Il giudizio immediato di cui all'articolo 453, comma 1 bis, c.p.p., riguardante i reati in relazione ai quali la persona sottoposta alle indagini si trova in stato di custodia cautelare, non ha come presupposto dell'evidenza della prova.
La Cassazione interviene sulla disciplina del giudizio immediato nell’ipotesi “speciale”, innovativamente introdotta con il primo “pacchetto sicurezza” (decreto legge 23 maggio 2008 n. 92, convertito in legge 24 luglio 2008 n. 125), del giudizio immediato nei confronti di persona “in stato di custodia cautelare”.

E’ la previsione in forza della quale, oltre alle ipotesi generali di cui all’articolo 453, comma 1, c.p.p., il giudizio immediato, salvo che la richiesta non pregiudichi gravemente le indagini, “deve” essere richiesto “entro centottanta giorni dall’esecuzione della misura”, per il reato in relazione al quale la persona sottoposta alle indagini si trova in stato di custodia cautelare.

Secondo la Corte, in tale ipotesi, non trova applicazione il presupposto dell’ “evidenza probatoria”, richiesto solo ai fini della diversa ipotesi dell’instaurazione del giudizio immediato ai sensi del comma 1 dell’articolo 453 c.p.p., ma l’attivazione della procedura – salvo che la richiesta pregiudichi gravemente le indagini- è “obbligata”, purchè ricorra la condizione imprescindibile che la richiesta non sia formulata prima della definizione del procedimento di cui all’articolo 309 c.p.p. ovvero prima che siano decorsi i termini per la proposizione della richiesta di riesame.

Proprio da queste premesse, il giudice di legittimità, accogliendo il ricorso del pubblico ministero, ha annullato, qualificandola abnorme, l’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la richiesta di giudizio immediato, sostenendo che non sussistesse il presupposto dell’”evidenza della prova” [in termini, di recente, Cassazione, Sezione II, 1° luglio 2009, PM in proc. Moramarco].

Si tratta di affermazione convincente, perché coglie appieno i presupposti e la ratio della particolare ipotesi di giudizio immediata disciplinata dall’articolo 453, comma 1 bis, c.p.p.

Sotto il primo profilo, è lo “stato di custodia cautelare” che rappresenta la condizione imprescindibile della procedura, non solo nel senso che la richiesta non può essere formulata prima che sia “definito” il procedimento di cui all’articolo 309 c.p.p. ovvero siano decorsi i termini per la proposizione della richiesta di riesame (cfr. articolo 453, comma 1 ter, c.p.p.), ma anche nel senso che la richiesta deve essere rigettata se nel frattempo l’ordinanza custodiale sia stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Sotto l’altro profilo, è evidente la ratio dell’istituto, ispirato ad accelerare i tempi nei procedimenti nei quali l’imputato si trovi in stato di custodia cautelare. Si tratta dei procedimenti nei quali il quadro probatorio è talmente definito da consentire di ritenere che il contraddittorio tra le parti non possa condurre alla pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere nell’udienza preliminare, imponendo così anche al pubblico ministero di completare celermente le indagini nei casi in cui l’indagato sia in stato di custodia cautelare, in tal modo ottenendo anche il risultato di diminuire le possibilità di scarcerazioni per decorrenza dei termini custodiali nella fase delle indagini preliminari.

Tale ratio, va soggiunto, è evidenziata anche dalla concessione di un termine per la richiesta di giudizio immediato più ampio di quello previsto per l’ipotesi di cui al comma 1 dell’articolo 453, cioè centottanta giorni, che decorre, appunto per la sua specificità, non dalla iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall’articolo 335 c.p.p., ma dall’esecuzione della misura.

Proprio le rilevate peculiarità dell’istituto, spiegano come, mentre la richiesta di giudizio immediato “ordinario” presuppone il vaglio del giudice sull’”evidenza della prova” [da intendere non come “livello di probabilità della sentenza di condanna”, bensì come l’”inutilità dell’udienza preliminare per la prevedibile mancanza di elementi che possano condurre alla pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere”: cfr. Cassazione, Sezione III, 2 marzo 2001, Cornejo Pedroza] , quella di cui al comma 1 bis dell’articolo 453 c.p.p., presuppone il controllo del giudice sulla “gravità indiziaria” nel procedimento di cui all’articolo 309 c.p.p. ovvero l’acquiescenza dell’indagato con il decorso dei termini per la proposizione della richiesta di riesame: ipotesi “ben più garantista” di quella configurata nel comma 1 dell’articolo 453 c.p.p., poiché prevede obbligatoriamente che l’indagato possa instaurare un effettivo contraddittorio, altrimenti penalizzato dall’assenza dell’udienza preliminare e dalle garanzie difensive proprie del rito ordinario (articolo 415 bis c.p.p.).

In questo contesto normativo, giustamente la Corte di cassazione fa derivare la conseguenza che, a fronte della richiesta di giudizio immediato ex articolo 453, comma 1 bis c.p.p., non è consentito al giudice delle indagini preliminari di rigettarla sulla base della pretesa insussistenza del presupposto dell’”evidenza della prova”: un provvedimento reiettivo che fosse motivato erroneamente proprio sulla carenza di tale presupposto sarebbe “abnorme” (funzionalmente) e dovrebbe essere annullato senza rinvio.

Infatti, si tratterebbe di provvedimento che determina una situazione di stallo processuale, proprio perché finisce con l’impedire al pubblico ministero di adempiere allo specifico “obbligo di legge”, posto alla base di tale specifica ipotesi di giudizio immediato, di accelerare i tempi del procedimento, allorquando l’imputato si trovi appunto in stato di custodia cautelare, per diminuire la possibilità di scarcerazioni per decorrenza dei termini di custodia cautelare nella fase delle indagini preliminari.

(Cassazione penale Sentenza, Sez. VI, 01/03/2011, n. 7912)


Fonte: IPSOA

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