Apertura sulla dimostrabilità dei termini degli accordi fra le parti e protezione contro la doppia imposizione. Sono le tracce su cui si è mossa l'Agenzia delle Entrate, che, con la circolare n. 36/E del 24 settembre, è tornata sul tema dei beni relativi all'impresa concessi in godimento a soci o familiari dell'imprenditore per fini privati.

Certificazione
In assenza della documentazione di data certa antecedente all'inizio dell'uso privato del bene, i termini dell'accordo fra le parti (corrispettivo, durata e altre condizioni contrattuali) possono essere dimostrati dal contribuente con altri mezzi di prova. L'Amministrazione finanziaria approfondisce, così, le indicazioni - a suo tempo fornite con la circolare n. 24/E del 15 giugno - relative alla "verificabilità" degli elementi essenziali a determinare l'eventuale reddito diverso imputabile al socio/familiare, utilizzatore del bene aziendale. Indicazioni che si soffermavano sull'esigenza dell'atto scritto preesistente, in grado, considerata la correlazione tra le parti interessate, di evidenziare la mancanza di volontà di porre in essere arbitraggi fiscali sulla base di scelte di convenienza economica dell'ultimo momento.

Un filtro contro la doppia imposizione
Il reddito diverso attribuibile all'utilizzatore va ridotto del maggior reddito d'impresa imputato allo stesso (imprenditore individuale o socio tassato per trasparenza) in seguito all'indeducibilità dei costi del bene concesso in godimento.

Questa è la seconda, importante, precisazione, contenuta nella circolare n. 36/E, tesa a sterilizzare eventuali fenomeni di doppia tassazione, verificabili nei casi in cui l'utilizzatore coincide con l'imprenditore individuale o con il socio di società di persone e di società trasparenti per opzione. Ipotesi nelle quali questi contribuenti - per la stessa operazione - si troverebbero a vedersi imputato sia un maggior reddito d'impresa/partecipazione, a causa dell'indeducibilità del costo, sia un reddito diverso.

Ecco perché l'Agenzia ha puntualizzate come, in queste situazioni, il reddito diverso da tassare debba essere assunto come differenza, fra l'eccedenza del valore normale del diritto di godimento del bene rispetto al corrispettivo pagato e il reddito d'impresa corrispondente ai costi non ammessi in deduzione.

Esempio 1 tratto dalla circolare
Si supponga a titolo di esempio che una società, alla quale partecipino due soci ciascuno per una quota pari al 50%, conceda in godimento a uno dei soci un bene immobile strumentale a un corrispettivo inferiore al valore normale del diritto di godimento e che l'impresa abbia sostenuto dei costi in relazione a tale bene. Il reddito diverso da assoggettare a tassazione è determinato come segue:
valore normale del diritto di godimento: 10.000 euro
corrispettivo pattuito per il godimento: 5.500 euro
costi indeducibili relativi al bene: 2.000 euro
differenza tra valore nomale del diritto di godimento e corrispettivo pattuito: 4.500 euro (10.000 - 5.500)
reddito d'impresa da attribuire al socio che detiene il bene in godimento corrispondente ai costi indeducibili: 2.000 euro
reddito diverso da assoggettare a tassazione: 2.500 euro (4.500 - 2.000).

Un principio, questo illustrato, che vale anche per i beni a uso promiscuo, per i quali il Tuir forfetizza la deducibilità dei relativi costi.

Esempio 2 tratto dalla circolare
Si supponga che una società, alla quale partecipino due soci ciascuno per una quota pari al 50%, detenga un'autovettura utilizzata gratuitamente da uno di essi e che l'impresa abbia sostenuto dei costi in relazione a tale bene. Il reddito diverso da assoggettare a tassazione è determinato come segue:
valore normale del diritto di godimento: 800 euro
corrispettivo pattuito per il godimento: 0
costi relativi al bene: 1.000 euro
differenza tra valore nomale del diritto di godimento e corrispettivo pattuito: 800 euro
costi indeducibili relativi al bene 600 euro (60% di 1.000)
reddito d'impresa da attribuire ai due soci a prescindere dall'utilizzo del bene corrispondente ai costi indeducibili: 600 euro
reddito diverso da assoggettare a tassazione: 500 euro [800 - 300 (maggior reddito d'impresa, imputato al socio utilizzatore, relativo a costi indeducibili)].

Autovetture per le quali, precisa il documento di prassi, il valore normale, ai fini della determinazione del reddito diverso, va determinato seguendo la regola contenuta nell'articolo 51, comma 4, del Tuir (costo chilometrico convenzionale ricavabile dalle "tabelle Aci").

Autoveicoli "naturalmente" promiscui
Per finire, un ultimo indirizzo: le regole sui beni d'impresa a uso privato (Dl 138/2011, articolo 2, commi da 36-terdecies a 36-duodevicies) non scattano per le autovetture adibite a uso pubblico e, in generale, per tutti i beni per i quali il legislatore riconosce l'integrale deducibilità dei relativi costi, anche quando gli stessi, per loro natura, possono essere utilizzati promiscuamente. Tipico esempio, i taxi, i cui costi sono integralmente deducibili e per i quali "è consentito l'uso proprio fuori servizio" (Dlgs 422/1997).


Fonte: Agenzia Entrate

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