Con una interpretazione estensiva dell¿articolo 6 della legge n. 236/1991 il Ministero del lavoro assimila, ai fini dell¿iscrizione alla lista di mobilita', gli studi professionali alle imprese.
L’interpello n 10/2011 risponde al quesito posto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, volto a chiarire la possibilità, per i dipendenti degli studi professionali licenziati per riduzione di personale o cessazione dell’attività, di essere iscritti alla lista di mobilità di cui all’articolo 6, comma 3, della legge n. 223/1991.

Secondo il richiamato articolo 4 della legge n. 236/1991, possono essere iscritti nelle liste di mobilità i lavoratori licenziati da imprese, anche artigiane o cooperative di produzione e lavoro, che occupano anche meno di quindici dipendenti, licenziati per giustificato motivo oggettivo riconducibile a riduzione, trasformazione o cessazione dell’attività lavorativa.

Il Ministero del lavoro sottolinea che la Corte di Giustizia Europea, decidendo la causa C-32/02 di condanna dell’Italia - per aver mantenuto in essere una normativa nazionale (nella specie la legge 223/1991) che escludeva la tutela dei lavoratori in caso di licenziamento collettivo effettuato da enti non commerciali – ha già sancito che la direttiva n. 98/59/CE individua i «datori di lavoro» come destinatari degli obblighi che da essa scaturiscono e deve applicarsi anche alle persone fisiche o giuridiche che, nell'ambito delle loro attività, sono parti di un rapporto di lavoro ai sensi del diritto comunitario.

Pertanto, secondo la richiamata sentenza della Corte di Giustizia la legge n. 223/9, limitando l'applicazione delle garanzie offerte ai lavoratori in caso di licenziamento, alle sole imprese , esclude indebitamente gli altri datori di lavoro, e ciò appare in contrasto con la citata direttiva che si propone, invece, di estendere le tutele. Il riferimento all’impresa deve, pertanto, essere inteso in senso lato, con ciò consentendo l’iscrizione nelle liste di mobilità anche dei dipendenti degli studi professionali, licenziati per giustificato motivo oggettivo, riconducibile a riduzione, trasformazione o cessazione dell’attività.

Se in possesso di una anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno sei di effettivo lavoro a questi lavoratori può essere riconosciuta anche l’indennità di mobilità in deroga, ai sensi della legge n. 203/2008, n. 2/2009 e n. 33/2009. Queste disposizioni hanno esteso, a categorie di lavoratori che per il settore di attività o per le dimensioni aziendali sono esclusi dagli ordinari ammortizzatori sociali, la cassa integrazione e la mobilità “in deroga”. Pertanto, l’indennità di mobilità in deroga può essere erogata anche dai dipendenti licenziati da studi professionali a seguito della crisi, se posseggono i requisiti richiesti e dichiarano la loro immediata disponibilità al lavoro e a percorsi formativi, senza che rilevi la forma giuridica, individuale o associata, dello studio professionale di provenienza.

(Interpello Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 08/03/2011, n. 10)


Fonte: IPSOA

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