Il parere della sezione regionale lombarda della Corte dei Conti n. 70 del 3 febbraio 2011, merita una attenta analisi per diversi elementi presi in considerazione dalla magistratura contabile, che acquistano sempre più importanza nel contesto attuale di riforma del comparto dei servizi pubblici locali; in particolare la richiesta di parere riguarda le modalità di gestione di farmacie comunali con riferimento ai vincoli in tema di partecipazione societarie e di assunzioni di spese di personale
Alla magistratura contabile si è rivolto un piccolo comune della Lombardia che, considerati i vincoli in materia di costituzione e mantenimento di partecipazioni societarie da parte dei comuni ed i limiti di contenimento delle assunzioni e delle spese di personale, ha chiesto un parere in merito ad una serie di questioni riguardanti le possibili modalità di gestione di una farmacia comunale.

I temi su cui è stato chiesto un pronunciamento riguardano principalmente:

a) la questione concernente le forme gestionali delle farmacie pubbliche con particolare riferimento al fatto se la gestione del personale rientri, o meno, nelle limitazioni di spesa e nei limiti di assunzione previsti per gli enti locali;

b) la questione relativa alle partecipazioni societarie dei comuni “sotto soglia” demografica;

c) la questione relativa al c.d. “patto di stabilità” per gli enti pubblici.

Le varie forme di gestione di farmacie comunali

Le farmacie di cui sono titolari i comuni o quelle acquisite in seguito all’esercizio del diritto di prelazione possono essere gestite in una delle seguenti forme:

a) in economia;

b) a mezzo azienda speciale;

c) a mezzo consorzi tra comuni per la conduzione di farmacie di cui sono titolari;

d) a mezzo di società di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestino servizio presso farmacie di cui l’ente abbia la titolarità.

All’atto della costituzione della società cessa di diritto il rapporto di lavoro dipendente tra l’amministrazione comunale e i predetti professionisti. In alcuni casi, inoltre, si è ritenuto conveniente, in assenza di preclusioni normative, conferire l’intera gestione della farmacia municipale a privati, individuati mediante forme di evidenza pubblica, attraverso lo strumento della concessione assimilabile di fatto alla locazione d’azienda, dietro corresponsione di un corrispettivo calcolato in base alla durata della concessione in quota fissa annuale più una percentuale determinata in modo variabile.

Negli ultimi anni si è assistito alla progressiva costituzione di società a partecipazione totalitaria (in house), maggioritaria od anche solo minoritaria di enti pubblici, per lo svolgimento di alcune funzioni di loro pertinenza ovvero la gestione di servizi pubblici, l’effettuazione di lavori pubblici, lo svolgimento di attività sia di interesse delle comunità locali che strumentali e funzionali allo svolgimento dei compiti istituzionali degli enti territoriali.

Il legislatore “corre” ai ripari

Il legislatore a fronte di un vero e proprio fenomeno di proliferazioni di farmacie a gestione pubblica è corso ai ripari con la legge n. 296/2006 per proseguire poi, con la legge finanziaria per il 2008 , introducendo severe limitazioni alla possibilità per gli enti pubblici di ricorrere allo strumento societario, evitando l’abuso di forme privatistiche ovvero l’utilizzo di moduli societari finalizzati unicamente all’elusione del rischio d’impresa o dei vincoli di finanza pubblica.

Con l’art. 3, della legge n. 244/2007, si è inteso offrire una regolamentazione delle partecipazioni azionarie delle pubbliche amministrazioni, volta ad arginarne la proliferazione indiscriminata e a ricondurne l’utilizzo nell’alveo delle effettive necessità istituzionali degli enti locali. Il legislatore ha , quindi, introdotto il divieto espresso di costituire nuove società o di mantenere quelle esistenti quando tali organismi non abbiano ad oggetto la produzione di beni e di servizi strettamente necessari per il perseguimento delle finalità istituzionali ovvero producano servizi di interesse generale.

La legge di conversione del D.L. 78/2010 (legge 122/2010) ha, introdotto ulteriori e più rigorose limitazioni alla costituzione di società che si integrano con quelle previgenti e che risultano espressamente non abrogate; la norma citata ha dato luogo a dubbi interpretativi sia a causa del tenore letterale che può prestarsi a letture divergenti, sia in ragione dei molteplici interventi legislativi che negli ultimi anni hanno introdotto regole dirette a disciplinare le varie modalità di partecipazione degli enti locali nelle società di capitali.

L’analisi della corte dei conti

Con riferimento alle istanze poste dal Comune riguardanti l’attuale disciplina delle assunzioni di personale, nel caso di gestione della farmacia comunale attraverso l’azienda speciale o la società di capitali, la Corte dei Conti ha avuto modo di evidenziare , sia in occasione dell’esercizio della funzione consultiva , sia nelle relazioni annuali sullo stato di esternalizzazione dei servizi pubblici degli enti locali , l’importanza del vincolo posto dall’art. 3, comma 30, della legge n. 244/2007 che impone alle amministrazioni costituenti o partecipanti in società, consorzi o altri organismi di adottare provvedimenti di trasferimento di risorse umane, finanziarie e strumentali in misura adeguata alle funzioni esercitate, provvedendo alla corrispondente determinazione della propria dotazione organica.

Nel caso dell’azienda speciale, ente strumentale del comune dotato di personalità giuridica e di autonomia imprenditoriale, l’eventuale mancata assegnazione di risorse da parte delle amministrazioni locali contribuenti o partecipanti recherebbe grave pregiudizio all’attività dell’organismo, compromettendone le finalità ed i risultati della gestione che deve assicurare quanto meno l’obbligo del pareggio del bilancio (art. 114, comma 4, del T.U.E.L.).

Per i giudici contabili , in ogni caso, le spese del personale eventualmente assunto direttamente, con procedura concorsuale, dall’azienda speciale anche consortile sono da imputare ai comuni costituenti o soci, come già più volte chiarito dalla stessa Corte dei Conti lombarda; analogamente, la stessa Corte si è più volte pronunciata in materia di spese di personale con specifico riferimento all’impatto della nuova legge finanziaria n. 122/2010.

Sono, inoltre, ribadite per gli enti soggetti al Patto di stabilità “i principi di onnicomprensività delle voci di spesa per qualsivoglia tipologia di personale alle dipendenze dell’ente locale; di riduzione della spesa complessiva per il personale; di razionalizzazione delle strutture burocratico-amministrative; di contenimento della dinamica retributiva ed occupazionale; di riduzione dell’incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti attraverso la parziale reintegrazione dei cessati e il contenimento della spesa per il lavoro flessibile; di divieto assoluto di assunzione di personale a qualsiasi titolo e per qualsivoglia tipologia contrattuale in caso di mancato rispetto delle condizioni poste dalla stessa norma”.

Alla luce della vigente normativa, per i giudici contabili, non è più ammesso alcun regime derogatorio che escluda l’applicazione delle misure di contenimento della spesa di personale. Per la Corte dei Conti , deve essere, infine, richiamato l’art. 14, comma 9, della stessa legge n. 122/2010 che ripropone la misura sanzionatoria del blocco delle assunzioni di personale, a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale, qualora non venga rispettato il limite di incidenza delle spese di personale che deve essere inferiore al 40% delle spese correnti, e per gli enti “virtuosi” limita comunque a partire dal 1° gennaio 2011 le assunzioni nella misura del 20% delle spese corrispondenti alle cessazioni dell’anno precedente.

La disposizione citata è applicabile ai comuni , come tra l’altro quello che pone il quesito, che hanno una popolazione superiore ai 5.000 abitanti e concorre ad individuare un doppio limite, diretto ad evitare incrementi incontrollati, sia della spesa che del numero del personale.

Le formule gestorie delle farmacie comunali

I giudici contabili evidenziano che allo stato attuale non è possibile condurre una farmacia municipale in regime concessorio a terzi, sia pur individuati con gara ad evidenza pubblica, mantenendo la gestione diretta da parte dell’ente, coerentemente con la finalità di servizio pubblico attribuita ad attività di rilevanza economica.

Qualora, poi, si ritenga conveniente, sotto il profilo dell’economicità, efficacia ed efficienza del servizio farmaceutico, ricorrere allo strumento societario, tale opzione, da motivare adeguatamente, è ammessa da disposizioni normative di carattere speciale (art. 9 della legge n. 475/1968) che non risultano superate ma vanno comunque coordinate con le norme restrittive in tema di partecipazioni societarie. In via conclusiva, può sostenersi che gli enti locali con popolazione inferiore ai 30.000 abitanti, non possano avvalersi di un organismo societario per la gestione della farmacia comunale se non associandosi con altri enti che insieme superino i 30.000 abitanti, assumendo una partecipazione societaria paritaria o proporzionale al numero degli abitanti.

In ogni caso, la Corte dei Conti segnala che le spese del personale eventualmente assunto direttamente, con procedura concorsuale, dall’azienda speciale anche consortile sono da imputare ai comuni costituenti o soci.


Fonte: IPSOA

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