L’accertamento dell’esistenza del credito tributario, costituente oggetto di pignoramento presso il terzo (Agenzia delle Entrate), non può essere condotto dal giudice civile all’interno del procedimento di esecuzione.
Le Sezioni unite hanno chiarito che tale verifica va sempre eseguita presso il giudice tributario.
Questo, in sintesi, il principio di diritto desumibile dalla sentenza della Cassazione a sezioni unite n. 3773, depositata lo scorso 18 febbraio.

I fatti di causa
Una ditta intraprende una procedura di espropriazione presso terzi per recuperare i crediti vantati nei confronti di una società a responsabilità limitata. Il creditore procedente, quindi, notifica al terzo pignorato, nella specie l’Agenzia delle Entrate, l’atto di pignoramento rivolto a ottenere il pagamento di presunti crediti tributari dovuti da quest’ultima nei confronti della Srl debitrice.
In sede processuale l’Agenzia nega l’esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile passibile di pignoramento.
A questo punto, il creditore propone dinnanzi al giudice civile, ex articolo 548 del codice di procedura civile (previgente formulazione), l’azione di accertamento del credito tributario.

Il giudice dell’esecuzione dichiara il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e assegna al creditore procedente un termine per instaurare il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo pignorato, Agenzia delle Entrate, davanti alla commissione tributaria competente per territorio.
Il creditore, non pago della pronuncia, propone opposizione agli atti esecutivi, all’esito della quale il tribunale rigetta l’opposizione e ribadisce la dichiarazione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello tributario.

La Commissione tributaria provinciale nel frattempo adita, a sua volta, dichiara inammissibile il ricorso, poiché non ravvisa la presenza di un atto impugnabile ricompreso fra quelli espressamente indicati dall’articolo 19 del Dlgs 546/1992.

Contro l’ultima decisione del tribunale, il creditore procedente propone ricorso per cassazione.

La pronuncia della Corte suprema
Per i giudici supremi, l’accertamento dell’esistenza del credito di natura tributaria non può essere condotto innanzi al giudice civile, ma va avviato presso il giudice tributario.
A questa conclusione, sono arrivati attraverso l’analisi dell’articolo 2 del Dlgs 546/1992 che, nell’ambito delle norme processuali tributarie, delimita i “confini” della giurisdizione tributaria.
Per la Cassazione, affinché una controversia possa essere legittimamente devoluta alla giurisdizione tributaria ai sensi dell’articolo 2 vigente, occorre:
che riguardi “… tributi di ogni genere e specie, comunque denominati…”, con la sola eccezione delle controversie concernenti gli atti della esecuzione forzata tributaria
che abbia a oggetto atti relativi a prestazioni patrimoniali obbligatoriamente imposte di carattere tributario
che l’atto impugnato sia stato emesso dal soggetto titolare del potere di imposizione (soggetto investito della cosiddetta potestas impositiva).
Secondo i giudici di legittimità, trattasi in ogni caso “di una giurisdizione attribuita in via esclusiva e ratione materiae, indipendentemente dal contenuto della domanda e dalla tipologia di atti emessi dall’Amministrazione finanziaria”.

Una volta appurata la giurisdizione tributaria, per i giudici non è decisiva ai fini della proponibilità dell’azione la circostanza per cui l’atto non sia previsto nella “catalogazione” presente nell’articolo 19 del Dlgs 546/1992.
Tale elencazione, per la Cassazione, non è tassativa, ma rappresenta una categorizzazione pensata “…in relazione agli effetti giuridici...” prodotti dagli atti elencati nel predetto articolo.
Ne deriva che la norma è suscettibile di interpretazione estensiva. Pertanto, applicando questo tipo di interpretazione, i giudici di legittimità ritengono non sussistenti “...ragioni idonee ad impedire il riconoscimento alla dichiarazione negativa al riguardo resa dall’Agenzia delle Entrate, terzo pignorato, della natura di atto costituente espressione del potere impositivo ad essa spettante”.

Nel caso di specie, conclude la Cassazione, poiché esiste un concreto interesse ad agire da parte del creditore procedente, è necessario proporre l’azione di accertamento del credito di imposta presso il giudice tributario, attivando il contraddittorio fra tutte le parti coinvolte (creditore procedente, debitore esecutato e terzo pignorato).


Fonte: Agenzia Entrate

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