La sentenza della Corte di cassazione n. 11981/2012 aderisce a un orientamento giurisprudenziale sulla determinazione della base imponibile dell’imposta sulla pubblicità effettuata mediante affissione su appositi impianti pubblicitari ovvero con altri mezzi che non appare consolidato, ma, invece, contrastato da altro filone interpretativo dei medesimi giudici di legittimità.

Come noto, la disciplina legale in tema di modalità di applicazione dell’imposta è individuata nell’articolo 7 del Dlgs 507/1993, il cui primo comma prevede che l’imposta sulla pubblicità si determina in base alla superficie della minima figura piana geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario indipendentemente dal numero dei messaggi in esso contenuti.
A sua volta, l’articolo 5 del citato decreto legislativo, riguardo all’indicazione del presupposto dell’imposta, dispone al primo comma che “La diffusione di messaggi pubblicitari effettuati attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile è soggetta all'imposta sulla pubblicità prevista nel presente decreto”.

Tale ultimo elemento normativo è quello rinvenuto dalla decisione in rassegna per ritenere che la base imponibile del tributo comunale suddetto ricomprenda anche la cornice nel quale il messaggio pubblicitario risulta inserito in quanto l’oggetto del tributo emerge non tanto o non soltanto dall’attività di diffusione del messaggio, ma “al mezzo pubblicitario disponibile e alla relativa potenzialità in uso”.
In questo senso viene ribadito quel filone giurisprudenziale del Supremo collegio espressosi nella sentenza n. 14637/2007 (e nelle successive nn. 16117, 19202, 19203 e 23890 del 2007, 27900 e 27901 del 2009, 11374, 11376, 11377 e 11379 del 2012, e nella precedente pronuncia n. 1286 del 2005).
Difatti venne sancito dalla Corte regolatrice del diritto che l’imposta per le affissioni dirette, eseguite da privati su impianti a loro disposizione (ossia non appartenenti al servizio pubblicità del Comune) si calcola - ex articolo 7 del Dlgs n. 507 del 1993 - in relazione alla superficie dell’impianto secondo il criterio del “vuoto per pieno”.

Altra parte della giurisprudenza della Suprema corte ritiene, invece, che l’articolo 7, comma 1, del Dlgs n. 507/1993, stabilisce che l’imposta sulla pubblicità vada determinata in base alla superficie della minima figura geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario. Da ciò l’effetto che, se la faccia dell’impianto si compone di uno spazio destinato alla pubblicità e di una cornice da esso distinta e oggettivamente inidonea a essere utilizzata per la diffusione dei messaggi, l’imposta dovrà essere commisurata soltanto in relazione al predetto spazio. In questo senso si veda la sentenza dalla Corte costituzionale n. 557 del 2000, confermata dalle pronunce della Corte di cassazione n. 4908 del 2005 (poi confermata dalle successive pronunce nn. 1307, 23888 e 23889 del 2007, 1632, 4399, 6539, 7782, 7783 e 7784 del 2008, 23023 e 23024 del 2009, 12684 del 2012).

Tale ultimo orientamento del Supremo collegio appare preferibile in primo luogo perché rispettoso della disciplina positiva in punto di individuazione della base imponibile, disciplina volta a determinare la misura dell’imposta, come confermato dal terzo comma del citato articolo 7, secondo il quale per i mezzi pubblicitari polifacciali l’imposta è calcolata in base alla superficie complessiva adibita alla pubblicità. Ne consegue che ciò che rileva, sotto il profilo dell’interpretazione letterale, è la somma dei messaggi e non certo anche il suo supporto materiale, salvo che quest’ultimo non sia funzionale - esclusivamente - a quel determinato messaggio pubblicitario, come ben rilevato dalla giurisprudenza citata per ultima. In secondo luogo l’interpretazione della volontà del legislatore -quale altro criterio ermeneutico richiesto dall’articolo 12 delle preleggi- risulta essere stato mal inteso dalla pronuncia in rassegna in quanto il mero possesso del mezzo pubblicitario è stato fissato dalla diversa disciplina dell’articolo 62, del Dlgs n. 446/1997, ove si è attribuito ai Comuni la facoltà di sostituire l’imposta con un canone per l’installazione dei mezzi pubblicitari in base a tariffa.


Fonte: Agenzia Entrate

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