Con la sentenza 27 febbraio 2014, causa n. C-571/12, la Corte di giustizia si è pronunciata nell’ambito di una controversia volta ad acclarare la legittimità del maggior prelievo, doganale e fiscale, dei relativi interessi di mora e della sanzione imposti in occasione di un controllo a posteriori di diverse dichiarazioni doganali di importazione.
La fattispecie oggetto della controversia si riferisce, in particolare, a un accertamento compiuto dall’autorità doganale nazionale su (trentacinque) dichiarazioni presentate in dogana dalla società ricorrente, nel periodo tra l’1 maggio 2004 e il 31 dicembre 2006, nell’ambito di operazioni di importazione di merce (nella specie, biscotti e barrette di cioccolato) destinata a essere immessa in libera pratica nell’Unione europea; tale accertamento faceva seguito al prelievo e all’analisi di campioni relativi ad alcune soltanto (sei) delle suddette dichiarazioni in dogana.
Sulla base dei risultati di tale controllo, l’autorità doganale nazionale aveva contestato la correttezza delle dichiarazioni doganali (ben ventinove, comprensive delle sei dichiarazioni controverse), rilevando un’errata applicazione dei codici della nomenclatura combinata e fissando, di conseguenza, gli importi dei dazi all’importazione e dell’imposta sul valore aggiunto dovuti, maggiorati degli interessi di mora, nonché della relativa ammenda.

Al riguardo, era stato chiesto ai giudici comunitari se l’articolo 70, par. 1, del codice doganale comunitario, istituito dal regolamento (Cee) n. 2913/92, del 12 ottobre 1992, debba essere interpretato nel senso che consente all’autorità doganale di estendere i risultati della visita parziale, effettuata su campioni prelevati da merci comprese in una dichiarazione in dogana, a merci comprese in dichiarazioni in dogana precedenti presentate dal medesimo dichiarante che non sono state, e non possono più essere, oggetto di tale visita, essendo stato concesso lo svincolo delle stesse, qualora risulti dalle indicazioni scritte fornite da tale dichiarante che dette merci sono dichiarate con il medesimo codice della nomenclatura combinata, provengono dallo stesso produttore e la loro denominazione e composizione sono identiche.

È utile ricordare preliminarmente che l’autorità doganale può controllare le dichiarazioni in dogana tanto effettuando una verifica documentale della dichiarazione e dei documenti a essa allegati, quanto mediante la visita delle merci e, ove occorra, un prelievo di campioni per analisi o per un controllo approfondito (articolo 68, codice doganale comunitario); in quest’ultimo caso, “se la visita riguarda solo una parte delle merci oggetto di una medesima dichiarazione, i suoi risultati valgono per tutte le merci comprese in tale dichiarazione” (articolo 70, par. 1, codice doganale comunitario), fatta salva la facoltà del dichiarante di chiedere una visita supplementare quando ritenga che i risultati della visita parziale non siano validi per il resto delle merci dichiarate (par.2).

La Corte di giustizia osserva che le disposizioni soprarichiamate istituiscono una finzione sulla qualità uniforme, che consente all’autorità doganale di estendere i risultati di una visita parziale di merci oggetto di una medesima dichiarazione a tutte le merci comprese in tale dichiarazione (in tal senso, si vedano le sentenze 7 settembre 2006, causa n. C-353/04, e 24 novembre 2011, causa n. da C-323/10 a C-326/10), al fine di garantire procedure rapide ed efficaci di immissione in libera pratica. Tale finzione non consente, peraltro, di estendere i risultati di una visita parziale di merci comprese in una dichiarazione in dogana a merci comprese in dichiarazioni in dogana precedenti alle quali l’autorità abbia già concesso lo svincolo.

Sul punto, i giudici comunitari precisano che da tale conclusione non deriva, tuttavia, che tali dichiarazioni in dogana precedenti non possano più essere contestate dall’autorità doganale. E, invero, secondo l’articolo 78, par. 2, del codice doganale comunitario, “dopo aver concesso lo svincolo delle merci, l’autorità doganale … può controllare i documenti e i dati commerciali relativi alle operazioni d’importazione o di esportazione nonché alle successive operazioni commerciali concernenti le medesime merci” e “procedere anche alla visita delle merci quando queste possano esserle ancora presentate”.
Secondo la Corte di giustizia, tale disposizione consente all’autorità doganale di contestare le dichiarazioni in dogana precedenti che non sono state oggetto di controllo ai sensi dell’articolo 68 del codice doganale comunitario e che, pertanto, sono state trattate, conformemente all’articolo 71, par. 2, in base alle indicazioni ivi riportate (v., in tal senso, la sentenza 15 settembre 2011, causa n. C-138/10).

Secondo i giudici comunitari, in sostanza, nulla impedisce che l’autorità doganale proceda a un’estensione dei risultati di una visita parziale delle merci comprese in una dichiarazione in dogana a merci comprese in dichiarazioni in dogana precedenti a cui la medesima autorità ha già concesso lo svincolo, qualora tali merci siano identiche, circostanza che spetta unicamente al giudice del rinvio verificare.
Al riguardo, la Corte aggiunge che la determinazione dell’identità delle merci può fondarsi, segnatamente, sul controllo dei documenti e dei dati commerciali relativi alle operazioni d’importazione e di esportazione nonché alle successive operazioni commerciali concernenti le merci stesse e, in particolare, sulle indicazioni fornite dal dichiarante in dogana dalle quali risulti che le merci provengono dal medesimo produttore e hanno la stessa composizione, aspetto e denominazione, delle merci oggetto di tali dichiarazioni in dogana precedenti.

Una siffatta facoltà di estensione è giustificata dalla finalità stessa del codice doganale comunitario che, conformemente al quinto considerando dello stesso, intende garantire una corretta applicazione delle imposte da esso previste, assicurando al contempo procedure rapide ed efficaci nell’interesse sia degli operatori economici sia dell’autorità doganale.
Tale facoltà è altresì conforme alla ratio specifica dell’articolo 78 del codice doganale, che consiste nel far coincidere la procedura doganale con la situazione reale, correggendo gli errori o le omissioni materiali nonché gli errori di interpretazione del diritto applicabile (v., in tal senso, le sentenze 14 gennaio 2010, causa n. C-430/08 e C-431/08, nonché 12 luglio 2012, causa n. C-608/10, C-10/11 e C-23/11).

È privo di rilevanza, a tale proposito, che il dichiarante in dogana non sia più in grado di chiedere una visita supplementare delle merci in esame e, se necessario, un prelievo di campioni aggiuntivi: infatti, l’articolo 78 del codice doganale trova applicazione, in via di principio, dopo la concessione dello svincolo delle merci, in un momento in cui la presentazione delle merci può rivelarsi impossibile. Come già affermato, al riguardo, dalla giurisprudenza comunitaria, il controllo a posteriori delle dichiarazioni in dogana può essere effettuato sulla base di documenti scritti senza che l’autorità doganale sia tenuta a ispezionare materialmente le merci, essendo un siffatto controllo previsto soltanto quando le merci “possono essere ancora presentate” (v., in tal senso, la sentenza 22 novembre 2012, causa n. C-320/11, C-330/11, C-382/11 e C-383/11).

In conclusione, qualora le merci oggetto di una visita parziale e quelle comprese in dichiarazioni in dogana precedenti siano identiche, tenuto conto, segnatamente, del controllo dei documenti e dei dati commerciali relativi alle operazioni d’importazione e di esportazione nonché alle successive operazioni commerciali concernenti le merci stesse, e in particolare, delle indicazioni fornite dal dichiarante in dogana secondo le quali le merci provengono dal medesimo produttore e hanno la stessa composizione, aspetto e denominazione, circostanza che spetta unicamente al giudice del rinvio verificare, l’autorità doganale può estendere i risultati di tale visita parziale a queste ultime merci.


Fonte: Agenzia Entrate

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