Con una interessante pronuncia, la 5850 dell’11 marzo, la Cassazione, nel dichiarare inammissibile per difetto del requisito dell’autosufficienza tre ricorsi proposti da altrettanti contribuenti (con atti separati ma di identico contenuto e, quindi, riuniti), ha precisato che non rileva, ai fini della motivazione degli atti impositivi, la circostanza che gli stessi facciano riferimento per relationem ad un atto non ancora notificato ma “in corso di notifica”.
In altri termini, laddove il contribuente lamenti la “contemporaneità” tra la notifica dell’atto impugnato e quella dell’atto a cui il primo fa riferimento, è tenuto a dimostrare tale circostanza attraverso l’indicazione precisa delle date delle due notifiche, a pena di inammissibilità del ricorso stesso.

Nel caso in esame, la Cassazione affronta il problema relativo alla motivazione per relationem degli atti impositivi prevista dall’articolo 42, secondo comma, ultima parte, del Dpr 600/1973 (come modificato dal Dlgs 32/2001) in base al quale, se la motivazione di un avviso di accertamento “…fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale” (motivazione per relationem), nonché dell’articolo 7, comma 1, della legge 212/2000 (Statuto del contribuente), secondo cui se gli atti dell’Amministrazione finanziaria richiamano nella motivazione un altro atto “…questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”.

I fatti di causa
La vicenda ha origine nel 2002 quando un ufficio finanziario notifica ai soci di una Srl separati avvisi di accertamento Irpef - aventi a oggetto redditi per utili non dichiarati - susseguenti alla rettifica dell’imponibile precedentemente accertato nei confronti della società, con separato avviso.

Tutti i soci impugnano gli atti impositivi loro rispettivamente notificati davanti alla competente Commissione tributaria provinciale, la quale, riuniti i ricorsi, annulla gli atti per difetto di motivazione.
Secondo il giudice di primo grado, gli atti impugnati erano motivati per relationem all’avviso di accertamento “in corso di notifica” alla società, ma quest’ultimo, tuttavia, non era stato allegato agli avvisi notificati ai soci né poteva ritenersi da costoro conosciuto o conoscibile, in quanto non risultava ancora notificato nemmeno alla società.

Il successivo appello proposto dall’Amministrazione finanziaria viene accolto dalla Commissione tributaria regionale che - contrariamente a quanto sostenuto dai contribuenti e ritenuto dal primo giudice - non ravvisa alcun vizio negli avvisi di accertamento notificati ai contribuenti per il fatto che essi rinviassero per relationem all’avviso emesso nei confronti della società.

Alcuni soci propongono separati (ma identici) ricorsi per Cassazione, in cui lamentano la violazione dell’articolo 7 della legge 212/2000 e dell’articolo 42 del Dpr 600/1973, con riferimento alla motivazione dell’accertamento compiuta mediante rinvio a un atto in corso di notifica.
Con tale motivo i ricorrenti censurano la sentenza di appello per aver ritenuto legittima, in violazione della normativa richiamata, la motivazione di un avviso di accertamento effettuata mediante rinvio per relationem a un atto ancora in corso di notifica, come tale non conosciuto né ricevuto da parte del contribuente, né, peraltro, da quest’ultimo conoscibile senza che il tempo necessario ad acquisirne conoscenza riduca lo spazio di tempo concesso dalla legge per impugnare l’avviso di accertamento.
In altre parole, secondo i ricorrenti, la sentenza di appello ha omesso di valutare il fatto decisivo rappresentato dalla asserita contemporaneità tra la notifica degli avvisi di accertamento e la notifica dell’atto di riferimento e, per l’effetto, ha ritenuto come noto un atto che tale non poteva essere in quanto “in corso di notifica”.

La decisione della Cassazione
Secondo i giudici di piazza Cavour, il presupposto comune ai motivi dei ricorsi (riuniti) è il fatto che nel momento in cui i ricorrenti avevano ricevuto la notifica degli avvisi di accertamento impugnati, non si era ancora compiuta la notifica dell’atto a cui la motivazione di tale avvisi faceva riferimento, ossia l’avviso di accertamento destinato alla società.
Tuttavia, tale elemento “…non è stato indicato nel ricorso per cassazione, perché in tale ricorso non si fa menzione - ne, tanto meno, si indica in quale sede di merito sarebbe stata fatta menzione - delle date in cui vennero notificati l’avviso di accertamento alla società e gli avvisi di accertamento ai ricorrenti”.

La circostanza per cui negli avvisi di accertamento impugnati è scritto che l’atto di riferimento (l’avviso di accertamento alla società) è in corso di notifica “…non è concludente, in quanto, perché un atto possa considerarsi conosciuto dal contribuente…..ciò che rileva è che esso sia già pervenuto al destinatario al momento della notifica, non al momento della redazione dell’avviso di accertamento che a tale atto fa riferimento…..È pertanto irrilevante, ai fini del giudizio sulla validità della motivazione degli avvisi di accertamento impugnati dagli odierni ricorrenti, che nella motivazione di detti avvisi non si indichi la data di notifica dell’atto di riferimento, ma si affermi che il medesimo è ‘in corso di notifica’”.
Infatti, prosegue la Corte suprema, “…la contemporaneità tra la notifica degli atti impugnati e la notifica dell’atto di riferimento…..non si desume da quanto è scritto nella motivazione degli avvisi impugnati, ma avrebbe dovuto essere rappresentata alla Corte mediante l’indicazione delle date delle notifiche degli atti impugnati e dell’atto di riferimento”.

Da ultimo, la Corte ritiene che entrambi i motivi di ricorso devono essere dichiarati inammissibili, in quanto difettano di autosufficienza, essendo carenti delle circostanze di fatto che, se valutate dal giudice di appello, “…avrebbero potuto portare alla decisione favorevole ai ricorrenti, ossia non indica le date delle notifiche degli atti impugnati e della notifica dell’atto di riferimento, precludendo quindi alla Corte di apprezzarne la asserita contemporaneità”.

Considerazioni
Com’è noto, gli avvisi di accertamento, alla stregua di qualunque altro atto amministrativo, devono essere motivati, sia in ordine ai presupposti di fatto sia alle ragioni giuridiche che lo hanno determinato.
Al riguardo, la problematica del rinvio ad atti diversi e ulteriori, posti a fondamento della motivazione di un provvedimento di natura tributaria, è sempre stata oggetto di vivaci dibattiti tra dottrina e giurisprudenza.
La disciplina garantista contenuta nel citato articolo 7 dello Statuto del contribuente, pur richiamando quella generalmente riferita ai provvedimenti amministrativi (articolo 3 della legge 241/1990), è stata notevolmente amplificata, trasformando il requisito della “conoscibilità” degli atti destinati al contribuente, in quello della “conoscenza” effettiva degli stessi.

Al riguardo, però, la Cassazione, con un orientamento da ritenersi oramai consolidato e ampiamente condivisibile, ha limitato l’effetto applicativo di tale precetto, al fine di non rendere eccessivamente onerosa l’attività accertatrice dell’Amministrazione finanziaria (che, secondo il dato letterale del richiamato articolo 7, sarebbe obbligata ad allegare sempre l’atto menzionato in motivazione, ancorché già noto al contribuente o riprodotto nel suo contenuto fondamentale).
I giudici di legittimità, infatti, nel ritenere pienamente valido l’accertamento motivato per relationem, hanno precisato che all’articolo 7 dello Statuto del contribuente “…va data un’interpretazione non formalistica, in base alla quale non devono essere allegati all’atto impositivo gli atti richiamati, quando di essi il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza” ( Cassazione, sentenze 11722/2010 e 24891/2010).

Infine, in ordine alla effettiva conoscenza, da parte del contribuente, degli atti a lui notificati, sembra corretto non dare rilevanza al dato testuale contenuto negli stessi ma a quello reale rappresentato solo dal giorno di effettiva conoscenza legale dell’atto, attraverso le ordinarie modalità di notificazione previste dalla legge.


Fonte: Agenzia Entrate

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