La circolare emessa congiuntamente da Agenzia delle entrate e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali chiarisce i limiti della facilitazione collegata ai risultati aziendali.
Poche righe, riservate ai ristorni assegnati ai soci delle cooperative, chiudono la circolare n. 3/E del 14 febbraio scorso, firmata congiuntamente dal Direttore dall’Agenzia delle entrate e dal Capo di gabinetto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

L’argomento del documento riguarda l’imposta sostitutiva del 10% sulle componenti accessorie della retribuzione corrisposte in relazione ad incrementi di produttività riferita, in generale, a tutti i dipendenti delle imprese che raggiungono l’obiettivo.

Dopo alcuni passaggi normativi sull’argomento, scanditi negli anni (art. 2 D.l. n. 93/2008, art. 5 D.l. n. 185/2008, art. 2 – commi 156 e 157 – L. 191/2009, con riferimento all’anno 2010 e art. 53 D.l. n. 78/2010, con riferimento periodo d’imposta 2011), ora si è giunti alla determinazione che:

- i lavoratori dipendenti nel settore privato con reddito entro il limite di 40.000 euro annui lordi nel 2010,

- per un massimo di 6000 euro lordi (compresi nel suddetto limite),

- possono godere della facoltà – salvo loro rinuncia - di usufruire su tale secondo importo di un’imposta sostitutiva del 10% alle seguenti condizioni:

1) che si sia verificato un incremento di “produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, in relazione a risultati riferibili all’andamento economico o agli utili dell’impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale”;

2) eventi confermati e in risposta ai premi erogabili in seguito ad accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali concordati con i sindacati (contrattazione di secondo livello);

3) esclusi, perciò in qualsiasi modo dall’agevolazione, le gratifiche concesse “ad personam” ed i superminimi.

Il precedente punto 1) è alquanto ampio e, in senso negativo ai fini della oggettiva presenza degli elementi richiamati, vago, soprattutto se collegato all’elemento che l’accordo sindacale non necessita di forma scritta. In altri termini l’imprenditore avrebbe comodi spazi interpretativi per fare rientrare nell’imposta sostitutiva i suoi punti di vista valutativi.

L’imposta si chiama “sostitutiva” in quanto applicata nella misura suddetta ridotta e scambiata, cioè in alternativa, alle aliquote progressive sul reddito da lavoro dipendente dei sottoposti; è sufficiente, a tal fine che se ne evidenzi nel CUD, che verrà rilasciato al lavoratore subordinato. Fra i casi specifici, presi in esame nella circolare citata, c’è quello dei ristorni erogati ai soci delle cooperative.

La circolare testualmente stabilisce che “sono riconducibili alla nozione di accordo collettivo... anche i ristorni... nella misura in cui siano collegai ad un incremento di produttività” in quanto “integrazione della retribuzione corrisposta dalla cooperativa per le prestazioni del socio”. I presupposti giuridici cui devono rispondere i ristorni sono, in linea generale, indipendentemente dalla recente norma:

1) il loro richiamo, obbligatorio per tutte le cooperative (anche se per alcune tipologie, come quella edilizia, è pleonastico), nell’atto costitutivo ex art. 2521 C.c.;

2) il presupposto dell’art. 3 della L. n. 142/2001 che, nel comma 2, punto b), prevede la deliberazione da parte dell’assemblea dei soci e la successiva erogazione (“in sede di approvazione del bilancio di esercizio”) di un’integrazione del trattamento economico (già questo in linea con quelli vigenti per prestazioni similari a livello di contrattazione collettiva nazionale) a titolo di ristorno nel limite del 30% di quello “base” predetto, eventualmente integrato con maggiorazioni retributive “secondo le modalità stabilite in accordi stipulati ai sensi dell'articolo 2” o con aumento delle retribuzioni stesse o con aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato...;

3) l’esistenza di un regolamento, elemento che la dottrina ritiene quantomeno utile se non addirittura necessario, anche se non espressamente citato dalla norma, approvato dall’assemblea dei soci e depositato alla Direzione provinciale del lavoro di competenza, in cui sono precisate le modalità di calcolo, di assegnazione e di erogazione ai soci, che ne dovessero avere diritto.

La normativa della cooperazione ha specificato, poi, i metodi per individuare la somma da destinare al ristorno destinato ai soci lavoratori.

Precisando, fra l’altro e in primis, che la quota di avanzo di esercizio quantificabile a tale scopo deve collegarsi all’attività specifica e limitata ai soci, poiché sarebbe molto irregolare e ingiusto che i soci cogliessero vantaggio dall’attività lavorativa prestata da soggetti non associati che, per necessità e scelta (anche da parte dei prestatori d’opera), la cooperativa ha inserito, nel corso dell’esercizio, fra i suoi lavoratori e che quindi hanno contribuito a produrre l’aumento di ricchezza condensata nell’avanzo di fine anno.

Non è, di per sé, facile gestire questo “distinguo” se la cooperativa non si è attrezzata già dall’inizio dell’esercizio, separando contabilmente e opportunamente i due settori, con i rispettivi costi e ricavi, individuando magari alcuni valori con attribuzione e con imputazioni e calcoli extra-contabili.

Alla cooperativa si richiede altresì l’individuazione inequivocabile ed inconfutabile degli incrementi di produttività, sperando che gli uffici accertatori non si impuntino pretendendo una “probatio” complicata, se non “diabolica”.

Non dovrebbe essere così, considerando che la circolare succitata si dimostra alquanto elastica nell’interpretazione della norma agevolativa, richiamandosi, in buona sostanza, alla correttezza del datore di lavoro, nell’ottica e secondo l’intento che il vantaggio accordato dal legislatore sia da sprone ad una maggiore produttività, intesa in senso molto ampio.

Infatti la circolare porta ad esempio alcuni elementi collegabili e indizio dell’aumento della produttività dell’azienda, come la retribuzione relativa al lavoro straordinario e quello fornito dai lavoratori impiegati con orario part-time; l’aumento di paga per lavoro notturno, quello festivo, per turni...


Fonte: IPSOA

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