La nuova procedura di convalida delle dimissioni è strutturata come un percorso a tappe, scandito da alcuni termini precisi.
La procedura deve essere attivata dal datore di lavoro, con la trasmissione dell'invito a convalidare le dimissioni, entro 30 giorni dalla data di ricevimento della lettera del dipendente (o di firma della risoluzione consensuale del rapporto, se si ricade in questa ipotesi).
In caso di mancato rispetto di questo termine, la legge prevede un effetto molto pesante: le dimissioni si considerano senza effetto, e il rapporto di lavoro riprende ad avere piena efficacia. Sarebbe una situazione paradossale, perché il dipendente dimissionario non avrebbe interesse a tornare a lavoro, ma potrebbe capitare. Il rischio si può scongiurare, come detto, invitando il lavoratore a procedere alla convalida in una sede abilitata (Dtl, Centro per l'impiego, sede sindacale) oppure a firmare la comunicazione telematica inviata ai servizi competenti.
Dal momento in cui il lavoratore riceve questo invito, decorre un ulteriore termine di sette giorni, entro il quale la convalida deve essere completata. L'atto deve essere redatto in forma scritta, e deve essere inviato al domicilio del lavoratore, come risultante dal contratto di lavoro o come comunicato successivamente all'assunzione, se nel frattempo sono intervenuti cambiamenti. In alternativa, è possibile consegnare a mani l'invito, facendolo firmare per ricevuta al dipendente. Se il lavoratore non si attiva per portare a termine la procedura, in una delle forme previste dalla legge, il rapporto di lavoro si considera comunque risolto alla fine dei sette giorni. .
Fino a quando non scade il termine di sette giorni, il lavoratore ha a disposizione anche un'altra opzione: può revocare tanto le dimissioni quanto la risoluzione consensuale. È un'ipotesi coerente con la nuova impostazione, ma inconcepibile sul piano gestionale. Che cosa accade se l'azienda ha già trovato un sostituto per il dipendente dimissionario? In ogni caso, la revoca sarà efficace solo se il lavoratore interessato offrirà la propria prestazione lavorativa.
La riforma non prevede forme particolari per la comunicazione della revoca, limitandosi a precisare che una manifestazione di volontà in questo senso «può» essere comunicata in forma scritta e lasciando, quindi, desumere la possibilità di inoltrarla anche verbalmente.
Dopo la revoca delle dimissioni o della risoluzione consensuale, il contratto di lavoro tornerà a seguire il suo iter normale dal giorno successivo alla comunicazione di revoca. In questo caso non sussisterà alcun diritto alla retribuzione, se durante questo periodo non è stata svolta alcuna prestazione. Alla revoca del recesso, le eventuali pattuizioni collegate perderanno efficacia e, conseguentemente, il lavoratore avrà l'obbligo di restituire tutto quanto eventualmente percepito in forza di esse (ad esempio incentivi all'esodo)
Fonte: Il Sole 24 Ore 10/09/2012

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