La società estera che cede prodotti editoriali è obbligata a identificarsi in Italia ai fini del tributo al superamento della soglia di 35mila euro annui, calcolata sulla base dei corrispettivi effettivamente percepiti, e a versare l’imposta applicando, eventualmente, il particolare meccanismo della resa forfetaria.
Questa, in sintesi, la precisazione fornita dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 90/E del 25 settembre.

Il quesito
Il documento di prassi prende in esame alcuni quesiti sottoposti da una società con sede a Londra che svolge attività di vendita a distanza, in abbonamento, di quotidiani a consumatori finali italiani.
Innanzitutto, la società chiede di sapere se il regime di forfetizzazione della resa previsto, per il settore dell’editoria dal decreto Iva (Dpr n. 633/1972), è applicabile anche agli editori comunitari, non residenti né identificati in alcun modo in Italia. Il secondo interrogativo, in caso di risposta affermativa, riguarda il metodo da utilizzare per calcolare l’ammontare delle operazioni imponibili, in particolare è stato chiesto se possa essere ridotto dell’80% (meccanismo della resa forfetaria). I quesiti sono finalizzati a stabilire in che modo va calcolata la soglia dei 35mila euro per le vendite a distanza (articolo 40, comma 4, lettera b), del Dl n. 331/1993), superata la quale scatta l’obbligo di registrarsi in Italia o di nominare un rappresentante fiscale.

Il parere dell’Agenzia
Per fornire risposta ai quesiti, vanno valutati i rapporti tra il regime speciale dell’editoria e quello delle vendite a distanza.

L’articolo 74, lettera c), del Dpr n. 633/1972, prevede, per il commercio di prodotti editoriali, che l’imposta è esclusivamente a carico dell’editore attraverso l’applicazione del regime monofase. Il calcolo dell’imposta può avvenire in due modi: o sul numero delle copie effettivamente vendute oppure sul numero delle copie spedite o consegnate diminuito di una percentuale della resa a forfait. In quest’ultimo caso, l’Iva viene riscossa in base al numero di giornali consegnati o spediti ridotto dell’80 per cento.

Nel caso in esame, come accennato, la società non ha nominato un rappresentante fiscale in Italia, non dispone di stabile organizzazione e non è identificata direttamente. Occorre pertanto coordinare quanto previsto per il settore dell’editoria con il sistema delle vendite a distanza.
Le cessioni di beni mobili materiali spediti o trasportati in Italia da un cedente comunitario nei confronti di privati sono soggette a Iva in Italia (articolo 40, comma 3, Dl n. 331/1993). Se, però, si tratta di vendite a distanza di beni non soggetti ad accisa, questi vengono assoggettati a Iva in Italia solo se viene superata la soglia di 35mila euro annui o se il cedente comunitario esercita l’opzione per la tassazione nel territorio dello Stato. La risoluzione, poi, ribadisce che le “vendite a distanza” con partenza da un altro Stato membro e con destinazione dei beni in Italia non rappresentano acquisti intracomunitari, ma cessioni interne, come già specificato con la circolare n. 13 del 1994.

A questo punto, è importante stabilire come deve essere effettuato il calcolo della soglia dei 35mila euro annui. Il legislatore comunitario ha dettato disposizioni riguardanti i beni venduti attraverso il commercio a distanza per evitare che gli acquisti di privati consumatori vengano deviati a favore di Stati membri che applicano aliquote più basse di altri (direttiva 2006/112/Ce), stabilendo che queste cessioni scontino l’Iva nel Paese del fornitore fino al superamento della soglia - compresa tra 35mila e 1 milione di euro - fissata dal legislatore del Paese di destinazione: quando viene superata la soglia, si applica l’imposta del Paese di destinazione.
Ne consegue che alla soglia di 35mila euro, stabilita in Italia, non si può applicare alcun forfait, proprio per assicurare stesse condizioni in tutti i Paesi dell’Unione. Nel momento in cui viene superata la soglia stabilita sulla base dei corrispettivi effettivamente percepiti, scatta l’obbligo di identificazione per il cedente comunitario.

Per quanto riguarda le modalità di assolvimento dell’Iva in Italia, la circolare n. 328/1997 ha chiarito che si definisce editore chi intraprende l’iniziativa economica editoriale, cioè chi si assume il rischio della realizzazione dell’opera per il successivo sfruttamento economico della stessa. Nel caso in cui la stampa della pubblicazione sia affidata da un operatore non residente in Italia a uno residente per la successiva commercializzazione, soggetto passivo è alternativamente o il rappresentante della stabile organizzazione in Italia dell’operatore estero o, in assenza di questi, il rappresentante fiscale nominato ai sensi dell’articolo 17 del Dpr n. 633/1972 o, ancora, qualora non sia costituita una stabile organizzazione né sia nominato un rappresentante fiscale, il cessionario che acquista i prodotti editoriali per la successiva commercializzazione.
La stessa circolare ha specificato che, per gli acquisti intracomunitari, l’Iva è dovuta dal cessionario sulla base del prezzo di vendita al pubblico nel territorio dello Stato e non è detraibile quando i beni non sono destinati alla successiva commercializzazione; in caso contrario, l’Iva va versata dal cessionario sulla base del prezzo di vendita al pubblico, applicando la forfetizzazione della rese per i giornali.

In conclusione, nel caso in esame, la società estera identificata in Italia, per legge o per scelta, che vende a distanza i prodotti editoriali, quindi li commercializza di fatto, è obbligata ad assolvere l’imposta con il metodo del monofase, con facoltà di applicare il meccanismo della resa forfettaria e, non trattandosi di acquisto intracomunitario, senza obbligo di compilare gli elenchi riepilogativi Intrastat.


Fonte: Agenzia Entrate

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