La disciplina del DURC passa al vaglio della Corte di Giustizia al fine di verificarne la compatibilità con i principi di proporzionalità, non discriminazione e tutela della concorrenza, nonchè con il canone di ragionevolezza, della normativa nazionale contenuta all'art. 38, comma 2, D.Lgs. n. 163/2008 il quale considera grave una violazione contributiva, definitivamente accertata, d'importo eccedente il valore di euro 100 e, al contempo, superiore al 5% dello scostamento tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione, con conseguente obbligo per le stazioni appaltanti di escludere il concorrente resosi responsabile di tale violazione.
Inquadramento di sintesi
Non si sopisce il dibattito circa la possibilita`, per la stazione appaltante, di compiere valutazioni sulla gravita` dell’inadempimento contributivo quale emerge dal documento unico di regolarita` (DURC) che - per l’art. 38, D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi o forniture, o codice appalti) - i concorrenti a ogni pubblica gara devono presentare. Nell’ultimo biennio si sono succeduti orientamenti giurisprudenziali distonici che - in disparte il differente problema della definitivita` della violazione, il quale esula dall’economia del presente scritto - hanno approfondito il tema del potere della stazione appaltante di sindacare le risultanze del DURC. Alla soluzione del problema ha inteso concorrere dapprima il legislatore e in seconda battuta il giudice amministrativo in veste nomofilattica. L’intervento normativo si e` avuto, com’e` noto, con D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito con modificazioni in legge 12 luglio 2011, n. 106. Poiche ´ quanto addotto in sede di conversione non tocca la portata dell’originario decreto (nella specie,  l’art. 4, comma 2, lett. b, n. 4, che ha sostituito il secondo comma dell’art. 38 del codice dei contratti pubblici) se ne ha che dal 14 maggio 2011, giorno della sua entrata in vigore, la novella spiega i propri effetti, ovviamente nei riguardi delle sole gare edite da tale data. Tanto va detto in ossequio alla specifica previsione dell’art. 4, comma 3, D.L. n. 70/2011 quanto, piu` in generale, dell’art. 77 Cost. e dell’art. 15, comma 3, della L. 23 agosto 1988 n. 400. La sussistenza di una puntuale previsione di vigenza pro futuro, ricavabile dallo stesso testo del decreto, non ha pero` rappresentato ostacolo a letture giurisprudenziali di segno divergente in ordine a fattispecie pregresse - ossia a gare anteriori alla novella - a fronte delle quali la Sezione Sesta del Consiglio di Stato con ordinanza 5 marzo 2012, n. 1245, ha devoluto all’Adunanza Plenaria la soluzione del contrasto giurisprudenziale.
La questione prospettata dall’ordinanza di remissione era, per vero, duplice, in quanto la risposta al dubbio circa il carattere vincolante del DURC doveva necessariamente esser preceduta dall’esatta qualificazione della natura della riferita previsione, contenuta nel D.L. n. 70/2011. Ove qualificata come ‘‘d’interpretazione autentica’’ - anziche´ meramente innovativa - essa avrebbe evidentemente esteso la propria efficacia anche alle procedure di gara edite prima della sua entrata in vigore e la questione rimessa alla Plenaria avrebbe perso, nel merito, interesse. Del resto - se pur e` vero che la previsione contenuta nel decreto legge e` volta a dirimere un contrasto ermeneutico e che, da cio` , potrebbe desumersene la portata interpretativa autentica - simile valenza e` stata esclusa, con dovizia di argomenti, dalla sentenza resa dall’Adunanza Plenaria n. 8/2012. Segnatamente, la conclusione poggia sul fatto che le norme d’interpretazione, stante la loro peculiare portata retroattiva, devono essere chiaramente riconoscibili come tali: il che, nello specifico non e`, non fosse altro che per l’espressa operativita` a fattispecie future. Cosı` risolto il problema propedeutico, la sentenza Adunanza Plenaria n. 8/2012, al punto 2.3 in diritto ha riconosciuto che la novella dell’art. 38 del codice appalti si applica, ratione temporis, alle sole procedure edite dopo l’entrata in vigore del decreto legge, ossia in tempo successivo al 14 maggio 2011, data dopo la quale «la mancanza di DURC comporta una presunzione legale juris et de jure di gravita` della violazione». La soluzione giurisprudenziale, pero` , pur negando alla norma natura di ‘‘interpretazione autentica’’ le attribuisce valenza ricognitiva dell’orientamento ermeneutico maggioritario in precedenza maturato, con il che si pone in linea di continuita`, anziche´ d’innovazione, rispetto all’assetto normativo previgente. Partendo da quest’affermazione presupposta, dalla quale consegue l’attualita` dell’intervento richiesto con l’ordinanza di remissione e, al definitivo, l’interesse stesso per una pronuncia, la Plenaria al punto 2.4 della sentenza ha affermato il principio per il quale: «la nozione di ‘‘violazione grave’’ non e` rimessa alla valutazione caso per caso della stazione appaltante, ma si desume dalla disciplina previdenziale, e in particolare dalla disciplina del documento unico di regolarita` contributiva; ne consegue che la verifica della regolarita` contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione e` demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni (DURC) si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto». L’arresto ora riferito estende i propri effetti, per l’art. 99 c.p.a., a ogni caso pendente, stante la propria forza nomofilattica. Esso, quindi, opera anche per il passato, ossia ai ricorsi relativi a gare i cui bandi, avvisi o inviti siano anteriori al 13 maggio 2011, data in cui il legislatore e` intervenuto a disciplinare, pro futuro, la questione chiarendo l’impossibilita` di apprezzamenti valutativi circa la gravita` dell’inadempimento da parte della stazione appaltante, alla presenza di un DURC irregolare.


Fonte: IPSOA

0 commenti:

 
Top