In presenza di reati tributari possono essere sequestrate anche le polizze assicurative sulla vita, a nulla rilevando il divieto di azione esecutiva e cautelare previsto dall’articolo 1923 del codice civile.
A ribadirlo la Corte di cassazione (in senso conforme, sezioni unite, sentenza 8271/2008, Cassazione, sentenze 3281/2013, 3289/2013, 1283/2013, 23815/2006) che, con la sentenza 18736 del 7 maggio 2014, ha reso definitivo nei confronti di un contribuente il sequestro preventivo di tre polizze assicurative sulla vita.
L’impignorabilità, prevista dalla norma civilistica, trova giustificazione nella funzione di previdenza e di risparmio che è riconosciuta ai contratti di assicurazione sulla vita, ferma restando la tutela dei creditori danneggiati.

In base a quanto previsto dall’articolo 1923, comma 2, del codice civile, infatti, i creditori possono far valere i propri diritti sull’assicuratore nei limiti degli importi dei premi dovuti, laddove il debitore, attraverso il pagamento dei premi, abbia ridotto la propria garanzia patrimoniale a svantaggio dei primi.
Le regole cambiano in ambito penale; secondo un orientamento ormai consolidato, il divieto previsto dall’articolo 1923 cc attiene ai soli rapporti civili, non riguardando la responsabilità penale.

Il fatto
Il contenzioso origina da un provvedimento di sequestro preventivo, avente a oggetto tre polizze assicurative sulla vita, disposto nei confronti di un contribuente indagato per il reato di dichiarazione fraudolenta (articolo 3 del Dlgs 74/2000).
Rigettata dal Gip la richiesta di revoca della misura cautelare, il contribuente presentava appello al tribunale di Foggia, che confermava con ordinanza il sequestro delle polizza.
Avverso l’atto decisorio, l’interessato proponeva ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 1923 cc, il quale statuisce che le somme dovute dall’assicuratore al contraente o beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva e cautelare.

Nel ricorso, inoltre, si evidenziava che la motivazione dell’ordinanza si basava su una sentenza delle sezioni unite (sentenza 10532 /2011) del tutto inconferente.
Tale pronuncia stabiliva, infatti, che nel conflitto tra l’interesse del creditore a soddisfarsi sull’immobile ipotecato e quello dello Stato a confiscare i beni che siano frutto o di attività mafiose deve prevale il secondo.
In sostanza, sottolinea il ricorrente, la sola confisca poteva prevalere sull’ipoteca e non il sequestro preventivo, come avvenuto nel caso di specie.

Decisone – osservazioni
La Corte rigetta il ricorso, ritenendo legittima l’ordinanza impugnata “perché perfettamente allineata alla costante giurisprudenza di questa Corte”.
Con una prima pronuncia, sottolineano i giudici, si è chiarito “che il divieto stabilito dall'art.1923 attiene esclusivamente alla definizione della garanzia patrimoniale a fronte della responsabilità civile e non riguarda la disciplina della responsabilità penale”.

I magistrati, per altro, evidenziano le differenze tra il sequestro preventivo e le fattispecie civilistiche cautelari ed espropriative.
In particolare, la misura cautelare reale non presuppone una responsabilità civile ed è semmai finalizzata alla confisca, provvedimento - questo - di tipo sanzionatorio, che prescinde dal danno e considera la solo esistenza di un particolare rapporto di strumentalità o di derivazione tra la cosa e il reato.
Sostengono i giudici di legittimità che il divieto di sottoposizione alla misura cautelare o esecutiva attiene ai soli rapporti civili e non anche alla responsabilità penale; conseguentemente il sequestro può essere esteso anche alle polizze assicurative, a nulla rilevando il divieto previsto dall’articolo 1923 del codice civile.

La confisca per equivalente è stata introdotta dall’articolo 1, comma 143, della legge 244/2007, che ha esteso l'ambito di applicazione dell’articolo 322-ter del codice penale anche a taluni reati fiscali.
La ratio è quella di consentire l’applicazione di misure ablative patrimoniali anche nei confronti di quei soggetti che abbiano agito con il solo scopo di accrescere indebitamente il proprio patrimonio mediante comportamenti evasivi/elusivi.
In questi casi, sovente risulta impossibile individuare i beni costituenti il prezzo e il profitto del reato: i reati tributari, infatti, si concretizzano nella sottrazione all’erario di somme di denaro, facilmente occultabili e distraibili.

Su tali presupposti, si comprende la scelta di predisporre, in luogo della confisca ordinaria (ex articolo 240 del codice penale), la misura cautelare, “per equivalente”, anche sui beni di cui il reo abbia la disponibilità, attesa la difficoltà di rilevare un rapporto di pertinenzialità diretta tra prodotto, profitto e prezzo del reato, da un lato, e il reato dall’altro.
Nell’ambito dei reati tributari, infatti, il profitto può venire a esistenza anche sotto forma di un risparmio d’imposta; ipotesi, questa, che rende impossibile l’individuazione di un bene monetario o patrimoniale da sottoporre a sequestro.
La confisca per equivalente consente di ovviare a tale problema.

In sostanza, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca è un misura cautelare reale, con finalità sanzionatoria, applicabile solo in presenza di talune condizioni: la persona destinataria del provvedimento ablatorio è indagata per uno dei reati per cui è ammessa la confisca; risulta impossibile procedere alla confisca ordinaria del prezzo e del profitto del reato; il soggetto destinatario della misura ha l’effettiva disponibilità dei beni da sottoporre a sequestro.

Oggetto di sequestro potranno essere, secondo il principio di diritto espresso in premessa, anche le polizze assicurative, visto che la responsabilità civile e quella penale viaggiano su binari distinti.


Fonte: Agenzia Entrate

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