L’imposizione ai fini Iva dà luogo a tre rapporti distinti e separati tra loro: a) tra amministrazione finanziaria e cedente per l’adempimento degli obblighi Iva; b) tra cedente e cessionario ai fini della rivalsa obbligatoria; c) tra l’amministrazione ed il cessionario per quanto concerne la detrazione dell’imposta assolta a titolo di rivalsa nei confronti del cedente. Inoltre, data la neutralità del tributo, che colpisce solo il consumatore finale del bene/servizio, il cedente riscuote l’imposta dal cessionario e quest’ultimo detrae l’imposta assolta a titolo di rivalsa. L’autonomia tra detti rapporti comporta in linea di principio che, in caso di imposta versata indebitamente (ad esempio, in caso di operazioni c.d. esenti), il cedente possa chiedere il rimborso dell’Iva all’erario nonostante il cessionario abbia provveduto a detrarre l’imposta assolta sull’acquisto. Poiché ne deriverebbe un danno per l’erario, concernente l’imposta indebitamente portata in detrazione, la Cassazione, sulla scia della giurisprudenza comunitaria, ha affermato che l’imposta indebitamente fatturata può essere regolarizzata per mantenere la neutralità del tributo (ad esempio, con istanza di rimborso), ma a condizione che sia “eliminato completamente il rischio di perdite di entrate fiscali” per l’erario (Corte di giustizia UE, C-454/98, sent. del 19 settembre 2000). Tale rischio può essere rappresentato dall’Iva che il cessionario abbia indebitamente detratto.

Sentenza n. 4020 del 14 marzo 2012 (udienza 15 dicembre 2011)
Cassazione civile, sezione V - Pres. D’Alonzo Michele - Est. Valitutti Antonio
Iva – Operazioni esenti – Indebita fatturazione del tributo – Recupero dell’imposta – Indebita detrazione – Eliminazione del danno per l’erario

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