Se il contribuente non prova che il mancato adempimento alle richieste dell'ufficio è dovuto esclusivamente a causa a lui non imputabile, o comunque non è dovuto a sua negligenza, i documenti tardivamente prodotti non potranno essere presi in considerazione ai fini del giudizio.
La recente sentenza della Ctp di Firenze 52/10/12, del 13 marzo, ha confermato ancora una volta l'importante principio per cui, ai sensi dell'articolo 32, comma 4, Dpr 600/1973 e dell'articolo 51, ultimo comma, Dpr 633/1972, non possono essere presi in considerazione, a favore del contribuente, in sede contenziosa e amministrativa, "le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'Ufficio".

Nel caso all'attenzione dei giudici fiorentini, infatti, l'ufficio, nell'ambito di indagini finanziarie, aveva chiesto al contribuente di fornire giustificazioni in ordine a movimenti bancari "sospetti", ma la richiesta non aveva avuto alcun esito.
Solo in giudizio il contribuente cercava di fornire documentazione giustificativa, che, però, come detto, non veniva presa in considerazione dalla Commissione, la quale anzi evidenziava come, avendo la società omesso di presentare la dichiarazione per gli anni di riferimento e non avendo risposto all'invito rivoltole, era del tutto legittimo l'aver proceduto ad accertamento induttivo (vedi anche Cassazione 8886/2007).

L'indirizzo dei giudici di merito è peraltro conforme al consolidato orientamento della Corte suprema, laddove, da ultimo, i giudici di legittimità, con la sentenza 13289/2011, hanno evidenziato che la Corte costituzionale, investita sub specie di violazione del principio della capacità contributiva ("perché la... decadenza dalla facoltà di produrre documenti in giudizio impedirebbe l'accertamento della effettiva situazione patrimoniale del contribuente e, pertanto, sarebbe causa di imposizione fiscale eccedente la capacità contributiva del medesimo contribuente"), con ordinanza 181/2007, ha già escluso qualsiasi vizio di costituzionalità della norma in riferimento all'articolo 53, comma 1, della Costituzione, chiarendo che "la preclusione prevista dalla norma censurata, risolvendosi in un divieto di allegazione in giudizio dei dati e dei documenti non forniti dal contribuente in risposta all'invito dell'amministrazione finanziaria, opera sul piano esclusivamente processuale ed è perciò inidonea a menomare il principio di capacità contributiva".

Secondo la Corte suprema, inoltre (sentenze 4605/2008 e 21768/2009), l'"inutilizzabilità... deve essere contenuta entro limiti rigorosi che garantiscano il rispetto del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost.", trovando sostanzialmente applicazione solo "quando si sia in presenza di una specifica richiesta o ricerca da parte della Amministrazione e di un rifiuto, o di un occultamento da parte del contribuente".

In altre parole, conclude la Corte "la limitazione alla possibilità della prova è collegata ad uno specifico comportamento del contribuente, che si sottrae alla prova stessa, e dunque fornisce validi elementi per dubitare della genuinità di documenti che abbiano a riaffiorare nel corso del giudizio. Ciò costituisce una giustificazione ragionevole della loro inutilizzabilità; del resto temperata dalla possibilità riconosciuta al contribuente di dimostrare la non volontarietà della sottrazione originaria della documentazione (così come affermato da Cass. 28 gennaio 2002, n. 1030)".

La mancata risposta all'invito, che è sanzionabile, oltre che per rendere più efficace l'attività di accertamento, anche per scoraggiare condotte reticenti e ostruzionistiche, pregiudica quindi il diritto del contribuente a far valere, in sede contenziosa, i documenti non esibiti.

Oltre a ciò, come detto, se il contribuente non risponde, l'ufficio è legittimato a ricorrere all'accertamento induttivo, ai sensi dell'articolo 39, lettera d-bis), del Dpr 600/1973.

Negli inviti degli uffici, del resto, risulta sempre chiaramente evidenziato come "le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri d i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa ai sensi dell'art. 32 del DPR 600/73 …".
In caso dunque di mancata indicazione, in sede amministrativa, dei documenti richiesti dall'ufficio e potenzialmente idonei a superare le contestazioni avanzate in sede di accertamento, le giustificazioni addotte poi in contenzioso devono essere considerate mere circostanze soggettive non potute conoscere dall'ufficio.

La sentenza 12262/2007 della Cassazione ha, a tal proposito, ribadito che "Secondo giurisprudenza di questa Corte è, infatti, da ritenersi che il comportamento omissivo del contribuente, che trascuri di rispondere ai questionari previsti dall'art. 32, n. 4), del D.P.R. n. 600/1973 e non ottemperi alla richiesta di esibizione di documenti e libri contabili relativi all'impresa esercitata, impedendo in tal modo, o comunque ostacolando, la verifica dei redditi prodotti da parte dell'ufficio, valga di per sé solo a ingenerare un più che giustificato sospetto sull'attendibilità di quelle scritture, rendendo "grave" la presunzione di attività non dichiarate (Cfr., per tutte, Cass. n. 19014/2005)".
Nel caso in cui, pertanto, il ricorrente non provi che il mancato adempimento alle richieste dell'ufficio sia esclusivamente dovuto a causa a lui non imputabile, o comunque non sia dovuto a sua negligenza, i documenti (tardivamente) prodotti non potranno essere presi in considerazione ai fini del giudizio.


Fonte: Agenzia Entrate

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