare n. 15/E del 2005, par. 7.2, è stato ritenuta ammissibile la 
fruizione della detrazione in esame da parte del coniuge convivente per la 
costruzione di un box pertinenziale di proprietà dell’altro coniuge, a carico del 
primo. 
Fermo restando che il vincolo pertinenziale deve risultare dall’atto di acquisto, si 
ritiene che la detrazione competa al soggetto, familiare convivente, che ha 
effettivamente sostenuto la spesa, attestando sulla fattura che le spese per gli interventi agevolabili sono dallo stesso sostenute ed effettivamente rimaste a 
carico. 
 
 
5. ACQUISTO MOBILI ED ELETTRODOMESTICI 
 
5.1 Interventi che consentono la fruizione del bonus 
D. Nelle Istruzioni alla compilazione del modello 730/2014 è previsto che la 
detrazione spetta solo se sono state sostenute spese dal 26 giugno 2012 per gli 
interventi di recupero del patrimonio edilizio elencati nella circolare n. 29/E del 
2013. Si chiede di conoscere se gli interventi relativi al risparmio energetico 
(attuale lett. h dell'art. 16-bis, comma 1, del TUIR) possano essere annoverati tra 
gli interventi di “manutenzione straordinaria”, e se anche altri interventi di cui 
all’art. 16-bis, comma 1, del TUIR, possano essere “riqualificati” ed a quali 
condizioni. 
R. Si conferma che gli interventi di recupero del patrimonio edilizio che 
costituiscono il presupposto per l’ulteriore detrazione per l’acquisto di mobili e 
grandi elettrodomestici sono quelli elencati al paragrafo 3.2 della circolare n. 
29/E del 2013, ossia quelli previsti ai commi 1, lettere a), b) e c), e 3 dell’art. 16-
bis del TUIR. Gli altri interventi previsti dall’art. 16-bis del TUIR consentono di 
fruire anche dell’ulteriore detrazione per l’acquisto di mobili e di grandi 
elettrodomestici, a condizione che i medesimi interventi, per le loro particolari 
caratteristiche, siano anche inquadrabili tra gli interventi edilizi sopraindicati. 
Per quanto riguarda lo specifico quesito sul risparmio energetico, si ricorda che 
gli interventi edilizi che costituiscono il presupposto del bonus mobili includono 
quelli di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e 
ristrutturazione edilizia riguardanti singole unità abitative, e che gli interventi 
finalizzati al risparmio energetico di cui alla lettera h) del comma 1 dell’art. 16-
bis del TUIR possono essere effettuati anche in assenza di opere edilizie 
propriamente dette. 
Gli interventi finalizzati al risparmio energetico, per consentire di accedere al 
bonus mobili, devono potersi configurare quanto meno come interventi di 
“manutenzione straordinaria”, ove effettuati su singole unità immobiliari 
residenziali. 
Sul punto si fa presente che, secondo l’art. 3, comma 1, lett. b), del DPR n. 380 
del 2001 (Testo unico dell’edilizia), per “interventi di manutenzione 
straordinaria” si intendono “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e 
sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare 
i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le 
superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle 
destinazioni di uso;”. 
Con circolare n. 57/E del 1998, par. 3.4, è stato affermato che “La manutenzione 
straordinaria si riferisce ad interventi, anche di carattere innovativo, di natura 
edilizia ed impiantistica finalizzati a mantenere in efficienza ed adeguare all’uso 
corrente l’edificio e le singole unità immobiliari, senza alterazione della 
situazione planimetrica e tipologica preesistente, e con il rispetto della superficie, 
della volumetria e della destinazione d’uso. La categoria di intervento 
corrisponde quindi al criterio della innovazione nel rispetto dell’immobile 
esistente”. 
Per gli interventi che utilizzano fonti rinnovabili di energia, l’art. 123, comma 1, 
del citato DPR n. 380 del 2001 stabilisce che “Gli interventi di utilizzo delle fonti 
di energia di cui all’articolo 1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, in edifici ed 
impianti industriali non sono soggetti ad autorizzazione specifica e sono 
assimilati a tutti gli effetti alla manutenzione straordinaria di cui all’articolo 3, 
comma 1, lettera a) [recte: lettera b)]”. 
Fatta salva l’assimilazione alla manutenzione straordinaria degli interventi 
previsti dalla disposizione da ultimo richiamata, negli altri casi dovrà essere 
valutata la riconducibilità degli interventi finalizzati al risparmio energetico di 
cui alla lett. h) del comma 1 dell’art. 16-bis del TUIR, alla manutenzione 
straordinaria (o alle altre categorie ammissibili), tenendo conto che gli interventi sugli impianti tecnologici diretti a sostituirne componenti essenziali con altri che 
consentono di ottenere risparmi energetici rispetto alla situazione preesistente, 
rispondono al criterio dell’innovazione (circolare n. 57/E del 1998) e sono 
tendenzialmente riconducibili alla manutenzione straordinaria. 
Resta inteso che gli interventi finalizzati al risparmio energetico, che beneficiano 
della maggiore detrazione del 65%, non possono costituire presupposto per fruire 
della detrazione per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici. A tal 
proposito con circolare n.29 del 2013, paragrafo 3.1., è stato precisato che “i 
soggetti che possono avvalersi del beneficio fiscale sono (…) i contribuenti che 
(…) fruiscono della detrazione per interventi di recupero del patrimonio edilizio 
di cui all’art. 16-bis con la maggiore aliquota del 50% e con il maggior limite di 
96.000 euro di spese ammissibili”. 
 
5.2 Bonus mobili e acquisto box pertinenziale 
D. Un contribuente ha acquistato nel 2013 un box auto pertinenziale, per il quale 
intende usufruire della detrazione IRPEF, prevista dall’articolo 16-bis), comma 
1, lett. d), del TUIR. Il contribuente ha intenzione di arredare il box auto con una 
armadiatura e un mobile lavanderia e, pertanto, chiede se l’acquisto del box 
permetta la fruizione degli incentivi previsti per l’acquisto di mobili. 
R. Gli interventi di recupero del patrimonio edilizio che costituiscono il 
presupposto per l’ulteriore detrazione per l’acquisto di mobili e grandi 
elettrodomestici sono elencati al paragrafo 3.2 della circolare n. 29/E del 2013. 
Tra questi non possono essere compresi gli interventi consistenti nella 
realizzazione di posti auto o box pertinenziali rispetto all’abitazione di cui all’art. 
16-bis, comma 1, lett. d), del TUIR. 
Al riguardo si fa presente che la scrivente, già con circolare n. 35/E del 16 luglio 
2009, nel fornire chiarimenti in relazione ad analoga agevolazione introdotta, per 
un periodo di tempo limitato, nel 2009, aveva escluso che il beneficio connesso 
all’acquisto dei mobili spettasse in caso di costruzione di box pertinenziali.
Il principio allora espresso deve ritenersi ancora valido, anche con riferimento 
alla nuova agevolazione, introdotta dall’art. 16, comma 2, del decreto-legge n. 63 
del 2013. Il legislatore infatti, pur utilizzando una formulazione leggermente 
diversa rispetto a quella del 2009, ha ugualmente ancorato la detrazione per 
l’acquisto di mobili agli interventi di recupero del patrimonio edilizio che sono 
effettuati su immobili residenziali già esistenti e non anche, quindi, agli interventi 
edilizi che comportano la realizzazione di nuove costruzioni. 
 
5.3 Bonus mobili e pagamento mediante bonifico 
D. Non risulta chiaro se in caso di pagamento di mobili e grandi elettrodomestici 
mediante bonifico bancario o postale, quest’ultimo debba essere effettuato con 
l’applicazione della ritenuta del 4%. 
R. In relazione agli adempimenti da seguire per la fruizione della detrazione per 
l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, con la circolare n. 29/E del 2013, 
par. 3.6, è stato specificato che i contribuenti devono eseguire i pagamenti 
mediante bonifici bancari o postali, con le medesime modalità già previste per i 
pagamenti dei lavori di ristrutturazione fiscalmente agevolati (cfr. comunicato 
stampa del 4 luglio 2013). In altri termini, il pagamento deve avvenire mediante 
l’apposita procedura di bonifico bancario e postale che prevede la ritenuta del 4% 
in applicazione dell’art. 25 del decreto-legge n. 78 del 2010. 
Rimane ferma la possibilità, prevista dalla circolare n. 29/E del 2013, di 
effettuare il pagamento mediante carte di credito e di debito. 
 
5.4 Pagamento mediante bancomat e carta di credito 
D. Il contribuente ha corrisposto l’importo per l’acquisto di un elettrodomestico 
avente i requisiti per la detrazione, mediante l’utilizzo del bancomat facendosi 
rilasciare uno scontrino con il codice fiscale dell’acquirente e con l’indicazione 
della natura, qualità e quantità del bene acquistato. Il contribuente non ha 
conservato l’estratto conto con il relativo addebito, ma è in possesso, oltre che 
dello scontrino, anche della ricevuta dell’avvenuta transazione. Si chiede se la documentazione sopra elencata sia sufficiente per la detraibilità della spesa. 
R. La circolare n. 29/E del 2013 ha previsto, per esigenze di semplificazione 
legate alle tipologie di beni acquistabili, la possibilità di effettuare il pagamento 
degli acquisti di mobili e grandi elettrodomestici, oltre che con bonifico bancario 
o postale, secondo le medesime modalità già previste per i pagamenti dei lavori 
di ristrutturazione fiscalmente agevolati, anche con carta di credito o carta di 
debito (bancomat). Nella medesima circolare è stato specificato che occorre 
conservare la documentazione attestante l'effettivo pagamento (ricevute dei 
bonifici, ricevute di avvenuta transazione per i pagamenti mediante carte di 
credito o di debito, documentazione di addebito sul conto corrente) e le fatture di 
acquisto dei beni con la usuale specificazione della natura, qualità e quantità dei 
beni e servizi acquisiti. 
Ciò premesso, si confermano le indicazioni date con la citata circolare n. 29/E del 
2013 in merito alla necessità di conservare la documentazione di addebito sul 
conto corrente. 
Lo scontrino che riporta il codice fiscale dell’acquirente, unitamente 
all’indicazione della natura, qualità e quantità dei beni acquistati, è equivalente 
alla fattura ai fini in esame. 
Lo scontrino che non riporta il codice fiscale dell’acquirente si ritiene possa 
comunque consentire la fruizione della detrazione se contenga l’indicazione della 
natura, qualità e quantità dei beni acquistati e sia riconducibile al contribuente 
titolare del bancomat in base alla corrispondenza con i dati del pagamento 
(esercente, importo, data e ora). 
 
5.5 Acquisto mobili all’estero 
D. Per fruire della detrazione per l’arredo degli immobili ristrutturati è necessario 
conservare la documentazione attestante l’effettivo pagamento (ricevute dei 
bonifici, ricevuta di avvenuta transazione per i pagamenti mediante carte di 
credito o di debito) e le fatture di acquisto dei beni con la specificazione della 
natura, qualità e quantità dei beni e servizi acquisiti. Si chiede se la detrazione compete anche per l’acquisto di mobili all’estero regolarmente documentato da 
fattura liquidata a mezzo bonifico bancario o con l’utilizzo di carta di credito o di 
debito. 
R. Per quanto attiene agli adempimenti da seguire per la fruizione della 
detrazione per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, la circolare n. 
29/E del 2013 prevede che i contribuenti devono eseguire i pagamenti mediante 
bonifici bancari o postali, con le medesime modalità già previste per i pagamenti 
dei lavori di ristrutturazione fiscalmente agevolati (cfr. comunicato stampa del 4 
luglio 2013). Per esigenze di semplificazione legate alle tipologie di beni 
acquistabili, è consentito effettuare il pagamento degli acquisti di mobili o di 
grandi elettrodomestici anche mediante carte di credito o carte di debito. In 
questo caso, la data di pagamento è individuata nel giorno di utilizzo della carta 
di credito o di debito da parte del titolare, evidenziata nella ricevuta telematica di 
avvenuta transazione, e non nel giorno di addebito sul conto corrente del titolare 
stesso. Non è consentito, invece, effettuare il pagamento mediante assegni 
bancari, contanti o altri mezzi di pagamento. 
Le spese sostenute, inoltre, devono essere “documentate”, conservando la 
documentazione attestante l’effettivo pagamento (ricevute dei bonifici, ricevute 
di avvenuta transazione per i pagamenti mediante carte di credito o di debito, 
documentazione di addebito sul conto corrente) e le fatture di acquisto dei beni 
con la usuale specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e servizi 
acquisiti. 
Si ritiene che, nel caso siano rispettate tutte le prescrizioni sopra descritte, non 
esista nessun motivo ostativo per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici 
all’estero ai fini della fruizione della detrazione in esame. 
Tuttavia, nel caso in cui il pagamento delle spese per mobili e grandi 
elettrodomestici avvenga mediante bonifico bancario o postale si ricorda che la 
circolare n. 40/E del 2010 ha precisato che la ritenuta d’acconto deve essere 
operata anche sulle somme accreditate su conti in Italia di soggetti non residenti. 
Questi ultimi potranno scomputare la ritenuta subita dall’imposta eventualmente dovuta per i redditi prodotti in Italia o recuperare il prelievo mediante istanza di 
rimborso ai sensi dell’art. 38 del DPR n. 602 del 1973. 
Ciò premesso, se il destinatario del bonifico è un soggetto non residente e 
correlativamente non dispone di un conto in Italia, il pagamento dovrà essere 
eseguito mediante un ordinario bonifico internazionale (bancario o postale) e 
dovrà riportare il codice fiscale del beneficiario della detrazione e la causale del 
versamento, mentre il numero di partita IVA o il codice fiscale del soggetto a 
favore del quale il bonifico è effettuato possono essere sostituiti dall’analogo 
codice identificativo eventualmente attribuito dal paese estero. 
La ricevuta del bonifico dovrà essere conservata unitamente agli altri documenti 
richiesti per essere esibiti in sede di controllo. 
 
5.6 Data di acquisto mobili e grandi elettrodomestici 
D. Con riferimento alla proroga del bonus mobili per il 2014, si chiede di sapere 
se esista un lasso temporale dalla fine dei lavori entro il quale devono essere 
acquistati i mobili, affinché ci sia consequenzialità tra gli interventi di recupero 
del patrimonio edilizio e l’acquisto agevolato dei mobili. 
R. La legge di stabilità 2014, nel sostituire l’art. 16, comma 2, del DL n. 63 del 
2013, ha esteso al 31 dicembre 2014 l’arco temporale entro cui è possibile 
sostenere le spese per l’acquisto dei mobili, senza introdurre alcun vincolo 
temporale nella consequenzialità tra l’esecuzione dei lavori e l’acquisto dei 
mobili. Pertanto, si conferma anche per il 2014 l’indicazione data al par. 3.3 della 
circolare 29/E del 2013 circa la possibilità di fruire del bonus mobili per i 
contribuenti che abbiano sostenuto a decorrere dal 26 giugno 2012 spese per gli 
interventi edilizi indicati nella medesima circolare. 
 
5.7 Importo complessivo ammissibile alla detrazione 
D. Si chiede se il bonus mobili sia reiterabile, ossia se possa essere fruito in 
diverse annualità nel limite di 10.000 euro per ciascuna di esse, in presenza di 
diversi interventi di recupero del patrimonio edilizio. 
R. La legge di stabilità 2014, nel sostituire l’art. 16, comma 2, del DL n. 63 del 
2013, ha stabilito che la detrazione per l’acquisto di mobili e grandi 
elettrodomestici “spetta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute dal 6 
giugno 2013 al 31 dicembre 2014 ed è calcolata su un ammontare complessivo 
non superiore a 10.000 euro.”. 
Si ritiene che, in base al tenore letterale della norma, l’ammontare complessivo di 
10.000 euro deve essere calcolato considerando le spese sostenute nel corso 
dell’intero arco temporale che va dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014, anche 
nel caso di successivi e distinti interventi edilizi che abbiano interessato un’unità 
immobiliare. 
 
 
6. RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA 
 
6.1 Interventi eseguiti da ditte individuali o società su immobili strumentali 
presso i quali è svolta l'attività 
Si chiede di conoscere se siano detraibili le spese sostenute da imprese 
individuali e società, che svolgono attività di installazione di caldaie o infissi con 
i requisiti per il risparmio energetico (detrazione 65%), per l’installazione di detti 
impianti negli immobili strumentali presso i quali viene svolta l'attività. 
R. L’agevolazione fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica, 
introdotta dall’art. 1, commi da 344 a 347, della legge n 296 del 2006, e 
successive modificazioni e integrazioni, consiste nel riconoscimento di una 
detrazione di imposta (ai fini IRPEF o IRES) sulle spese sostenute per 
determinati interventi di riqualificazione energetica su edifici esistenti o parti di 
essi. 
Con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 19 febbraio 2007, e 
successive modifiche e integrazioni, sono state definite le modalità di attuazione 
dell’agevolazione in commento per quanto concerne i soggetti ammessi alla 
detrazione, la tipologia degli interventi e gli adempimenti necessari. 
Con riferimento ai soggetti che possono avvalersi della detrazione, l’art. 2, 
comma 1, del citato decreto stabilisce che la stessa compete alle persone fisiche – 
compresi gli esercenti arti e professioni – agli enti e ai soggetti di cui all’art. 5 del 
TUIR, nonché ai soggetti titolari di reddito d’impresa che sostengono le spese per 
l’esecuzione degli interventi su edifici esistenti, su parti di essi ovvero su unità 
immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, da essi 
posseduti o detenuti. 
Con circolare n. 36/E del 2007, par. 2, è stato specificato che l’agevolazione in 
esame, a differenza di quanto previsto per la detrazione relativa agli interventi di 
ristrutturazione edilizia – che compete per i soli edifici residenziali – interessa i 
fabbricati appartenenti a qualsiasi categoria catastale, anche rurale, ivi compresi 
gli immobili strumentali. 
Con riferimento al quesito posto – concernente la possibilità di fruire della 
detrazione da parte di imprese individuali e società per interventi (installazione di 
caldaie e infissi esterni) realizzati in proprio su immobili strumentali presso i 
quali è svolta l'attività – si osserva che la normativa di riferimento non prevede 
ostacoli al riconoscimento della detrazione nell’ipotesi prospettata, ammettendo 
al beneficio i soggetti in precedenza indicati per particolari tipologie di interventi 
realizzati su immobili dagli stessi posseduti o detenuti. 
In tal caso, coerentemente con quanto affermato nella circolare n. 121/E del 
1998, par. 2.3, sussistendo gli altri presupposti, la detrazione compete anche per 
gli interventi realizzati in economia con riferimento ai costi imputabili 
all’intervento (quali, ad esempio, i materiali acquistati o prelevati dal magazzino 
quando l’acquisto di tali materiali non sia stato effettuato in modo specifico per 
la realizzazione dell’intervento, la mano d’opera diretta, i costi industriali 
imputabili all’intervento) in base alla corretta applicazione dei principi contabili. 

7. ALTRE QUESTIONI 

7.1 Compatibilità tra deduzione per abitazione principale e detrazione 
“inquilini” 
D. Si chiede di conoscere se sia possibile attribuire al medesimo contribuente, sia 
la detrazione prevista dall’art. 16 del TUIR, per i canoni di locazione 
dell’abitazione principale, sia la deduzione della rendita dell’abitazione 
principale, prevista dall’art. 10, comma 3-bis), del TUIR. 
R. L’articolo 10, comma 3-bis, del TUIR consente di dedurre dal reddito 
complessivo un importo fino all’ammontare della rendita catastale dell’unità 
immobiliare adibita ad abitazione principale, ossia dell’unità immobiliare nella 
quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i 
suoi familiari dimorano abitualmente. 
L’articolo 16 del TUIR prevede, invece, una detrazione dall’imposta lorda, di 
importo variabile in funzione del reddito complessivo, per i soggetti titolari di 
contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale. 
Il successivo comma 1-quinquies dell’art. 16 del TUIR, nel disporre che le 
detrazioni di cui ai commi da 01 a 1-ter sono rapportate al periodo dell’anno 
durante il quale l’unità immobiliare locata è adibita ad abitazione principale, 
specifica che per abitazione principale si intende quella nella quale il soggetto 
titolare del contratto di locazione o i suoi familiari dimorano abitualmente. 
La definizione di abitazione principale presente nel TUIR è analoga in entrambi i 
casi: abitazione in cui il proprietario/conduttore “o” i suoi familiari dimorano 
abitualmente. La presenza della disgiunzione “o” in entrambe le disposizioni 
comporta che sia possibile avvalersi delle agevolazioni anche nel caso in cui 
l’immobile interessato sia l’abitazione principale del solo familiare (e non anche 
del contribuente). 
Secondo la legislazione vigente il contribuente, quindi, può avvalersi: 
- della deduzione per una sola abitazione principale (cfr. circolare n. 247/E 
del 1999, par. 1.1). Nell’ipotesi in cui il contribuente possieda due fabbricati, uno 
adibito ad abitazione principale propria (es.: padre), l’altro a quella dei familiari 
(es.: figlio), la deduzione spetta per l’immobile adibito ad abitazione principale del contribuente (cfr. risoluzione n. 13/E del 2000 e circolare n. 95/E del 2000, 
par. 5.1.4); 
- della detrazione per una sola abitazione principale. Nell’ipotesi in cui il 
contribuente sia titolare di due contratti di locazione di immobili, uno adibito ad 
abitazione principale propria (es.: padre), l’altro a quella dei familiari (es.: figlio), 
può scegliere la detrazione più favorevole (comma 1-quater dell’art. 16 del 
TUIR). 
Si ritiene che le due misure (deduzione e detrazione) siano compatibili, in quanto 
le norme richiamate hanno presupposti autonomi e devono essere 
autonomamente applicate. 
Infatti, l’art. 10 del TUIR richiede il solo possesso di un’immobile - abitazione 
principale (del possessore “o” dei familiari), mentre l’art. 16 del TUIR richiede la 
stipulazione di un contratto di locazione di un’immobile - abitazione principale 
(del conduttore “o” dei familiari) e di possedere un reddito complessivo che non 
supera i 30.987,41 euro. 
Le disposizioni in commento, inoltre, non prevedono espressamente 
l’incompatibilità tra la deduzione per abitazione principale e la detrazione per 
canoni di locazione. Solamente l’art. 16 del TUIR stabilisce una regola di 
incumulabilità, ma la stessa è meramente “interna”, nel senso che preclude la 
contestuale fruizione di due diverse tipologie di detrazioni per canoni di 
locazione (comma 1-quater del TUIR). 
Si osserva, infine, che i casi di contemporanea fruizione delle due agevolazioni 
trovano la loro giustificazione nella diversa ratio delle due disposizioni. 
L’art. 10 del TUIR “defiscalizza” il reddito dell’abitazione principale posseduta, 
indipendentemente dal reddito complessivo, mentre, l’art. 16 del TUIR è 
un’agevolazione limitata ai contribuenti più deboli, in quanto la detrazione (che 
non è commisurata all’importo dei canoni pagati) dipende dal reddito 
complessivo, al lordo del reddito dell’abitazione principale posseduta, e non 
spetta quando il reddito complessivo eccede l’importo di 30.987,41 euro. 

7.2 Detraibilità spese per diverse forme di asili nido
D. Nel nostro territorio operano, prevalentemente, nell’ambito di cooperative
sociali, regolarmente convenzionate con i Comuni, alcune figure professionali
iscritte in apposito albo provinciale, che offrono presso il loro domicilio servizi
di cura ed educazione all'infanzia. Tali soggetti sono definiti "Tagesmutter" (c.d.
mamma di giorno). Si chiede se queste strutture possono essere assimilate agli
asili nido privati, estendendo la risposta fornita dall'Agenzia delle Entrate con
circolare n. 6/E del 2006, par. 2.1. Si precisa che il contribuente provvede al
pagamento della “retta” direttamente nei confronti della cooperativa sociale che
rilascia quietanza.
R. L'articolo 1, comma 335, della legge n. 266 del 2005, ha stabilito
limitatamente al periodo d’imposta 2005 che, per le spese documentate sostenute
dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido per un
importo complessivo non superiore a 632 euro annuo per figlio, spetta una
detrazione dall’imposta lorda, nella misura del 19 per cento, secondo le
disposizioni dell’art. 15 del TUIR. Detta agevolazione è stata resa permanente
dall’art. 2, comma 6, della legge n. 203 del 2008.
Con la circolare n. 6/E del 2006 è stato precisato che è possibile fruire del
beneficio fiscale in relazione alle somme versate a qualsiasi asilo nido, sia
pubblico che privato, sulla base della definizione di asilo fornita dall'articolo 70
della legge n. 488 del 2001, secondo cui costituiscono asili nido le strutture
dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini
di età compresa tra i tre mesi ed i tre anni ed a sostenere le famiglie e i genitori.
Per quanto riguarda i soggetti che offrono presso il loro domicilio servizi di cura
ed educazione all'infanzia definiti "Tagesmutter" (c.d. mamma di giorno) , si fa
presente che in risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-07001 del 2012 il
Ministero dell’economia e delle finanze ha affermato che nel caso dell’assistenza
domiciliare all’infanzia, esclusa la natura pubblica del servizio prestato, occorre
verificare se il servizio fornito dagli assistenti domiciliari all’infanzia abbia le
caratteristiche di una prestazione erogata presso un asilo nido privato. Tali asili, al pari di quelli pubblici, sono caratterizzati dalla presenza di una struttura
organizzativa idonea a garantire l’educazione e l’assistenza alla prima infanzia
con carattere di continuità e per un periodo di tempo almeno pari a quello delle
strutture pubbliche. Deve, quindi, essere in concreto verificata l’affinità dei
presupposti e delle finalità servizio di assistenza domiciliare all’infanzia a quelle
degli asili nido, nonché la conformità dello svolgimento delle attività, quanto a
modalità gestionali e caratteristiche strutturali. In presenza delle suddette
condizioni di assimilabilità, le spese sostenute dai genitori per tali prestazioni
possono essere ammesse in detrazione.
La Provincia Autonoma di Bolzano ha trasmesso alla scrivente una nota nella
quale ha affermato che il servizio di assistenza domiciliare all’infanzia, così
come disciplinato dalla legge provinciale 9 aprile 1996, n. 8, e dal decreto del
Presidente della Giunta Provinciale della Provincia autonoma di Bolzano 30
dicembre 1997, n. 40, presenta le condizioni sopra richiamate in forza delle quali
detto servizio può essere a tutti gli effetti assimilato a quello degli asili nido.
In considerazione di quanto sopra, si precisa che le spese sostenute dai genitori
per le prestazioni di assistenza domiciliare all’infanzia fornite nella provincia di
Bolzano ai sensi della legge provinciale n. 8 del 1996 posso essere ammesse alla
detrazione d’imposta. Rimane ferma negli altri casi la necessità di verificare in
concreto l’affinità dei presupposti e delle finalità del servizio di assistenza
domiciliare all’infanzia a quelle degli asili nido, nonché la conformità dello
svolgimento delle attività, quanto a modalità gestionali e caratteristiche
strutturali.

7.3 Detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali a ONLUS
D. Le somme versate ad una ONLUS, tramite bollettino di conto corrente
postale, quali “contributi per l'adozione a distanza” sono alternativamente:
• deducibili nei limiti del 10 per cento del reddito dichiarato e, comunque,
nella misura massima di 70.000 euro (precisamente l’erogazione liberale è
deducibile fino al minore dei due limiti);
• detraibili nella misura del 24% nel 2013 e nella misura del 26% dal 2014
per un importo non superiore a euro 2.065,83 (fino al 2012 la detrazione
era prevista nella misura del 19%).
La circolare n. 55/E del 2001, risposta 1.6.2, stabilisce che la detrazione è
riconosciuta a condizione che l'erogazione in denaro sia utilizzata, nell'ambito
dell'attività istituzionale della ONLUS, a favore dei soggetti che versano in una
condizione di bisogno e sempre che l'erogazione sia indicata nelle scritture
contabili dell'Organizzazione non lucrativa. A tal fine viene previsto l'obbligo, in
capo alla stessa ONLUS che percepisce l'erogazione, di certificare la spettanza o
meno della detrazione d'imposta. Si chiede se, la possibile opzione per la
deduzione (introdotta dall'art. 14 del decreto-legge n. 35 del 2005, con
decorrenza dal 2006 e, quindi, successivamente alla posizione di prassi) debba
essere parimenti subordinata all'attestazione da parte della ONLUS e se tale
attestazione potrà essere formalizzata tramite un resoconto/riepilogo annuale dei
versamenti effettuati alla ONLUS ed inviato al contribuente.
R. Coerentemente con quanto precisato dalla circolare n. 55/E del 2001, in
relazione ai presupposti per la fruizione della detrazione di cui alla lett. i-bis del
comma 1 dell’art. 13-bis del TUIR (corrispondente alla detrazione di cui
all’attuale comma 1.1 dell’art. 15 del TUIR), anche per la fruizione della
deduzione di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2005 è
necessario il rilascio da parte della ONLUS della documentazione attestante la
spettanza della deduzione. In caso di successive erogazioni liberali effettuate nel
corso di un medesimo periodo di imposta potrà essere rilasciata al contribuente
un’unica attestazione con il riepilogo annuale delle erogazioni stesse. Quanto alla
circostanza che l'erogazione sia indicata nelle scritture contabili delle ONLUS, si
evidenzia che in base al successivo comma 2 “Costituisce in ogni caso
presupposto per l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 la tenuta, da
parte del soggetto che riceve le erogazioni, di scritture contabili atte a
rappresentare con completezza e analiticità le operazioni poste in essere nel
periodo di gestione, …”.
Si ricorda, infine, che in base al comma 6 dell’art. 14 del richiamato decretolegge
n. 35 del 2005 “In relazione alle erogazioni effettuate ai sensi del comma 1
la deducibilità di cui al medesimo comma non può cumularsi con ogni altra
agevolazione fiscale prevista a titolo di deduzione o di detrazione di imposta da
altre disposizioni di legge.”.
7.5 Agevolazioni per disabili – Furto del veicolo
D. Le agevolazioni fiscali previste, ai fini dell’IRPEF e dell’IVA, in favore dei
disabili per l’acquisto di veicoli spettano una sola volta in un periodo di quattro
anni, salvo i casi in cui il primo veicolo acquistato con le agevolazioni sia stato
cancellato dal PRA. Ai fini dell’IRPEF il riacquisto entro il quadriennio è
agevolabile anche nell’ipotesi in cui il veicolo risulti rubato e non ritrovato, nei
limiti della spesa massima di 18.075,99 euro da cui va detratto l’eventuale
rimborso assicurativo. Si chiede di sapere se il furto del veicolo integri la
condizione richiesta per accedere nuovamente alle agevolazioni fiscali entro il
quadriennio anche ai fini IVA.
R. Le agevolazioni fiscali previste, ai fini dell’IRPEF e dell’IVA, in favore dei
disabili per l’acquisto di veicoli possono applicarsi anche per acquisti successivi,
a condizione che siano trascorsi almeno quattro anni dalla data del precedente
acquisto effettuato con le agevolazioni. Detta condizione non opera nel caso in
cui il veicolo acquistato con le agevolazioni è stato cancellato dal PRA per
demolizione. Ai fini dell’IRPEF, l’art. 15, comma 1, lett. c), del TUIR prevede,
altresì, che il disabile può fruire della detrazione per l’acquisto di un nuovo
veicolo prima della fine del quadriennio anche nell’ipotesi in cui il primo veicolo
sia stata rubato e non ritrovato, per un importo da calcolare su un ammontare
assunto al netto di quanto eventualmente rimborsato dall’assicurazione. Analoga
previsione non è contemplata ai fini dell’IVA, atteso che l’art. 8, comma 3, della
legge n. 449 del 1997, per effetto del rinvio alle disposizioni di cui all’art. 1,
commi 1 e 2, della legge n. 97 del 1986, ammette il superamento del limite dei
quattro anni nella sola ipotesi di cancellazione del veicolo dal PRA.
Ciò premesso, si evidenzia che il periodo dei quattro anni è previsto al precipuo
fine di evitare un uso improprio delle suddette agevolazioni fiscali, con acquisto
dei beni e successiva cessione a vantaggio di soggetti privi dei requisisti richiesti
dalla normativa agevolativa. Nel caso di furto del veicolo la perdita di possesso
del bene acquistato con le agevolazioni fiscali avviene per effetto di un evento
non riferibile alla volontà del disabile e, quindi, non può ravvisarsi alcun
comportamento contrario alla finalità dell’agevolazione.
Quanto sopra considerato, e in linea con le disposizioni previste ai fini della
detrazione dall’IRPEF, si ritiene che, in caso di furto del veicolo acquistato con
le agevolazioni fiscali, sia possibile beneficiare dell’agevolazione fiscale prevista
ai fini dell’IVA per l’acquisto di un nuovo veicolo anche prima dello scadere dei
quattro anni dal primo acquisto. A tal fine, il disabile dovrà esibire al
concessionario la denuncia di furto del veicolo e la registrazione della “perdita di
possesso” effettuata dal PRA.
7.6 Agevolazioni per i disabili – Acquisto di veicoli
D. Un contribuente fa presente che in base alla certificazione ASL risulta che il
figlio minorenne, affetto da una sindrome genetica rara, denominata "Sindrome
di Weaver", è stato riconosciuto soggetto in situazione di handicap grave ai sensi
della art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, nonché, ai fini delle
agevolazioni fiscali per il settore auto, soggetto con ridotte o impedite capacità
motorie permanenti, ai sensi dell'art. 8 della legge n. 449 del 1997. Il
contribuente fa presente che il figlio risulta minore invalido con difficoltà
persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età (L. n. 118 del
1971 e L. n. 289 del 1990) con indennità di frequenza. Chiede di sapere se possa
fruire dell'aliquota agevolata del 4 per cento per l'acquisto di un veicolo, anche in
assenza di adattamenti.
R. L'aliquota IVA ridotta per i soggetti di cui all'art. 3 della legge n. 104 del 1992
è stata originariamente introdotta dall'art. 8, comma 3, della legge n. 449 del
1997. Attualmente, il numero 31 della Tabella A, parte seconda, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 633, come sostituito dall'art. 50, comma 1, della L. n. 342 del
2000, riconosce l'aliquota IVA ridotta sulle cessioni di autoveicoli di cui all'art.
54, comma 1, lettere a), c), ed f), del d.lgs. n. 285 del 1992, di cilindrata fino a
2000 centimetri cubici se con motore a benzina, e a 2800 centimetri cubici se con
motore diesel, anche prodotti in serie, "adattati per la locomozione dei soggetti di
cui all'art. 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104, con ridotte o impedite capacità
motorie permanenti", ceduti ai detti soggetti o ai familiari di cui essi sono
fiscalmente a carico.
Con circolare n. 74/E del 12 aprile 2000, è stato chiarito che la ratio della norma
agevolativa trova fondamento nell'incidenza dei maggiori costi che i soggetti
portatori di handicap devono sostenere per adattare il veicolo acquistato,
attraverso modifiche tecniche che ne consentano loro l'utilizzo. Per tale ragione,
in base alla richiamata disposizione vigente, la stessa agevolazione non può
estendersi agli autoveicoli che, ancorché acquistati da altri portatori di handicap,
quali non vedenti e menomati nell'udito e nella parola, non necessitano di
adattamenti o di particolari caratteristiche tecniche per l'utilizzo da parte dei
destinatari dell'agevolazione.
La ratio originaria della norma è stata in parte superata, in quanto
successivamente il legislatore ha esteso l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta
alla cessione di veicoli effettuate a favore di altre categorie di disabili, o ai
familiari di cui essi sono fiscalmente a carico, a prescindere dall'adattamento del
veicolo: soggetti con handicap psichico o mentale di gravità tale da aver
determinato il riconoscimento dell'indennità di accompagnamento (art. 30,
comma 7, della legge n. 388 del 2000); invalidi con grave limitazione della
capacità di deambulazione o affetti da pluriamputazioni (art. 30, comma 7, della
legge n. 388 del 2000); soggetti non vedenti e sordi (numero 31 della tabella A,
parte seconda, allegata al DPR n. 633 del 1972, come sostituito dall'art. 50, della
legge n. 342 del 2000).
Con circolare n. 46/E dell'11 maggio 2001, tenendo conto anche di un parere del
Ministero della salute, è stato chiarito che il riferimento fondamentale per fruire dei benefici fiscali previsti dall'articolo 30 della legge n. 388 del 2000 è
situazione di handicap grave, definita dall'articolo 3, comma 3, della legge n. 104
del 1992, derivante da patologie che comportano una limitazione permanente
della deambulazione. La gravità della limitazione deve essere certificata con
verbale dalla commissione per l'accertamento dell'handicap di cui all'articolo 4
della citata legge n. 104 del 1992. Nella medesima circolare, è specificato che
l'adattamento funzionale del veicolo alle necessità del portatore di handicap
rimane, invece, elemento essenziale, ai fini della concessione delle agevolazioni
fiscali, per quei soggetti che, pur affetti da una ridotta o impedita capacità
motoria permanente, non siano stati dichiarati portatori di "grave limitazione
della capacità di deambulazione" da parte delle commissioni mediche
competenti.
In detto contesto, vi possono essere situazioni di incertezza nei casi in cui minori
(che non possono comunque condurre il veicolo) portatori di handicap in
condizioni di gravità (comma 3 dell'art. 3 della legge n. 104 del 1992), con effetti
su capacità motorie e deambulazione, sono stati riconosciuti soggetti con ridotte
o impedite capacità motorie permanenti con riferimento specifico alle
agevolazioni di cui all'art. 8 della legge n. 449 del 1997, senza che tuttavia risulti
in alcun modo la tipologia, o anche soltanto la necessità, dell'adattamento
funzionale del veicolo alle necessità di trasporto del portatore di handicap.
A ben vedere, dette incertezze derivano dalle modifiche normative che nel corso
dell'anno 2000 hanno esteso, a prescindere dall'adattamento del veicolo,
l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta ad altre categoria di disabilità, che
precludono comunque la conduzione del veicolo e per le quali l'adattamento
stesso non sempre è necessario.
Peraltro, non sempre è agevole distinguere, in presenza di un handicap in
condizione di gravità che investe la capacità motoria e la deambulazione, tra le
ridotte o impedite capacità motorie e la limitazione grave della capacità di
deambulazione, che non richiede l'adattamento del veicolo.
Considerato che per effetto delle modifiche in precedenza descritte, la ratio
originaria della norma agevolativa risulta notevolmente attenuata, assumendo ora
maggiore rilievo la particolare condizione di disabilità del soggetto interessato,
piuttosto che il solo ristoro dei maggiori costi sostenuti per l'adattamento del
veicolo, e per evitare il protrarsi delle incertezze applicative dell'agevolazione,
fermo restando che dalle certificazioni delle commissioni competenti deve
risultare la specifica disabilità cui la norma ricollega l'agevolazione fiscale, si
ritiene che in presenza di minori (che non possono comunque condurre il
veicolo) portatori di handicap in condizioni di gravità di cui al comma 3 dell'art.
3 della legge n. 104 del 1992, con riconoscimento delle ridotte o impedite
capacità motorie permanenti, spetti l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta, anche
senza necessità di adattamento ove questa non risulti dalla certificazione.
Ciò premesso, se nel certificato medico rilasciato dall'azienda sanitaria locale
risulta che il minore richiedente è riconosciuto soggetto in situazione di handicap
grave in base all’art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, e, ai fini delle
agevolazioni fiscali per il settore auto, è riconosciuto soggetto con ridotte o
impedite capacità motorie permanenti in base all’art. 8 della legge n. 449 del
1997, senza altre indicazioni al riguardo, si ritiene che il soggetto interessato
possa avvalersi dell'aliquota IVA ridotta per l'acquisto del veicolo, anche senza
adattamento dello stesso.


Fonte: Circolare Agenzia Entrate 11/E del 21 maggio 2014

0 commenti:

 
Top