La qualificazione dei materiali provenienti da scavi effettuati (nel caso di specie si trattava delle terre e delle rocce risultanti dai lavori di escavazione effettuati nel corso della realizzazione di una tratta della linea ferroviaria alta velocità) interessa non soltanto il profilo ambientale, ma anche quello fiscale che, nella controversia oggetto della sentenza della Corte di cassazione n. 13114/2012, è il tributo speciale per il deposito in discarica di rifiuti solidi.

L’ente impositore aveva ritenuto non soltanto che si dovessero considerare discariche i siti in cui il predetto materiale era stato ammassato, peraltro provvisoriamente, in quanto parte dei materiali fu riutilizzato per il compimento dell’opera stessa, ma anche che si dovessero considerare “rifiuti” i materiali provenienti dalle escavazioni delle gallerie.

Tale interpretazione fu seguita nei gradi di merito in ragione della disciplina risultante dall’articolo 6, comma 1, lettera d), e articolo 8, comma 1, lettera f)-bis, del Dlgs n. 22 del 1997 (c.d. decreto Ronchi, all’epoca vigente, oggi sostituito dal codice dell’ambiente approvato con il Dlgs n. 156 del 2006), e non soltanto nei riguardi di quei materiali oggetto dello stoccaggio definitivo effettuato presso le discariche, desumendo da ciò che il gestore di detti materiali aveva inteso disfarsene, determinando - in tal modo - un’automatica qualificazione di rifiuti a tali materiali.

La decisione in rassegna afferma un principio di diritto rilevantissimo in tema di imposizione ambientale allorquando reputa che la normativa istitutrice del suddetto tributo speciale, contenuta nell’articolo 3 della legge n. 549 del 1995, non determina alcun collegamento immediato tra l’istituzione del tributo speciale e le attività connesse con lo smaltimento dei rifiuti “giacché il fatto generatore dell'imposta è il semplice deposito in discarica dei rifiuti solidi”.

Invero risultano, invece, decisivi il comma 24 del citato articolo 3, secondo cui, al fine di favorire la minore produzione di rifiuti e il recupero dagli stessi di materia prima e di energia, a decorrere dal 1° gennaio 1996 è istituito il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, “così come definiti e disciplinati dall’art.2 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n.915”, e il successivo comma 28 che, nell’individuare la base imponibile nella quantità dei rifiuti conferiti in discarica, fa riferimento alle annotazioni nei registri tenuti in attuazione degli articoli 11 e 19 del Dpr n. 915/1982.

Pertanto, sebbene possa condividersi che il tributo appare estraneo al fenomeno del sostenimento dei costi e delle spese necessarie per la gestione dello smaltimento (rinvenibile nella Tarsu, Tia o altro tributo sulla produzione dei rifiuti) non risulta fondata la conclusione del giudice di legittimità che “le finalità che costituiscono la premessa della previsione normativa (sicuramente estranee allo strumento del prelievo tributario) indirizzano verso una forma di garanzia per la predisposizione delle risorse finanziarie necessarie ad eseguire specifici interventi nel campo ambientale, anche non necessariamente connessi con il fenomeno peculiare del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti”.

Avverso l’interpretazione fornita dalla sentenza in nota si veda la sentenza della stessa Suprema corte n. 30711/2011, la quale aveva, invece, ritenuto che il principio giuridico che tutto ciò che si conferisce in discarica è rifiuto, impone che la parte che ne invoca una diversa natura (quale quella del risanamento) ai fini della esenzione dalla “ecotassa” o della imposta agevolata (per i sovvalli) ne provi l’effettiva natura ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 39 del 1995.

La qualificazione offerta dalla pronuncia in commento, invero, non appare necessaria per risolvere la questione dell’assoggettamento o meno al citato tributo speciale del deposito delle rocce da scavo risultanti dai lavori in corso alla data del 30 novembre 2003 a decorrere dal 31 dicembre 2004, in quanto operante la moratoria dettata dall’articolo 23-octies del Dl n. 355 del 2003, introdotto dalla legge di conversione n. 47 del 2004.
Nell’ampia ed esaustiva disamina della legislazione nazionale e comunitaria effettuata dalla decisione in commento emerge, difatti, che non possono essere considerati rifiuti le rocce derivanti da scavi in quanto la nozione di rifiuto prevista nella versione originaria dell’articolo 8, comma 1, lettera f-bis, del “decreto Ronchi”, è stata progressivamente interpretata autenticamente prima dall’articolo 1, commi 17, 18 e 19, della legge n. 443 del 2001, e successivamente dall’articolo 23 della legge n. 306 del 2003.

La sentenza in rassegna cerca un valido appoggio nella precedente pronuncia di legittimità n. 19145/2011, la quale aveva ritenuto che, per le rocce da scavo estratte negli anni 1998 e 1999, sono esclusi dal periodo di “moratoria” stabilito con l’articolo 23-octies del Dl n. 355 del 2003, risultando applicabile l’articolo 8, comma 1, lettera f-bis), del “decreto Ronchi”, come interpretato autenticamente dall’articolo 1, commi 17, 18 e 19, della legge n. 443 del 2001.


Fonte: Agenzia Entrate

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