In materia di Iva, l’articolo 57, primo comma, primo periodo, del Dpr 633/1972, dispone che “Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti … devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”.
Il secondo periodo – aggiunto dall’articolo 10 del Dlgs 3 settembre 1997, n. 313 – stabilisce poi che “Nel caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale, se tra la data di notifica della richiesta da parte dell’ufficio e la data della loro consegna intercorre un periodo superiore a quindici giorni, il termine di decadenza, relativo agli anni in cui si è formata l’eccedenza detraibile chiesta a rimborso, è differito di un periodo di tempo pari a quello compreso tra il sedicesimo giorno e la data di consegna”.

In relazione a tali disposizioni, con la sentenza 4616/2014, la Corte di cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito a una particolare fattispecie in cui, in data 25 maggio 2003, l’Amministrazione finanziaria aveva notificato a una società un avviso di rettifica, con il quale veniva recuperato a tassazione il tributo derivante da un indebito rimborso, precedentemente effettuato in favore della stessa società, di un credito Iva insorto nell’anno 1994 ed evidenziato nella dichiarazione annuale relativa all’anno 1995, presentata – secondo quanto all’epoca previsto dall’articolo 28 del Dpr 633/1972, vigente ratione temporis – entro il 15 marzo 1996.
In data 15 novembre 2000, infatti, l’ufficio Iva competente aveva invitato la società interessata a produrre la documentazione comprovante la natura e l’origine del suddetto credito chiesto a rimborso (documentazione, peraltro, mai pervenuta).
La società in questione, tuttavia, aveva resistito in giudizio, eccependo l’avvenuta decadenza dell’esercizio del potere impositivo per decorso del termine quadriennale di cui all’articolo 57 del Dpr n. 633.

Investita della questione, la Corte – sulla falsariga di talune proprie precedenti sentenze (n. 8460/2005 e n. 4998/2007) – ha affermato che, ai sensi dell’articolo 57 del Dpr n. 633, per individuare il dies a quo di decorrenza del termine decadenziale per l’esercizio del potere di rettifica, da parte dell’ufficio, deve farsi riferimento non già all’anno di formazione del credito chiesto a rimborso (nella specie, l’anno 1994, come invece sostenuto dalla società ricorrente), bensì alla data di presentazione (come detto, il 1996), da parte del contribuente, della dichiarazione Iva relativa all’anno (1995) in cui lo stesso credito d’imposta era stato chiesto a rimborso.

Sul punto, inoltre, la Corte – sempre in linea con le precedenti citate sentenze – ha aggiunto che non “… può dubitarsi del fatto che il termine decadenziale previsto dall’art.57, co.1, del d.p.r. n.633/72 si riferisca anche al controllo, da parte dell’Ufficio, dei presupposti su cui si fonda la richiesta di rimborso dell’eccedenza di imposta detraibile risultante dalla dichiarazione..”, in quanto detta interpretazione risulta confermata dal contenuto del citato secondo periodo del primo comma dello stesso articolo 57, “… che – nel prevedere il differimento, a determinate condizioni, del suddetto termine di decadenza nel caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale – implicitamente conferma, in via generale, che il termine decadenziale in questione riguarda anche gli accertamenti aventi ad oggetto le anzidette richieste di rimborso”.

Da ciò consegue, ad avviso dei giudici di legittimità, che, poiché nel caso dedotto in controversia la dichiarazione Iva relativa all’anno 1995 era stata ritualmente presentata entro il 15 marzo del successivo anno 1996, il termine per il controllo dei presupposti per la richiesta di rimborso sarebbe scaduto il 31 dicembre dell’anno 2000, in base alla norma sopra richiamata (quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione), e, quindi, in data successiva a quella (come sopra detto, del 15 novembre 2000) in cui l’ufficio aveva notificato alla società l’invito a produrre la documentazione a prova della legittimità della richiesta di rimborso.

La Corte ha concluso affermando altresì che, nel particolare caso di specie, detto termine avrebbe comunque dovuto considerarsi ancora in corso in virtù di quanto stabilito dal citato secondo periodo del primo comma dell’articolo 57 del Dpr n. 633, dato che, alla data della notifica dell’avviso di rettifica, avvenuta (come detto all’inizio) il 22 maggio del 2003, la società interessata non aveva ancora provveduto a consegnare i documenti richiesti dall’ufficio a prova della legittimità del richiesto rimborso.


Fonte: Agenzia Entrate

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