OGGETTO : Modalità di effettuazione delle ritenute alla fonte per le somme
liquidate a seguito di procedure di pignoramento presso terzi. Provvedimento
del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 34755 del 03.03.2010. Chiarimenti



1. RITENUTE ALLA FONTE SUI PAGAMENTI EFFETTUATI A
SEGUITO DI PIGNORAMENTO PRESSO TERZI

1.1. Le somme pignorate presso terzi: riferimenti civilistici e processual-
civilistici
Prima di entrare nel merito delle disposizioni di carattere fiscale previste dal
Provvedimento, è utile introdurre alcuni concetti generali di natura civilistica e
processual-civilistica.
In base all’art. 1173 del codice civile ( di seguito c.c.), le obbligazioni possono
derivare da contratto, da fatto illecito e da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle secondo l’ordinamento giuridico (promesse unilaterali, titoli di credito,
gestione di affari etc..).
L’art. 2740 del c.c. stabilisce che il debitore risponde dell’adempimento delle
obbligazioni con tutti i suoi beni, presenti e futuri, salve le limitazioni
espressamente stabilite dalla legge.
Se l’adempimento dell’obbligazione non avviene spontaneamente da parte del
debitore, il creditore, salvi i casi in cui possieda già un titolo esecutivo (ad es. un
titolo cambiario), può agire in giudizio per la tutela dei propri diritti al fine di
ottenere una pronuncia giurisdizionale che ne disponga l’adempimento.
In caso di pronuncia favorevole al creditore passata in giudicato, se il debitore
non osserva il comando contenuto nella stessa, il creditore può intraprendere
l’espropriazione forzata attraverso il pignoramento dei beni del debitore, ai sensi
degli articoli 491 e seguenti del codice di procedura civile ( di seguito c.p.c.).
Il pignoramento può riguardare beni immobili o mobili. Se ha ad oggetto beni
mobili, può essere eseguito presso il debitore medesimo ovvero presso un terzo, a
sua volta debitore del debitore; in quest’ultimo caso, a mente dell’art. 543 del
c.p.c., il pignoramento può riguardare i crediti del debitore verso terzi o le cose
del debitore che sono in possesso di terzi.
Tanto premesso, si osserva che, in base al citato art. 21, comma 15, della legge n.
449 del 1997, in caso di pignoramento presso terzi, le disposizioni sulle ritenute
alla fonte devono essere applicate qualora il credito sia riferito a somme per le
quali, ai sensi delle medesime disposizioni, deve essere operata una ritenuta alla
fonte.

1.2 Terzo erogatore tenuto ad effettuare la ritenuta
L’articolo 1, comma 1, del Provvedimento stabilisce che in caso di pagamenti
effettuati a seguito di pignoramenti presso terzi, il terzo erogatore, ove rivesta la
qualifica di sostituto d’imposta ai sensi degli articoli 23 e seguenti del DPR n.
600 del 1973, deve operare, all’atto del pagamento, una ritenuta del 20 per cento
a titolo di acconto dell’Irpef dovuta dal creditore pignoratizio.

La norma ha previsto l’applicazione di una ritenuta in misura fissa al fine di
mettere il terzo in condizione di effettuare l’adempimento senza dover svolgere
indagini sulla tipologia del reddito erogato; l’esigenza di semplificazione, che
risponde a quella dell’erario di dare effettiva attuazione al prelievo, comporta che
il terzo non sia tenuto a svolgere indagini per verificare se le somme debbano o
meno subire la ritenuta. Sarà, pertanto, onere del creditore dimostrare che le
stesse attengono ad ipotesi per le quali la ritenuta non deve essere operata,
restando inteso che altrimenti il terzo provvederà ad applicarla, come verrà
precisato meglio nel paragrafo 1.3 della presente Circolare.
L’articolo 1, comma 2, del Provvedimento specifica che deve trattarsi di somme
assoggettabili a ritenuta alla fonte in base alle disposizioni contenute nel titolo III
del DPR n. 600 del 1973, nell’art. 11, commi 5, 6 e 7, della legge n. 413/1991,
nonché nell’art. 33, comma 4, del DPR n. 42/1988.
Pertanto, l’obbligo di effettuare la ritenuta da parte del terzo erogatore sorge
quando sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:
1. deve trattarsi di una somma per la quale deve essere operata una ritenuta
alla fonte, ai sensi delle richiamate disposizioni ;
2. il creditore pignoratizio deve essere un soggetto Irpef;
3. il terzo erogatore deve rivestire la qualifica di sostituto di imposta in base
a quanto previsto dagli artt. 23 e seguenti del DPR 600/1973; deve, cioè,
rientrare fra i soggetti cui la legge tassativamente conferisce l’obbligo di
pagare le imposte in luogo d’altri, per fatti e situazioni a questi riferibili.
Il terzo erogatore ha l’obbligo di effettuare la ritenuta anche nell’ipotesi in cui il
debitore pignorato non rivesta la qualifica di sostituto di imposta.
In altri termini, l’obbligo della ritenuta sorge per il fatto oggettivo che il credito
sia riferito a somme per le quali le disposizioni fiscali prevedono l’applicazione
di una ritenuta. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui un professionista vanti un
credito nei confronti di un suo cliente (persona fisica non imprenditore) e instauri
un giudizio per la soddisfazione di tale credito. Se la sentenza di condanna del
cliente esita in una esecuzione forzata comportando il pignoramento delle somme
giacenti su un conto corrente acceso dal cliente inadempiente presso un istituto di
credito, quest’ultimo (terzo esecutato), rivestendo la qualità di sostituto di
imposta in base alle richiamate disposizioni, è tenuto ad effettuare le ritenute
sulle somme assegnate al professionista (creditore pignoratizio), anche se, in
mancanza di esecuzione forzata, non sarebbe stato operato il prelievo alla fonte
da parte del cliente (debitore), in quanto persona fisica non imprenditore.

1.3 Somme soggette a ritenuta da parte del terzo erogatore
L’art. 1, comma 1, del Provvedimento fa riferimento ad una ritenuta alla fonte a
titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. La ritenuta,
pertanto, deve essere effettuata nei confronti dei creditori pignoratizi soggetti
IRPEF e non anche nei confronti di enti e società soggetti IRES.
La precisazione, introdotta dal Provvedimento a fronte di una disposizione
normativa che menziona genericamente l’obbligo di effettuare una ritenuta
d’acconto, intende semplificare gli adempimenti del terzo erogatore in
considerazione della marginalità delle ipotesi in cui i soggetti IRES (enti e
società di capitali) subiscono ritenute alla fonte.
Pertanto, il terzo erogatore che corrisponda somme in favore di soggetti diversi
dalle persone fisiche e dalle società di persone, non è tenuto ad effettuare la
ritenuta alla fonte, fermo restando l’obbligo di indicare nella dichiarazione dei
sostituti di imposta i dati del percettore e l’ammontare delle somme erogate;
quest’ultimo adempimento, infatti, in base a quanto previsto dall’art. 2, comma 1,
lett. d), del Provvedimento, è posto a carico dell’erogatore anche nei casi in cui
egli non operi un prelievo alla fonte o perché il creditore pignoratizio non è un
soggetto Irpef ovvero perché le somme erogate non hanno natura reddituale
(salvo quanto si dirà in seguito in merito alle somme erogate agli Agenti della
riscossione) o non scontano ritenute alla fonte in base alle disposizioni
richiamate.
Nei confronti dei soggetti IRPEF, invece, ai sensi dell’articolo 1 del
Provvedimento, il soggetto erogatore è tenuto ad operare la ritenuta d’acconto nella misura del 20 per cento sulle somme assoggettabili a ritenuta ai sensi delle
disposizioni contenute nel titolo III del Decreto del Presidente della Repubblica
29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni, nell’articolo 11, commi 5,
6 e 7 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 nonché nell’articolo 33, comma 4, del
Decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1988, n. 42. Ne consegue che
il prelievo alla fonte non deve essere effettuato se la somma non rientra fra quelle
assoggettabili a ritenuta in base alle richiamate disposizioni.
Ad esempio, se il dipendente (creditore pignoratizio), in esecuzione di una
sentenza di condanna del datore di lavoro (debitore) al pagamento di retribuzioni
arretrate, ottiene il pignoramento delle somme giacenti su un conto corrente
bancario del datore di lavoro, l’istituto bancario (terzo erogatore) sarà tenuto ad
effettuare la ritenuta del 20 per cento all’atto del pagamento delle somme in
favore del dipendente, trattandosi di redditi di lavoro dipendente, per i quali, a
norma dell’art. 23 del DPR 600/73, è previsto il prelievo alla fonte.
Ugualmente, sarà tenuto ad operare la ritenuta il terzo che eroga ad un soggetto
IRPEF utili o dividendi su partecipazioni sociali per i quali l’art. 27 del DPR n.
600 del 1973 prevede l’assoggettamento ad imposta mediante ritenuta alla fonte.
Ad analoghe conclusioni si perviene nel caso in cui il terzo eroghi somme di cui
all’art. 11, commi 5 e 6, della legge n. 413 del 1991 (indennità di esproprio,
occupazione temporanea, risarcimento danni da occupazione acquisitiva, ecc..)
per le quali il successivo comma 7 ne prevede, all’atto della corresponsione, una
ritenuta alla fonte nella misura del 20 per cento.
Viceversa, se il locatore di un immobile (creditore pignoratizio), in esecuzione
di una sentenza di condanna del locatario (debitore) al pagamento di pigioni di
affitto arretrate, riesce a pignorare lo stipendio dell’inquilino presso il suo datore
di lavoro (terzo erogatore), quest’ultimo non deve effettuare alcuna ritenuta, in
quanto i redditi di fabbricato non rientrano tra quelli che, ai sensi delle
disposizioni enunciate, devono essere assoggettati a ritenuta alla fonte.
Analogamente, la ritenuta non andrà effettuata se il terzo eroga somme che
costituiscono componenti positive del reddito d’impresa, ad eccezione delle
ipotesi in cui anche per tale tipologia di reddito è previsto un prelievo alla fonte,
come nel caso di provvigioni inerenti a rapporti di commissione (articolo 25 -bis
del DPR 600 del 1973) o di corrispettivi dovuti dal condominio all’appaltatore
(articolo. 25 -ter del medesimo decreto).
La ritenuta non deve essere, altresì, operata se le somme siano erogate dal terzo a
titolo di risarcimento di un danno emergente, che abbia, cioè, provocato una
lesione effettiva e immediata al patrimonio del creditore pignoratizio (art. 6, co.
2, del Tuir).
Il Provvedimento non pone a carico del terzo obblighi di indagine in merito alla
qualificazione reddituale delle somme, anzi, nel prevedere una ritenuta in misura
fissa, presuppone che il terzo non sia normalmente a conoscenza della tipologia
di reddito che sta erogando.
Ai sensi dell’art. 1, comma 2, del Provvedimento, infatti, “Il terzo erogatore non
effettua la ritenuta se è a conoscenza che il credito è riferibile a somme o valori
diversi da quelli assoggettabili a ritenuta alla fonte……. ” .
In un’ottica di semplificazione e al fine di agevolare l’applicazione della ritenuta,
il terzo è tenuto ad applicarla sempre, poiché la norma non pone a suo carico
obblighi di accertamento.
Tenuto conto dell’esigenza di dare effettività alle condizioni richieste dalla
norma e, in particolare, a quelle evidenziate nei punti 1 e 2 del precedente
paragrafo 1.2, qualora il creditore pignoratizio attesti mediante dichiarazione da
rendersi ai sensi degli artt. 47 e 76 del DPR n. 445 del 2000 l’insussistenza, in
tutto o in parte, di tali condizioni, il terzo erogatore è esonerato dall’obbligo di
operare la ritenuta. Con la suddetta dichiarazione, il creditore pignoratizio
comunica al terzo anche l’ammontare eventualmente corrispondente all’imposta
sul valore aggiunto che non deve essere assoggettato a ritenuta.
L’Amministrazione Finanziaria potrà riscontrare la correttezza di quanto
dichiarato dal creditore pignoratizio atteso che il terzo erogatore è tenuto a
indicare nel proprio modello 770 i dati relativi al pagamento effettuato anche
nell’ipotesi in cui non abbia operato la ritenuta in argomento.

In caso di dichiarazione mendace, ferme restando le sanzioni penali, la
circostanza che il creditore non indichi nella propria dichiarazione dei redditi le
somme percepite, in sede di accertamento dovrà essere valutata come circostanza
aggravante ai fini dell’applicazione delle correlate sanzioni.
Nel caso in cui la somma da erogare comprenda crediti di diversa natura, aventi
rilevanza reddituale soltanto in parte, il terzo erogatore applicherà la ritenuta solo
sulla parte imponibile che il creditore pignoratizio indica nella dichiarazione di
cui sopra. Conseguentemente, il terzo erogatore sarà tenuto a indicare nella
dichiarazione dei sostituti di imposta i vari importi corrisposti, specificando per
quali di essi è stato effettuato il prelievo alla fonte e in che misura.
Se, per esempio, nella somma da corrispondere pari a 100 euro, sono compresi
compensi per prestazioni di lavoro autonomo pari a 70 euro, imposta sul valore
aggiunto pari a 14 euro (20per cento di 70) e spese anticipate dal professionista
in nome e per conto del cliente pari a 16 euro, la ritenuta deve essere effettuata
solo sui compensi, pari a 70 euro, in quanto le restanti somme non scontano
prelievo fiscale.
Se, invece, nella somma da corrispondere, pari a 100 euro, sono compresi
compensi per prestazioni di lavoro autonomo pari a 70 euro, imposta sul valore
aggiunto pari a 14 euro e interessi moratori o dilatori pari a 16 euro, le ritenute
devono essere applicate sui compensi, pari a 70 euro, e altresì sugli interessi, pari
a 16 euro, posto che questi ultimi, a mente dell’art. 6, comma 2, del Tuir,
costituiscono redditi della stessa natura di quelli da cui derivano i crediti su cui
tali interessi sono maturati.
Infine, qualora dal provvedimento del giudice dovesse risultare che le somme da
erogare sono già al netto di ogni ritenuta di legge, il terzo erogatore deve operare
il prelievo alla fonte del 20 per cento, ricorrendone le condizioni, se il creditore
non è in grado di dimostrare l’avvenuta effettuazione della ritenuta. Ad esempio,
se l’ordinanza di assegnazione dispone che le somme (crediti di lavoro) pignorate
dal dipendente (creditore pignoratizio) presso la banca (terzo pignorato) del
datore di lavoro (debitore) sono già al netto delle ritenute di legge, il dipendente,
per non subire l’ulteriore decurtazione del 20 per cento (ritenuta che deve
applicare la banca/terzo pignorato), deve dimostrare che il datore di lavoro ha già
applicato sulle retribuzioni per le quali è stato attivato il pignoramento le ritenute
di cui all’articolo 23 del DPR n. 600 del 1973.
Rimane fermo, in ogni caso, l’obbligo del terzo erogatore di riportare nel proprio
modello 770 le somme erogate con indicazione o meno della avvenuta
effettuazione della ritenuta del 20 per cento.

1.4 Doppia ritenuta
Le somme da corrispondere al creditore pignoratizio potrebbero scontare una
ulteriore ritenuta rispetto a quella che il terzo erogatore è tenuto ad effettuare in
base alla nuova disciplina (art. 21, comma 15, legge n. 449/1997). Come meglio
avanti precisato, ciò si verifica, in particolare, nell’ipotesi in cui il terzo erogatore
sia anche sostituto d’imposta nei confronti del debitore (per esempio, in qualità di
suo datore di lavoro).
Bisogna osservare, infatti, che in caso di pignoramenti presso terzi, coesistono e
rilevano due distinti rapporti obbligatori: quello fra il debitore e il creditore
pignoratizio, che sfocia nella procedura esecutiva, e quello fra il debitore e il
terzo erogatore, a sua volta debitore del primo, che giustifica l’esecuzione presso
il terzo medesimo. I crediti oggetto di pignoramento, infatti, sono quelli che il
debitore vanta nei confronti del terzo esecutato e che quest’ultimo estingue
effettuando il pagamento, anziché nelle mani del proprio creditore (il debitore nel
meccanismo del pignoramento), in quelle di un terzo soggetto (il creditore
pignoratizio ), con effetti liberatori nei confronti del primo (il debitore ).
Ne consegue che la somma oggetto di pignoramento potrebbe avere una duplice
rilevanza da un punto di vista fiscale ed obbligare il terzo esecutato ad un duplice
prelievo alla fonte.
Si pensi all’ipotesi in cui un professionista vanti un credito nei confronti di un
suo cliente e instauri un giudizio per la soddisfazione di tale credito. Se la
sentenza di condanna del cliente esita in una esecuzione forzata comportando il
pignoramento di una quota dello stipendio del cliente presso il suo datore di
lavoro, quest’ultimo (terzo erogatore) sarà tenuto ad effettuare una duplice
ritenuta alla fonte: quella relativa al reddito di lavoro dipendente in forza dell’art.
23 del DPR n. 600/1973 e quella di cui all’articolo 21, comma 15, della L. n. 449
del 1997, come modificato dall’art. 15, comma 2, del DL n. 78 del 2009.
In tali casi, se il pignoramento ha per oggetto somme considerate al netto della
ritenuta relativa al reddito derivante dal rapporto intercorrente fra terzo erogatore
e debitore (nell’esempio, quella relativa al reddito di lavoro dipendente), non si
pongono particolari problemi, in quanto il terzo (che nell’esempio è anche datore
di lavoro) dovrà operare la sola ritenuta ai sensi dell’art. 21, comma 15, della
legge n. 449 del 1997, nel presupposto che abbia già operato la ritenuta
ordinariamente prevista (nell’esempio, per il reddito di lavoro dipendente).
Particolari problemi potrebbero, invece, sorgere laddove il pignoramento abbia
ad oggetto somme considerate al lordo della prima ritenuta, quella cioè, relativa,
nell’esempio, al reddito di lavoro dipendente. In tal caso, infatti, posto che:
o sulla base del provvedimento di assegnazione del giudice, il terzo è tenuto
a corrispondere al creditore l’esatto ammontare delle somme assegnate, al
netto della ritenuta prevista dalla nuova disposizione,
o il terzo è comunque tenuto ad operare anche la ritenuta ordinariamente
prevista per il reddito di lavoro dipendente,
qualora le somme disponibili presso il terzo esecutato non siano sufficienti, in
tutto o in parte, a garantire l’effettuazione di entrambe le ritenute, il debitore
(sostituito) è obbligato a fornire al terzo erogatore (sostituto) le somme
necessarie al versamento, fermo restando che il sostituto dovrà comunque versare
le ritenute all’erario nei termini ordinariamente previsti, anche se il sostituito non
ha ancora provveduto al pagamento (Circ. n. 326 del 1997, paragrafo n. 3.2).
In tal modo è assicurato l’esatto adempimento da un lato dell’ordine contenuto
nel provvedimento giurisdizionale, dall’altro delle disposizioni generali in
materia di sostituzione d’imposta.

Peraltro, posto che in sede di espropriazione forzata, assume un ruolo
fondamentale l’udienza in cui il terzo è chiamato a comparire e ad asseverare
l’esistenza e l’ammontare del debito ai sensi dell’art. 547 del c.p.c., sarebbe
opportuno che in detta sede il terzo esecutato rappresenti di essere il soggetto
tenuto alla effettuazione anche del prelievo alla fonte in qualità di datore di
lavoro, in modo che la somma che costituirà oggetto di pignoramento e di
successiva assegnazione sia quella che residua al netto di tale prelievo.

2. ADEMPIMENTI A CARICO DEL TE RZO EROGATORE
Il Provvedimento, al fine di consentire le operazioni di controllo da parte
dell’amministrazione finanziaria, prevede, a carico dei soggetti interessati,
determinati adempimenti di certificazione, comunicazione e dichiarazione.
In particolare, l’art. 2 del Provvedimento prevede che il terzo erogatore:
1. operi e versi la ritenuta d’acconto del 20 per cento sulle somme pignorate
utilizzando l’apposito codice tributo;
2. comunichi al debitore l’ammontare delle somme erogate al creditore
pignoratizio e delle ritenute effettuate;
3. certifichi al creditore pignoratizio l’ammontare delle somme erogate e
delle ritenute effettuate entro i termini previsti dall’art. 4, comma 6- quater
del DPR n. 322/1998;
4. indichi nella dichiarazione dei sostituti di imposta i dati relativi al debitore
e al creditore pignoratizio, nonché le somme erogate e le ritenute
effettuate. Detta indicazione deve essere effettuata anche se non sono state
operate ritenute.

2.1 Misura e versamento della ritenuta
In relazione al punto n. 1, al fine di semplificare l’adempimento del terzo, è
previsto che l’importo della ritenuta è sempre pari al 20 per cento e prescinde
dalla categoria reddituale cui è riconducibile la somma erogata o parte di essa.
Inoltre, il versamento della ritenuta deve essere eseguito entro il giorno 16 del mese successivo a quello di applicazione della ritenuta ai sensi degli artt. 8 del
DPR n. 602/1973 e 18 del D.Lgs n. 241 del 1997, utilizzando il codice tributo n.
1049, istituito mediante Risoluzione n. 18/E del 9 marzo 2010.
Per le Amministrazioni dello Stato di cui all’art. 29, commi 1 e 3, del DPR n. 600
del 1973, che non utilizzano il Modello F-24 per il versamento delle ritenute,
continueranno ad applicarsi le disposizioni specifiche relative al versamento della
ritenuta diretta.

2.2 Comunicazione al debitore delle somme erogate al creditore pignoratizio
In relazione al punto n. 2, si fa presente che il Provvedimento non prevede
particolari termini e formalità per la comunicazione che il terzo erogatore deve
inviare al debitore.
Tuttavia, nonostante la mancata previsione di un termine di scadenza, si ritiene
che la predetta comunicazione debba essere effettuata nei termini utili affinché il
debitore possa riportare i dati nella propria dichiarazione di sostituto d’imposta.
In tal modo il debitore può osservare tempestivamente l’adempimento posto a
suo carico dal successivo articolo 4, comma 1, del Provvedimento e cioè indicare
i dati relativi al creditore pignoratizio e alla natura delle somme oggetto del
debito nella propria dichiarazione di sostituto d’imposta.
Si ritiene che i dati possano essere comunicati al debitore anche in un’unica volta
in relazione all’intero periodo d’imposta per il quale deve essere presentata la
dichiarazione dei sostituti d’imposta.
Per quanto concerne le modalità di trasmissione dei dati, in assenza di indicazioni
al riguardo, si ritiene che gli stessi possano essere inviati in forma libera, anche
mediante sistemi telematici, purchè se ne possa riscontrare l’avvenuto invio.
Con riferimento, infine, ai destinatari della predetta comunicazione, in caso di
liquidazione, trasformazione, fusione, scissione o, se persona fisica, in caso di
morte del debitore, i dati devono essere comunicati ai soggetti tenuti agli obblighi
dichiarativi ai fini delle imposte sul reddito, in base alle disposizioni di cui agli
artt. 5, 5- bis e 5- ter del DPR n. 322/1998.

La comunicazione, inoltre, deve essere effettuata anche nell’ipotesi in cui il
debitore non rivesta la qualità di sostituto di imposta e nell’ipotesi in cui il terzo
erogatore non abbia operato le ritenute.

2.3 Certificazione della ritenuta nei confronti del creditore pignoratizio
In relazione al punto n. 3, si osserva che l’obbligo di certificare al creditore
pignoratizio l’ammontare delle somme erogate e delle ritenute effettuate di cui
questi deve tener conto in sede di dichiarazione, deve essere osservato entro
l’ordinario termine del 28 febbraio dell’anno successivo a quello in cui le somme
sono state corrisposte. La certificazione non è soggetta a particolari formalità e
deve riportare le somme erogate e le ritenute effettuate.
Se le somme erogate costituiscono redditi di lavoro dipendente o assimilati,
qualora il creditore pignoratizio (lavoratore dipendente o collaboratore) intenda
chiedere al proprio attuale datore di lavoro di tenerne conto in sede di
conguaglio, ai sensi dell’art. 23, comma 4, del DPR n. 600/1973, il terzo
erogatore (ad es. la banca del datore di lavoro inadempiente) dovrà consegnare la
predetta certificazione entro 12 giorni dalla richiesta da parte del creditore
pignoratizio.
Se l’ordinanza di assegnazione del giudice è riferita a più creditori, il terzo
erogatore dovrà rilasciare tante certificazioni quanti sono i destinatari del
provvedimento di assegnazione. Così, ad esempio, se il difensore del creditore
pignoratizio ha chiesto, in proprio e nella sua qualità di procuratore, l’esecuzione
della sentenza di condanna del debitore al pagamento di somme sia nei confronti
dell’assistito per i crediti a quest’ultimo riferiti, sia nei propri confronti per le
spese distratte in suo favore, il terzo erogatore dovrà consegnare due distinte
certificazioni: una al soggetto assistito, per le somme a costui riferibili, e l’altra al
difensore, per le somme a costui riferibili; in tal caso, infatti, entrambi i soggetti
assumono la veste di creditori pignoratizi.
Se nell’ordinanza non è specificata la misura dell’importo riferibile a ciascun
creditore, in mancanza di puntuale indicazione da parte dei creditori interessati, mediante dichiarazione da rendere ai sensi del DPR n. 445 del 2000, il terzo
erogatore provvederà ad imputare ai creditori le somme e le ritenute in parti
uguali.

2.4 Obblighi dichiarativi del terzo erogatore in qualità di sostituto d’imposta
In relazione al punto n. 4, infine, il terzo erogatore deve indicare nella propria
dichiarazione dei sostituti d’imposta (Modello 770) i dati relativi al debitore e al
creditore pignoratizio, nonché le somme erogate e le ritenute effettuate. Detto
adempimento deve essere effettuato anche se il terzo non ha applicato alcuna
ritenuta, ad esempio perché le somme non hanno rilevanza reddituale.
Come detto, la necessità di espletare tale adempimento, a cura del terzo, anche in
mancanza di ritenuta, consente all’amministrazione finanziaria di esercitare i
dovuti controlli, anche incrociati, al fine di recuperare a tassazione eventuali
imponibili non dichiarati dal creditore .

3. ADEMPIMENTI A CARICO DEL CREDITORE PIGNORATIZIO

3.1. Indicazione delle somme nella dichiarazione dei redditi
L’art. 3 del Provvedimento stabilisce che “Il creditore pignoratizio è tenuto a
indicare i redditi percepiti e le ritenute subite nella dichiarazione dei redditi
anche se si tratta di redditi soggetti a tassazione separata, a ritenuta a titolo di
imposta o a imposta sostitutiva”.
Come precisato nelle motivazioni del Provvedimento, nello spirito della norma
che prevede in capo al terzo erogatore la effettuazione di una ritenuta alla fonte a
titolo d’acconto nella misura del 20 per cento, la tassazione definitiva delle
somme è affidata al creditore pignoratizio, anche nel caso in cui le somme
erogate configurino redditi soggetti a tassazione separata, o soggetti a ritenuta a
titolo di imposta o a imposta sostitutiva.

3.2 Scomputo delle ritenute

Le ritenute subìte dal creditore pignoratizio in forza del Provvedimento potranno
essere scomputate dall’imposta risultante dalla dichiarazione. Al riguardo si
osserva che se l’ammontare delle ritenute subìte è superiore all’imposta risultante
dalla dichiarazione, il creditore pignoratizio avrà diritto, a sua scelta, di
scomputare l’eccedenza dall’imposta relativa al periodo di imposta successivo o
di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi.
Naturalmente, in ipotesi di somme riferite a redditi di lavoro dipendente e
assimilati, il creditore pignoratizio potrà richiedere al proprio datore di lavoro di
tenerne conto in sede di conguaglio ai sensi dell’art. 23, comma 4, del Decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, consegnando la
certificazione rilasciatagli dal terzo erogatore
Inoltre, qualora le somme costituiscano reddito di impresa, già tassato secondo i
principi di imputazione per competenza, e il terzo erogatore abbia operato la
ritenuta, il creditore pignoratizio avrà diritto di scomputare le ritenute subite nella
dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta in cui le somme pignorate
sono erogate.

4. ADEMPIMENTI A CARICO DEL DEBITORE
L’art. 4, comma 1, del Provvedimento stabilisce che “Il debitore tenuto alla
presentazione della dichiarazione di cui all’art. 4, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, deve indicare i dati relativi
al creditore pignoratizio e alla natura delle somme oggetto del debito”.
La riportata disposizione prevede che il debitore delle somme debba procedere
alla indicazione dei dati relativi al creditore pignoratizio e al rapporto che ha dato
origine alla controversia nella dichiarazione dei sostituti d’imposta.
La dichiarazione del debitore in relazione alla natura del debito costituisce un
elemento significativo e di grande attendibilità, posto che, nei pignoramenti
presso terzi, il debitore è senza dubbio il soggetto che più di ogni altro risulta in
grado di fornire all’amministrazione finanziaria informazioni precise e dettagliate
in merito alla natura delle somme debitorie al fine di verificarne, in sede di
controllo, la corretta qualificazione fiscale.
Inoltre, l’art. 4, comma 2, del Provvedimento prevede che “Il debitore non è
tenuto ad effettuare le operazioni di conguaglio, di cui agli articoli 23, 24 e 29,
del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in
relazione alle somme corrisposte dal terzo erogatore”.
Ne consegue che, anche se le somme erogate dal terzo hanno natura di reddito di
lavoro dipendente o assimilato, il debitore delle stesse non deve tenerne conto in
sede di conguaglio. Occorre considerare, infatti, che il debitore potrebbe risultare
estinto o non più operativo.
Nonostante non ricorra alcun obbligo in capo al debitore di effettuare operazioni
di conguaglio, resta fermo quanto osservato nel paragrafo precedente in relazione
alla possibilità del creditore pignoratizio di richiedere al debitore, ove operativo e
sostituto di imposta, di tenerne conto in sede di conguaglio ai sensi del
richiamato art. 23, comma 4, del DPR n. 600/1973, consegnando la certificazione
rilasciatagli dal terzo erogatore.

5. SPESE DI LITE DISTRATTE IN FAVORE DEL DIFENSORE DEL
CREDITORE PIGNORATIZIO
Con particolare riferimento alle spese di lite distratte in favore dell’avvocato del
creditore pignoratizio si osserva che, anche qualora non ricorra l’ipotesi
considerata nel paragrafo 2.3 in cui il difensore chiede il pignoramento oltre che
nell’interesse del cliente anche nel proprio, le spese processuali distratte in favore
del difensore del creditore pignoratizio per il giudizio di esecuzione sono
anch’esse soggette alla ritenuta del 20 per cento in quanto indicate nell’ordinanza
di assegnazione.

6. LA TUTELA ESECUTIVA AZIONATA DALL’AGENTE DELLA
RISCOSSIONE

Con riferimento alle procedure esecutive promosse dall’Agente della riscossione
per il recupero dei crediti, si ritiene che non trovino applicazione le norme sul
prelievo alla fonte dettate dal Provvedimento, esonerando il terzo erogatore dalla
effettuazione di ogni adempimento.
Infatti, in considerazione della ratio che ispira la nuova disciplina, finalizzata al
recupero di materia imponibile, evitando di affidarsi all’autotassazione del
creditore pignoratizio, nelle suddette ipotesi tale pericolo non ricorrerebbe dal
momento che il creditore pignoratizio coincide con l’Agente della riscossione,
cioè il soggetto al quale l’Agenzia delle Entrate affida la riscossione dei tributi.
Inoltre, i crediti per i quali si procede, avendo natura prevalentemente tributaria,
non potrebbero scontare un ulteriore prelievo fiscale.
Peraltro, posto che l’Agente della riscossione non è un soggetto Irpef, verrebbe
meno in capo al terzo erogatore l’obbligo di effettuare la ritenuta alla fonte, in
base a quanto precisato nel precedente paragrafo 1.2.

7. LA TUTELA ESECUTIVA DEGLI ASSEGNI PERIODICI PER IL
MANTENIMENTO DEL CONIUGE
Gli assegni periodici corrisposti per il mantenimento del coniuge in conseguenza
di separazione legale ed effettiva, scioglimento, annullamento o cessazione degli
effetti civili del matrimonio, costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro
dipendente ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. i), del TUIR, nella misura in cui
risultano da provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria; gli stessi assegni, ove
corrisposti da un soggetto che rivesta la qualità di sostituto di imposta, sono
soggetti a ritenuta alla fonte ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 24 del DPR
n. 600 del 1973.
E’ importante rammentare che, per espressa previsione normativa, gli assegni
destinati al mantenimento dei figli non costituiscono reddito (art. 3, comma 3,
lett. b), del TUIR). Pertanto, qualora il provvedimento del giudice non distingua
la quota dell’assegno destinata al mantenimento dei figli, l’assegno si considera destinato al coniuge per la metà del suo ammontare (art. 3 del DPR n. 42 del
1988).
Tanto premesso, si osserva che l’ordinamento giuridico vigente prevede norme
specifiche per garantire al coniuge avente diritto la concreta attuazione del
credito periodico di mantenimento. Si tratta, in particolare, di forme di tutela più
immediate ed efficaci rispetto a quelle previste, in via generale, per il recupero e
l’attuazione dei crediti, in considerazione della speciale delicatezza degli interessi
giuridici coinvolti nell’ambito del diritto di famiglia (art. 156, comma 6, del c.c.
per la separazione e art. 8 della legge n. 898 del 1970 per il divorzio).
Le procedure contemplate nelle accennate disposizioni, proprio perchè finalizzate
ad assicurare al coniuge avente diritto una tutela esecutiva più immediata, non
sono scandite dalle fasi che generalmente caratterizzano la ordinaria procedura di
pignoramento di cui agli articoli 543 e seguenti del c.p.c.
Il carattere speciale delle procedure esecutive contemplate nell’ambito del diritto
di famiglia, unitamente a esigenze di semplificazione degli adempimenti a carico
del terzo erogatore, il quale, peraltro, non è tenuto a individuare la parte
dell’assegno destinata al mantenimento dei figli, comporta che le somme in
questione non devono essere assoggettate alla presente ritenuta, fermo restando
l’obbligo del terzo erogatore di indicarle nel proprio modello 770, nella sezione I
del prospetto SY.
Diversamente, se il terzo erogatore conosce la natura delle somme che sta
erogando (ad esempio, perché datore di lavoro del coniuge obbligato), applicherà
le ordinarie ritenute previste per tale tipologia di reddito.


Fonte: Agenzia Entrate

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