Con la sentenza 25470/2013, la Corte di cassazione è chiamata a decidere in merito alla legittimazione attiva della capogruppo di un gruppo Iva, stabilito in uno Stato membro diverso dall’Italia, a chiedere il rimborso dell’Iva assolta in Italia da una propria controllata (ex articolo 38-ter del Dpr 633/1972, nel testo vigente ratione temporis)
La disciplina comunitaria del gruppo Iva è attualmente recata dall’articolo 11 della direttiva 28 novembre 2006, n.2006/112/Ce con la quale è stata operata la rifusione della VI direttiva Iva.
Tale norma riproduce sostanzialmente il contenuto del precedente articolo 4, paragrafo 4, della direttiva n. 77/388/Cee, prevedendo la possibilità per ogni Stato membro di “considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi”; facoltà ammessa previa consultazione del Comitato Iva.

Come correttamente osservato dalla Corte, il nostro ordinamento non si è avvalso di tale facoltà, posto che la normativa di cui all’articolo 73 del Dpr 633/1972, pur prevedendo una forma di liquidazione Iva di gruppo, non incide su aspetti sostanziali del tributo, non interviene sulla nozione di soggettività, ma esplica esclusivamente effetti di ordine amministrativo procedurale.
La stessa Amministrazione finanziaria ha chiarito la diversa connotazione della normativa interna, precisando che la medesima “prende le mosse dall'art. 4, punto 4, secondo comma, della VI Direttiva comunitaria, senza tuttavia accogliere il principio fondamentale in esso contenuto, consistente nel riconoscimento giuridico e fiscale della unitarietà del soggetto passivo in presenza di soggetti giuridicamente indipendenti, ma vincolati tra loro da rapporti economici ed organizzativi. Il principio contenuto nella citata norma comunitaria è stato recepito, invero, in termini molto ristretti e con contenuto di carattere procedurale, cioè mantenendo sempre l'autonomia giuridica e fiscale delle società interessate, sufficiente a perseguire il fine prefissato che era quello di offrire a dette società un mezzo semplificato di recupero delle eccedenze di credito mediante la compensazione tra debiti e crediti di imposta emergenti dalle liquidazioni e dichiarazioni di società facenti parte di un gruppo” (circolare n. 16/360711 del 28 febbraio 1986).

In sostanza, mentre l’istituto delineato dal legislatore comunitario consiste nel considerare il gruppo Iva come un unico soggetto di imposta, tanto che tutti i partecipanti al gruppo vengono identificati dall’unico numero di partita Iva attribuita al gruppo medesimo; nel nostro ordinamento, viceversa, ciascuna delle società che opta per la liquidazione Iva di gruppo continua a mantenere la propria autonoma soggettività passiva d’imposta, anche a seguito di detta opzione.

In senso analogo, del resto, si è già espressa la medesima Corte di cassazione, sottolineando come la disciplina di cui all’articolo 73 del Dpr 633/1972 “non costituisca una misura di trasposizione della direttiva, non dando vita ad una vicenda giuridica nella quale la società controllata perde totalmente la sua qualità di soggetto passivo d’imposta” (Cassazione 13 marzo 2009, n. 6105).

Dopo aver ricordato il mancato esercizio da parte dell’Italia della facoltà di introdurre nel nostro ordinamento la disciplina inerente il gruppo Iva, di cui all’articolo 11 della direttiva 2006/112/Ce, la Corte di cassazione ha sottolineato come, in ottemperanza alla nostra legislazione, la controllante e la controllata estere (che pure appartengano a un unico gruppo Iva nel proprio Paese di stabilimento) integrano due soggetti passivi autonomi e che, conseguentemente, la domanda di rimborso dell’Iva assolta in Italia dalla controllata poteva essere legittimamente presentata solo da quest’ultima.

Tale affermazione viene dalla Corte suffragata ricordando come la stessa Corte di giustizia europea, con riferimento alle modalità di rimborso dell’Iva versata in uno Stato membro ad opera di soggetti passivi stabiliti in altri Stati membri, abbia precisato che l’importo dell’Iva rimborsabile è calcolato, in primo luogo, accertando le operazioni che nello Stato membro di stabilimento attribuirebbero un diritto a deduzione e, in secondo luogo, tenendo conto unicamente delle operazioni che attribuirebbero altresì un diritto a deduzione nello Stato membro del rimborso ove fossero effettuate in quest’ultimo, nonché delle spese che attribuiscono un diritto a deduzione in quest’ultimo Stato.

Pertanto, le modalità di calcolo del rimborso dell’imposta pagata nel Paese in cui il soggetto passivo non ha il suo stabilimento devono tenere conto sia delle regole dettate in tale Stato, sia di quelle previste dallo Stato di appartenenza (Corte di giustizia europea, 13 luglio 2000, n. c-136/99, Stato francese c. Monte dei paschi di Siena).
A tal uopo, sembra opportuno evidenziare come, nonostante sia indiscutibile tale principio, tuttavia, l’applicazione del medesimo non dovrebbe, a nostro avviso, in alcun caso comportare l'attribuzione di una soggettività IVA in capo ad un operatore economico che nel suo Paese di stabilimento non ha autonoma soggettività.


Fonte: Agenzia Entrate

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