Già da mesi, ma in particolare nel marzo 2012, tutti hanno parlato della riforma del lavoro "Monti-Fornero".
La riforma riguarderebbe quasi l'intero diritto del lavoro ed i sindacati sarebbero d'accordo, tranne che per le modifiche all'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, per cui il dissenso iniziale della Cgil s'è poi esteso alle altre Confederazioni, con il rischio di bloccare tutto. Per andare avanti si dice che l'à¿Â«art. 18à¿Â» non deve diventare un simbolo, ma è ambivalente: non-simbolo per opporsi alla riforma, ma non-simbolo neppure per imporre a tutti i costi la riforma. Il centro della riforma è però nell'à¿Â«art. 18à¿Â».
A quanto sembra, o almeno così dicono i giornali, non ci sarebbe ancora un testo definitivo della riforma del lavoro “Monti-Fornero” (dai nomi del Presidente del Consiglio e del Ministro del lavoro), ma il 23 marzo 2012 è andato su tutti i siti un articolato ed una lunga relazione, di cui si deve dire qualcosa di necessariamente provvisorio, come ormai tutto è provvisorio. Il 4 aprile 2012 i giornali hanno riferito di importanti modifiche.

La riforma si occupa dei contratti, dell’«art. 18», degli ammortizzatori sociali. Quest’ultima è la materia più importante, ma è previsto un rinvio lungo al 2017 che stempera qualunque polemica.

Sui contratti si fa e non si fa. Certo, il diritto non crea posti di lavoro, ma potrebbe aiutare e soprattutto dare un po’ di stabilità ai precari. «Si fa» liberalizzando il primo contratto a termine, senza più bisogno di causale, ma «non si fa» o meglio si peggiora perché in questo modo si rischia veramente il “precariato a vita” per i lavoratori che passano da un datore di lavoro all’altro.

Per vari contratti, oggetto sempre più spesso di abusi (lavoro intermittente, voucher, part time verticale), si prevede l’obbligo di comunicazione preventiva per evitare che si faccia finta d’aver cominciato solo al momento dell’ispezione.

Sul lavoro a progetto, mentre in un primo momento s’era proposta l’eliminazione dello stesso «progetto o programma», ora si dice che il «progetto» dovrebbe essere limitato alle professionalità più alte e non potrebbe coincidere con l’oggetto sociale: l’ultima formula è strana, oltre che irreale, perché tutto rientra nell’oggetto sociale. Si dovrebbero aumentare i contributi previdenziali fino a raggiungere nel 2018 le aliquote dei dipendenti; se ci si riuscirà, la distinzione fra subordinazione ed autonomia sarà superata, ma solo se ci si riuscirà, in un futuro non prossimo. L’associazione in partecipazione è sostanzialmente vietata (tranne che per i parenti di 1° grado ed il coniuge), arrivando finalmente a prendere atto che c’erano solo abusi.


Fonte: IPSOA

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