Nell’odierna perdurante situazione di crisi economica e di conseguente conflitto sociale, temi che un tempo erano del tutto marginali e oggetto di astratta speculazione da parte dei tributaristi, tendono oggi ad assumere una certa rilevanza e attualità. Uno di questi è lo sciopero come causa di forza maggiore, ossia come causa di non punibilità.

In via generale, la giurisprudenza definisce la forza maggiore come l’evento derivante dalla natura o dal fatto dell’uomo che non può essere previsto o che, anche se previsto, non può essere impedito.
Sotto il profilo normativo, l’inapplicabilità delle sanzioni in capo a chi ha commesso il fatto per forza maggiore è stata codificata dalla stessa riforma del 1997 sulle sanzioni amministrative tributarie: analogamente all’articolo 45 del codice penale, infatti, l’articolo 6, comma 5, del Dlgs 472/1997, prevede espressamente che “Non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore”.

La forza maggiore, inoltre, è contemplata da alcune specifiche disposizioni.
In materia doganale, la causa di forza maggiore estingue l’obbligazione tributaria (articoli 37, 283 e 284, lettere a) e b), del Testo unico delle leggi doganali approvato con Dpr 43/1973).
Per le accise, l’articolo 4, comma 1, del Dlgs 504/1995, prevede che “In caso di perdita irrimediabile o distruzione totale di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l'abbuono della relativa imposta qualora il soggetto obbligato provi, in un modo ritenuto soddisfacente dall'Amministrazione finanziaria, che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. Fatta eccezione per i tabacchi lavorati, i fatti imputabili a titolo di colpa non grave, a terzi o allo stesso soggetto passivo, sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore”.

Secondo l’articolo 32 della legge di bollo (Dpr 642/1972), non sussiste violazione e, quindi, non si applica sanzione amministrativa quando risulti provato che la mancanza o l’insufficienza del bollo sono causate esclusivamente dall’“impossibilità oggettiva di procurarsi la carta bollata o le marche da bollo necessarie”; e l’imposta viene corrisposta “direttamente agli uffici del registro ovvero mediante versamento su conto corrente postale intestato all’ufficio del registro competente”.
La perdita del possesso del veicolo per forza maggiore fa venire meno l’obbligo del pagamento del tributo (articolo 5, comma 36, del Dl 953/1982).

Circa lo sciopero come causa di forza maggiore, in linea con una consolidata giurisprudenza, la Corte di cassazione, con sentenza del 30 aprile 1992, n. 5225, evidenzia che “la causa di forza maggiore non consiste soltanto in eventi naturali, ma può consistere anche in fatti umani, quali la guerra, lo sciopero e, quindi, anche più in generale, il fatto del terzo, quando ovviamente abbia le caratteristiche dell’estraneità, della imprevedibilità e dell’insormontabilità…La causa di forza maggiore deve intendersi come evento oggettivo estraneo alla condotta del soggetto astrattamente responsabile… richiedere di provare la causa di forza maggiore… significa richiedere, in sostanza, la prova dell’interruzione del nesso di causalità per l’intervento di un determinato fattore da solo capace di produrre l’evento”.

In particolare, la giurisprudenza ha riconosciuto la causa di forza maggiore per ritardo nella presentazione della dichiarazione o nel pagamento Iva dovuto a sciopero degli uffici postali (Commissione tributaria di I grado di Firenze, decisione n. 4318 del 7 gennaio 1980) e a occupazione degli uffici dell’azienda del contribuente da parte delle maestranze in occasione di una vertenza sindacale (Commissione tributaria di I grado di Lecce, sentenza del 19 febbraio 1980, n. 160, in senso analogo Commissione tributaria di II grado di Avellino del 30 ottobre 1986, n. 69).

Anche la Commissione tributaria centrale, con decisione del 18 febbraio 1992, n. 1355, ha ritenuto non sanzionabile l’impresa che non aveva presentato la dichiarazione annuale Iva per causa di forza maggiore determinata dall’occupazione dei locali aziendali da parte delle maestranze.
Nella fattispecie, secondo la Ctc, “ciò che rileva è l’effettiva sussistenza di questa situazione: e ciò significa che ove la forza maggiore sussiste, non è applicabile alcuna sanzione a prescindere dall’eventuale comunicazione, mentre nell’ipotesi inversa, la sanzione risulterà del tutto legittima nonostante l’eventuale comunicazione di un preteso evento di forza maggiore”.

Con la successiva decisione del 12 febbraio 2001, n. 1052, la medesima Commissione tributaria centrale ha chiarito che “non può, infatti, costituire caso di forza maggiore, come sostiene il contribuente nelle controdeduzioni, lo sciopero dell’istituto bancario da cui il curatore doveva prelevare il denaro (peraltro di modesto importo) con cui far fronte al pagamento. Lo sciopero allegato dal contribuente (a diverse conclusioni si potrebbe giungere solo nel caso si fosse trattato di astensione dal lavoro degli impiegati dell’ufficio finanziario) non può costituire motivo giustificativo del ritardo del pagamento del tributo. È fin troppo ovvio rilevare che, anche se è consentito il pagamento fino all’ultimo giorno e orario di chiusura, non rientra in un comune criterio di prudenza ridursi all’ultimo momento utile per effettuare tali operazioni, in quanto che il contribuente viene ad assumersi in tal caso il rischio di un evento imprevisto o inatteso, le cui conseguenze non possono essere certamente trasferite all’Erario”.

Allo sciopero come causa di forza maggiore fa pure riferimento la circolare del 10 luglio 1998, n. 180, secondo cui la forza maggiore è “ogni forza del mondo esterno che determina in modo necessario e inevitabile il comportamento del soggetto. Si può ipotizzare un'interruzione delle comunicazioni, in conseguenza di eventi naturali, tale da impedire di raggiungere il luogo ove il pagamento può essere eseguito anche se, in casi del genere, come nel caso di sciopero che impedisca l'esecuzione dell'adempimento dovuto, la causa di forza maggiore viene di solito accertata con apposito decreto”.

Tuttavia, con riferimento allo sciopero, l’Amministrazione finanziaria ha sempre valutato caso per caso l’esistenza o meno dell’esimente, secondo criteri rigorosi, rinviando talvolta la decisione ai competenti organi giurisdizionali.

Ad esempio, la risoluzione del 13 ottobre 1980, n. 383190, ha escluso la causa di forza maggiore nel caso di tardiva presentazione dell’istanza di rimborso Iva, per sciopero del personale della società richiedente, considerato che, nel caso concreto, “la successione degli scioperi avrebbe ugualmente consentito l'esercizio della facoltà di cui al terzo comma dell'art 38-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni”.

Parimenti, la risoluzione del 21 maggio 1986, 3/488, non ha riconosciuto la causa di forza maggiore nell’ipotesi di mancato pagamento dell’imposta comunale di pubblicità per sciopero del personale degli uffici concessionari. Nella fattispecie, infatti, “interessando lo sciopero due soli giorni del mese di gennaio – il 25 e il 29 – i contribuenti avrebbero potuto assolvere il debito di imposta non solo, come afferma la giurisprudenza dominante, entro il periodo compreso tra il termine iniziale di pagamento e il momento in cui si è verificato l’impedimento dovuto a causa di forza maggiore, ma anche il 30 gennaio, avendo avuto gli Uffici in quella data parziale funzionamento”.

Infine, nell’escludere la causa di forza maggiore in caso di tardivo versamento dell’acconto per sciopero del personale bancario, la risoluzione del 18 ottobre 1991, n. 7/949, ha evidenziato che “l’eventuale causa di forza maggiore - per la verità non ricorrente nel caso in esame in quanto i contribuenti interessati avrebbero potuto adempiere nei termini ai versamenti di acconto dovuti, avvalendosi dell'Amministrazione postale - può essere autonomamente valutata dagli organi del contenzioso tributario nell'ambito della disposizione preveduta dall'art. 39-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636”.


Fonte: Agenzia Entrate

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