È legittima la previsione, contenuta nel provvedimento delle Entrate del 24 gennaio 2003, che condiziona la fruizione degli incentivi fiscali per gli investimenti nelle aree svantaggiate alla tempestiva comunicazione, da parte dei contribuenti, del contenuto del progetto.
Il termine per l’invio dei dati previsto dal provvedimento, cioè il 28 febbraio 2003, non contrasta con lo Statuto del contribuente (legge n. 212/2000), in base al quale le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore.
È la conclusione dell’ordinanza della Cassazione n. 2232 del 31 gennaio.

Il fatto
Sul presupposto della decadenza dal beneficio fiscale, conseguente alla mancata comunicazione sul contenuto e natura dell’investimento effettuato, prescritta dall’articolo 62, comma 1, lettera a), legge n. 289/2002, l’ufficio emetteva avviso di recupero del credito d’imposta relativo a investimenti realizzati da una Srl in aree svantaggiate ex articolo 8 legge n. 388/2000, che veniva impugnato dalla contribuente.

La Commissione tributaria regionale, confermando il primo giudicato, ha annullato l’atto impositivo ritenendo che il termine del 28 febbraio 2003 per la suddetta comunicazione, stabilito con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 24 gennaio 2003, sia illegittimo per contrasto con l’articolo 3, comma 2, dello Statuto del contribuente (legge n. 212/2000), in base al quale le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti. Pertanto, dalla mancata osservanza del suddetto termine non potrebbe derivare la decadenza dal beneficio fiscale invocato.
L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione, denunciando la sentenza impugnata per violazione di legge (articolo 62, legge n. 289/2002, e articolo 3, legge n. 212/2000), contestando il fatto che il termine del 28 febbraio 2003 sarebbe illegittimo per contrasto con lo Statuto del contribuente.

La decisione
Nessun beneficio se il contribuente non presenta tempestivamente il modello di comunicazione “Cvs”: si tratta di una norma che non lascia margini interpretativi. Questi gli assunti stabiliti dalla Suprema corte che, con l’ordinanza in esame, accoglie il ricorso dell’Agenzia.

A questo riguardo, occorre considerare che nella giurisprudenza di legittimità si è affermato un consolidato indirizzo favorevole all'Amministrazione finanziaria, che conferma la decadenza dal diritto al credito di imposta (articolo 8, legge 388/2000) in caso di omessa o ritardata presentazione del modello Cvs (Cassazione, sentenze 3578/2009, 19627/2009 e 1862/2012).
Detto indirizzo sostiene, in particolare, che l’imprenditore ammesso ai contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate, decade dal beneficio ove abbia omesso di presentare nel termine del 28 febbraio 2003 la comunicazione telematica avente a oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato, dovendo considerarsi il suddetto termine previsto dall’articolo 62 della legge n. 289/2002, “a pena di decadenza”, non avendo altrimenti alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato soltanto alla realizzazione dell’investimento e non anche all’invio della comunicazione telematica.

Si è inoltre specificato (vedi Cassazione, sentenze 19627/2009 e 29616/2011) che l’inosservanza del termine entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 (come stabilito inizialmente dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del Dl 253/2002) devono comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati per la ricognizione degli investimenti realizzati, comporta la decadenza dal beneficio fiscale.

Riguardo, poi, all’asserito contrasto tra il provvedimento delle Entrate che fissa il termine ultimo di produzione della comunicazione e lo Statuto del contribuente, la Corte ha fugato ogni dubbio al riguardo, atteso che le previsioni dell’articolo 3 della legge 212/2000 non possiedono (come la Cassazione ha sottolineato con le sentenze 8254/2009 e 2221/2011) rango superiore a quelle proprie della legge ordinaria e, dunque, non impediscono al legislatore di regolare in termini retroattivi un istituto fiscale.

Peraltro, occorre rilevare che l’articolo 62 della legge 289/2002, nella parte in cui stabilisce il termine ultimo entro cui effettuare, a pena di decadenza dall’agevolazione, la comunicazione dei dati relativi alla fruizione del credito di imposta de quo, ha superato più volte il vaglio di legittimità costituzionale (ordinanze 124/2006, 180/2007 e 185/2009), sul motivo che “la norma censurata non dispone per il passato, ma fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di decadenza dal contributo, a nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito”.


Fonte: Agenzia Entrate

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