Il trasferimento della residenza nell’immobile acquistato è elemento essenziale per conseguire il beneficio delle agevolazioni prima casa, la cui decadenza non può essere impedita né da motivi di salute riguardanti l’acquirente né da opere di consolidamento dell’edificio limitrofo.
La Corte di cassazione, con la sentenza del 17 ottobre 2014, n. 22002, ha avuto modo di continuare nella sua attività di elaborazione della casistica delle cause di forza maggiore che possono essere invocate dai contribuenti per evitare la decadenza dal beneficio agevolativo previsto per chi acquista un immobile con l’impegno di adibirlo ad abitazione principale.

I fatti in causa
L’Agenzia delle Entrate recuperava a carico di due coniugi le maggiori imposte di registro, catastale e ipotecaria relative all’atto di acquisto di un immobile, non avendo gli stessi trasferito la residenza nel termine di legge.
I contribuenti contestavano l’atto loro notificato invocando il caso fortuito sulla base di due circostanze: le precarie condizioni di salute del marito e i lavori di consolidamento dell’edificio limitrofo a quello da loro acquistato.

La Ctp di Novara accoglieva il ricorso, mentre i giudici di appello, riformandone la decisione, ritenevano legittimo l’operato dell’Amministrazione finanziaria.

I contribuenti, dunque, contestando la sentenza della Ctr sia sotto il profilo della violazione di norme di legge che sotto quello motivazionale, ricorrevano in Cassazione.

La sentenza della Cassazione
I giudici di legittimità, esaminate tutte le diverse doglianze avanzate nel ricorso, le ritengono non fondate.
Premettono, prima di esaminare il merito della controversia, che la realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza rappresenti “un elemento essenziale per il conseguimento del beneficio richiesto e provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto e costituisce un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco”.
Trattandosi dunque di una situazione “inerente ad un comportamento del debitore, nella relativa valutazione va, quindi, tenuto conto della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento, essendo, per contro, irrilevanti le motivazioni soggettive relative al mancato trasferimento della residenza nel comune in cui è ubicato l’immobile acquistato”.

La Cassazione, alla luce di tali osservazioni, riconosce la correttezza delle conclusioni cui sono giunti i giudici di appello i quali, infatti, “dopo aver elencato, con la relativa cadenza temporale, i ricoveri ospedalieri del marito” hanno affermato che “le prime non costituivano di per sé causa oggettivamente impeditiva del trasferimento di residenza “nei termini di legge”, così ponendo in relazione l’impedimento temporale dato dalle prime in riferimento al margine di tempo di diciotto mesi concesso dalla disposizione agevolativa”.
Allo stesso modo, legittimamente, nella sentenza impugnata si è esclusa la possibilità di applicare l’esimente del caso fortuito riguardo ai lavori di consolidamento delle fondazioni di un immobile limitrofo a quello acquistato, in quanto mancava del tutto la prova che gli stessi lavori avessero interessato anche l’edificio per il quale si chiedeva l’applicazione dell’agevolazione.

Nella sentenza in esame, dunque, si esclude la possibilità di riconoscere avverato il caso fortuito o la forza maggiore in mancanza di prove sul verificarsi di cause estranee alla sfera soggettiva del contribuente che abbiano impedito l’adempimento dei presupposti per l’applicazione dell’agevolazione.

Commento
La sentenza in esame rappresenta un ulteriore tassello dell’operazione di definizione dei casi di forza maggiore e caso fortuito che possono evitare la decadenza dall’agevolazione dei benefici prima casa anche in mancanza della realizzazione di tutti i presupposti di legge.
I giudici di legittimità sposano una tesi che, in modo aderente alla ratio della normativa, tende a restringere il campo di applicazione delle esimenti richiamate alle sole ipotesi in cui realmente si configurino accadimenti completamente estranei alla sfera soggettiva dell’acquirente.

La Cassazione, infatti, con la sentenza 841/2013, ha ricordato come sul punto si sia formato un indirizzo giurisprudenziale consolidato (cfr Cassazione, sentenze 1530/2012, 1173/2008, 10151/2002), in base al quale “i benefici fiscali per l’acquisto della prima casa spettano unicamente a chi possa dimostrare in base ai dati anagrafici di risiedere o lavorare nel Comune dove ha acquistato l’immobile senza che, a tal fine, possano rilevare la residenza di fatto o altre situazioni contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile”. In tale decisione, dato l’assunto che il riconoscimento dell’agevolazione non può prescindere dalla realizzazione dei presupposti normativi, si è escluso che il mancato completamento dei lavori di ristrutturazione possa costituire valida ragione per evitare la decadenza dai benefici agevolativi in materia di imposta di registro.

Sotto questo profilo, del resto, i giudici di legittimità avevano già affermato che il protrarsi dei lavori di manutenzione, anche se causato da terzi, comporta la perdita dei vantaggi fiscali richiesti, considerato che il contribuente ha pur sempre la possibilità di trasferire la propria residenza in un immobile ubicato nello stesso comune di quello acquistato (cfr Cassazione, ordinanza 13800/2010).

Nella stessa direzione si può far riferimento anche alla più recente ordinanza 2527/2014, la quale ha escluso la natura di caso fortuito per l’ipotesi di tardivo rilascio del certificato di abitabilità da parte dell’amministrazione locale, trattandosi di circostanza che non ha carattere di oggettivo impedimento al trasferimento della residenza nel comune dell’immobile oggetto del contratto di compravendita.

Allo stesso modo, la Cassazione ritiene legittimo il provvedimento di diniego dell’agevolazione “prima casa” in capo a un soggetto che invochi le infiltrazioni di acquee reflue dall’appartamento del piano di sopra come causa esimente della mancata realizzazione dei presupposti normativi. Trattasi, infatti, di un evento che “non rappresenta in sé un impedimento avente le caratteristiche della forza maggiore (soprattutto considerato l’ampio lasso di tempo entro il quale il trasferimento di residenza avrebbe potuto realizzarsi)” (cfr Cassazione, sentenza 1392/2010).

In un’altra pronuncia, i giudici di piazza Cavour hanno, inoltre, affermato come la circostanza che al momento della stipula del contratto di compravendita di un immobile già locato fosse stato intimato lo sfratto di finita locazione per un termine posteriore a quello previsto dalla legge fiscale per il trasferimento della residenza (diciotto mesi), non possa rappresentare causa di forza maggiore, impeditiva della decadenza dal beneficio prima casa (Cassazione, sentenza 13177/2014).

In tale logica, è evidente che le circostanze riguardanti la sfera personale di chi invoca il riconoscimento del beneficio fiscale sono ancora più irrilevanti. La Cassazione, infatti, ha stabilito, con le ordinanze 8620 e 16082 del 2014, che la perdita dell’agevolazione non può essere impedita dalla separazione coniugale se il contribuente ha ceduto l’immobile acquistato con l’agevolazione “prima casa” entro il quinquennio e non ha provveduto a un nuovo acquisto entro l’anno.

La sentenza in commento, dunque, rappresenta un’ulteriore conferma della bontà delle previsioni contenute nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 140/2008, la quale chiarisce come, per ritenersi verificata una causa di forza maggiore, si debba generare una situazione imprevista e imprevedibile al momento della stipula dell’atto.


Fonte: Agenzia Entrate

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