L’attività di factoring si differenzia da quella di recupero crediti principalmente sotto il profilo causale. Se la prima mira, infatti, a coprire le esigenze di finanziamento dell’impresa, la seconda è finalizzata al soddisfacimento delle ragioni del creditore. Per definire la natura della prestazione, e il relativo trattamento tributario, è quindi necessario operare, di volta in volta, un’indagine che consenta di individuare la corretta natura dell’operazione realizzata.
Sono questi alcuni dei punti salienti contenuti nella risoluzione n. 32/E dell’11 marzo.

In pratica, si può affermare che se la causa del contratto consiste nell’ottenere da parte del prestatore una gestione dei crediti rivolta essenzialmente al recupero degli stessi, l’operazione è da qualificare come recupero crediti e come tale imponibile ai fini Iva.
Al contrario, quando il creditore, con la stipula di un contratto di factoring, vuole ottenere un finanziamento (in pratica, una monetizzazione anticipata dei propri crediti), per il quale paga una commissione che è, in linea di principio, un pagamento di interessi (essendo solitamente quantificata in una percentuale dell’ammontare dei crediti ceduti), allora appare evidente che il factoring costituisce una vera e propria operazione finanziaria esente da Iva.

La soluzione del contribuente...
La risoluzione prende le mosse da una richiesta di chiarimenti presentata da un’associazione interessata a conoscere il trattamento fiscale da riservare alle operazioni di factoring e alle diverse attività di recupero del credito. Alle associate, infatti, verrebbe spesso contestata l’applicabilità del regime di esenzione in relazione alle operazioni svolte dal factor e trattate da questo come operazioni finanziarie, ma riqualificate dai verificatori come operazioni di recupero crediti soggette al regime di imponibilità. Stando alla soluzione interpretativa elaborata dal contribuente, le operazioni di factoring, esenti dall’Iva, vanno tenute distinte, dal punto di vista fiscale, dalle operazioni di recupero crediti imponibili. Una conclusione che sarebbe confermata da una serie di elementi: dalle diverse finalità delle due attività alla differente natura di chi le può svolgere, passando per il diverso rilievo attribuito all’una e all’altra dal legislatore, dall’Amministrazione finanziaria e da altri organismi di settore, come per esempio la Banca d’Italia.

… e il parere dell’Agenzia
I tecnici delle Entrate, dal canto loro, ribadiscono il principio secondo cui è necessario avviare di volta in volta un’indagine per verificare la corretta natura dell’operazione realizzata in concreto. Infatti, se la causa del contratto consiste nell’ottenere dal prestatore una gestione dei crediti volta fondamentalmente al loro recupero, l’operazione è qualificabile come recupero crediti e, di conseguenza, imponibile ai fini Iva. Al contrario, se il creditore, stipulando un contratto di factoring, vuole avere un finanziamento per cui paga una commissione che si sostanzia in un pagamento di interessi, allora in questo caso è evidente che il factoring è una vera e propria operazione finanziaria esente da Iva.

Checklist per distinguere factoring da recupero crediti
La risoluzione detta una lista non esaustiva di criteri da applicare per fissare una distinzione tra operazioni di factoring e di recupero crediti. Nel primo caso, ad esempio, si ha una cessione della titolarità del credito, a prescindere dal fatto che il cedente sia liberato o meno dal rischio del buon fine dell’operazione. Questa situazione, invece, non si verifica nell’ipotesi di recupero crediti. Non solo. La causa finanziaria del factoring è confermata dal fatto che il cessionario versa una somma al cedente nel momento in cui cede il credito, consentendogli di ottenerne la trasformazione in attività liquide prima della sua scadenza naturale, o comunque prima della data in cui si presume l’incasso. L’erogazione dell’importo concordato dal cedente al cessionario, al momento della cessione del credito, rappresenta un elemento tipico dei contratti di factoring. Di contro, la presenza di una clausola che preveda l’erogazione delle somme al creditore solo al momento dell’effettivo incasso da parte del prestatore costituisce un elemento tipico della prestazione di recupero crediti.
A questo punto, se in base a questi principi il caso in esame è riconducibile a un contratto di factoring, il compenso del factor, costituito dalla differenza tra valore nominale del credito e somme anticipate, è soggetto al regime di esenzione. Ciò vale a prescindere dalla circostanza che sia scomposto tra commissioni e interessi o che sia previsto un unico compenso in cui la componente “commissioni” risulti prevalente rispetto alla componente “interessi”.
Di contro, qualora il factor renda altre prestazioni di servizi (ad esempio, analisi del portafoglio crediti, gestione dei crediti diversi da quelli ceduti eccetera) aggiuntive rispetto alla cessione del credito, quest’ultima non perde la sua natura finanziaria, a patto che per le prestazioni in più si concordi un corrispettivo autonomo. Resta fermo che il regime Iva applicabile a queste ultime prestazioni andrà individuato caso per caso.


Fonte: Agenzia Entrate

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