La vicenda giunta dinanzi ai togati europei è relativa al ricorso presentato dalla Commissione europea in merito alla interpretazione di una normativa nazionale in materia di soggettività passiva Iva di gruppo. In particolare, la Svezia avrebbe male interpretato l’articolo 11 della direttiva 2006/112/CE, laddove si limita alle imprese del settore finanziario e assicurativo la possibilità di formare un gruppo di persone da considerarsi quale unico soggetto passivo ai fini dell’Iva.

Il procedimento precontenzioso
La Commissione inviava, nel settembre 2008, una lettera di diffida al Regno di Svezia, invitandolo a presentare osservazioni in merito alle disposizioni della legge in materia di Iva, ritenute  in contrasto con l’articolo 11 della direttiva Iva nella parte in cui limitano l’applicazione del regime relativo ai gruppi Iva ai prestatori di servizi finanziari e di servizi assicurativi. Nella risposta, le autorità svedesi sostenevano che le disposizioni della legge in materia di Iva non fossero contrarie alla direttiva Iva. Ecco che allora, non soddisfatta di tale risposta, la Commissione emanava un parere motivato, cui la Svezia rispondeva facendo presente di voler insistere sulla posizione espressa nella propria risposta alla lettera di diffida. Ciò premesso, la Commissione decideva di proporre il presente ricorso.

Il ricorso della Commissione europea
Con il proprio ricorso la Commissione europea ha chiesto alla Corte di dichiarare che, limitando in pratica ai prestatori dei servizi finanziari e assicurativi la possibilità di formare un gruppo di persone che possano essere considerate quale unico soggetto passivo ai fini dell’imposta, il Regno di Svezia è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto. la Commissione europea chiama, a sostegno del proprio ricorso, il principio di parità di trattamento laddove, nel parere motivato, essa ha dichiarato che l’interpretazione dell’articolo 11 della direttiva IVA discende dal principio di neutralità fiscale.

Sul ricorso
La direttiva Iva, 2006/112/CE, all’articolo 11 dispone, che ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi. Uno Stato membro che esercita la suddetta opzione, può adottare le misure necessarie a prevenire l’elusione o l’evasione fiscale mediante l’esercizio di tale disposizione.                                                                                              
L'intervento della Finlandia
La Finlandia, intervenuta a sostegno della Svezia, ha ritenuto che gli atti non consentano di determinare chiaramente se la Commissione contesti la violazione del principio di neutralità fiscale ovvero la violazione del principio di parità di trattamento. Secondo giurisprudenza della Corte, gli elementi di fatto e di diritto sui quali il ricorso è fondato devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo stesso mentre, l’oggetto della controversia è definito dal procedimento precontenzioso e dev’essere quindi fondato sugli stessi motivi e mezzi esposti nel parere motivato. La Commissione, si difende, ritenendo di non aver ampliato o modificato l’oggetto della controversia rispetto al parere motivato deducendo, a sostegno del ricorso, un argomento attinente alla violazione del principio di parità di trattamento. I togati europei sottolineano come gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali il ricorso è fondato devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo stesso. Nei fatti di causa, pertanto, emerge chiaramente che la Commissione invoca, a sostegno del ricorso, non la violazione del principio di neutralità fiscale, bensì la violazione del principio di parità di trattamento. Ne discende che il principio di parità di trattamento in materia tributaria non coincide con il principio di neutralità fiscale. Da una lettura dell’articolo 11 della direttiva Iva emerge come l’applicazione di tale disposizione, da parte di uno Stato membro, implica che la possibilità di appartenere ad un gruppo Iva sia aperta a tutte le imprese stabilite sul territorio dello Stato medesimo. Per altro verso, la legge in materia di Iva non si pone in contrasto né con il principio di neutralità fiscale né con quello di parità di trattamento. Si deve rilevare, quindi, che la Commissione non ha dimostrato che la limitazione alle imprese del settore finanziario ed assicurativo dell’applicazione del regime previsto dall’articolo 11 della direttiva Iva sia contraria al diritto dell’Unione.

La pronuncia
A conclusione delle considerazioni che i giudici della quarta sezione, della Corte di giustizia europea, il giudizio finale è nel senso di ritenere, necessariamente, come nel ricorso presentato dalla Commissione non è stato dimostrato che la limitazione alle imprese del settore finanziario ed assicurativo dell’applicazione del regime previsto dall’articolo 11 della direttiva Iva sia contraria al diritto dell’Unione.


Fonte: procedimento C-480/10

0 commenti:

 
Top