Il ricorso presentato dalla Commissione europea nasce dalla constatazione di un diverso trattamento fiscale di uno stesso tipo di reddito, quello da capitali e da beni mobili, a seconda che la persona giuridica percipiente eserciti l’attività attraverso una stabile organizzazione nel territorio del Belgio. La Commissione, per rilevare la discrepanza, aveva provveduto a inviare una lettera di diffida allo Stato belga e, non avendo ricevuto alcuna risposta dalle autorità fiscali decideva di inviare un parere motivato. La risposta a quest’ultimo, non soddisfacente, lasciava spazio alla presentazione di un ricorso ai giudici europei.

Il ricorso della Commissione europea
La richiesta della Commissione, alla Corte di giustizia europea, è quella di dichiarare la normativa nazionale sul trattamento tributario dei redditi da capitali e da beni mobili non conforme al diritto dell’Unione. La norma in questione è incompatibile con le disposizioni di cui agli articoli 49 TFUE, 54 TFUE e 63 TFUE. In altri termini, la richiesta della Commissione nasce dalla constatazione di un differente trattamento riservato alla tassazione dei redditi di capitali percepiti da soggetti non residenti rispetto a soggetti residenti.

Le valutazioni della Corte
Secondo i giudici europei la normativa nazionale incriminata è tale da influenzare le decisioni dei soggetti economici sull’esercizio dell’attività economica. Per questo motivo risulta essere in contrasto con il principio comunitario di libertà di stabilimento e di libera circolazione dei capitali. Nella fattispecie in esame, la normativa belga assoggetta a ritenuta alla fonte i dividendi e gli interessi distribuiti  da società stabilite nel territorio nazionale e in altro Stato. I redditi delle società residenti, però, sono esentati dall’imposta sul reddito delle società. Il meccanismo è tale da consentire un minor aggravio tributario per le società residenti, o con stabile organizzazione nel paese. Il trattamento tributario è meno favorevole per i redditi da capitali e da beni mobili prodotti da società non residenti. Al principio della libera circolazione dei capitali, sottolineano i togati europei, è vero che è possibile derogare ma allo stesso modo è anche vero che, trattandosi di un eccezione alla deroga, ciò deve avvenire in ambiti limitati. Ne consegue che una normativa, come quella belga, deve comunque essere ispirarsi a tale principio e non può discriminare i soggetti contribuenti in base al luogo di svolgimento dell’attività. Un diverso trattamento può essere giustificato soltanto da una effettiva diversità di situazione.

I rilievi nei riguardi del Fisco
L’intervento dell’Amministrazione belga, proseguono i giudici, non può essere giustificato neanche in un’ottica di contrasto alla doppia imposizione tra Stati. Questo in quanto la normativa nazionale di specie, facendo riferimento anche ai redditi di capitali percepiti da società estere, va ad incidere sul trattamento fiscale di società residenti in altri Stati membri. Per altri versi, invece, la scelta di uno Stato di tassare redditi provenienti da società stabilite in altri Stati non è facilmente conciliabile con il meccanismo della doppia imposizione in quanto, in tal caso, il livello di tassazione è in funzione delle modalità di tassazione stabilite da un altro Stato. Il diverso trattamento tributario riservato alle società non residenti viene giustificato dall’Amministrazione belga non tanto in considerazione del fatto che il reddito percepito da società estere non è qualificabile, alla stregua di quello prodotto da società nazionali, quanto esclusivamente per la diversa ubicazione territoriale della sede di esercizio dell’attività. Da come è strutturata la norma nazionale dibattuta, inoltre, si evince che la ritenuta alla fonte operata costituisce una tassazione a titolo definitivo, soltanto ed esclusivamente, per le società residenti all’estero.

Il verdetto finale
La questione pregiudiziale deve essere risolta, secondo i giudici europei, riconoscendo l’infondatezza delle ragioni che hanno portato l’Amministrazione belga ad applicare un diverso trattamento fiscale ai redditi da capitale, prodotti nel territorio nazionale, rispetto a quelli prodotti all’estero. Pertanto, l’assoggettamento a imposta di tali redditi non può essere diverso esclusivamente in funzione della mancanza di una stabile organizzazione nel territorio nazionale.


Fonte: Agenzia Entrate

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