La Corte di cassazione, pronunciandosi nuovamente in tema di detrazioni/deduzioni tra soggetti passivi d'imposta, nell'accogliere uno dei motivi di ricorso dell'Amministrazione finanziaria, ha chiarito, con ordinanza n. 9 del 3 gennaio, che è il contribuente a dover dimostrare, ai fini della richiesta della detrazione fiscale delle spese, che le operazioni passive sono state effettuate "in stretta connessione con le finalità imprenditoriali". Inoltre, l'inerenza dei costi resta sottoposta alla valutazione del giudice di merito, che deve seguire un "criterio logico".

Il fatto
La vicenda è quella di un giudizio promosso da una Srl a seguito notifica di un avviso di accertamento Iva e Irap, con il quale l'ente impositore aveva recuperato a tassazione le spese portate in detrazione nella dichiarazione annuale.
La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso, con analogo esito in appello, nei cui confronti l'ente impositore propone opposizione in Cassazione denunciando, tra l'altro, carenza di motivazione per non avere la sentenza impugnata valutato sufficientemente le deduzioni dell'appellante sulla mancanza di prova dell'inerenza dei costi.

La decisione
La Suprema corte, con l'ordinanza 9/2013, accoglie in parte il motivo di ricorso dell'Amministrazione finanziaria incentrato sull'insufficienza della motivazione sulla mancata prova dell'inerenza delle spese detratte, confermando il canone di diritto che solo la prova dell'inerenza giustifica la detrazione dell'imposta assolta sugli acquisti, come previsto dall'articolo 19 del Dpr 633/1972 in materia di Iva (per le imposte sui redditi, articolo 109 del Dpr 917/1986).

Nel caso di specie viene, perciò, data ragione all'Agenzia delle Entrate, che ricorreva proprio contro il giudizio della Commissione regionale perché mancante "del criterio logico che ha condotto alla formazione del proprio convincimento".

Inoltre, viene confermato che l'inerenza dei costi resta sottoposta alla valutazione del giudice di merito, il cui vaglio non può essere censurato se non per vizio di motivazione, ma che deve comunque seguire nella valutazione dei fatti di causa un "criterio logico". In altri termini, il requisito dell'inerenza, onere del contribuente, non può essere ridotto al mero ragionamento senza ricorrere a prove di fatto.

Perciò, chiarisce la Corte di legittimità, è principio inderogabile quello secondo cui è il contribuente che invoca la detrazione a dover dimostrare (ex articolo 2697 codice civile), ai fini della richiesta della detrazione/deduzione delle spese sostenute, che le operazioni passive sono state effettuate "in stretta connessione con le finalità imprenditoriali".

Infatti, il giudice di legittimità ha ripetutamente affermato che, se è vero che spetta all'Amministrazione finanziaria, nel quadro dei generali principi che governano l'onere della prova, dimostrare l'esistenza dei fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria, è altrettanto vero che il contribuente che intenda contestare la capacità dimostrativa di quei fatti oppure sostenere l'esistenza di circostanze modificative o estintive dei medesimi, deve dimostrare, a sua volta, gli elementi sui quali le sue eccezioni si fondano (Cassazione, sentenze 10802/2002 e 18762/2006). Da ciò ne è derivato il principio che, in mancanza di elementi certi e precisi da parte del contribuente, non sono deducibili dal reddito di impresa i costi ritenuti dall'ufficio non inerenti (Cassazione 19489/2010).

Inoltre, ai fini della detraibilità dell'Iva, l'esercizio del diritto alla detrazione dell'imposta assolta sugli acquisti comporta, in caso di contestazione da parte dell'ufficio, l'onere di provare l'esistenza dell'operazione. Tale prova deve essere data attraverso idonea documentazione. Pertanto, se il contribuente non è in grado di indicare la fonte, la detrazione deve ritenersi indebita, e l'ufficio provvede a recuperare a tassazione l'imposta detratta (Cassazione 7144/2007 e 27198/2011).

In ambito comunitario, con sentenza causa C-285/11 del 2012, la Corte di giustizia ha ricordato che - coerentemente con l'obiettivo della direttiva 2006/112/Ce - è compito delle autorità e dei giudici nazionali disconoscere il diritto alla detrazione qualora sia dimostrato, in base a elementi oggettivi, che la medesima facoltà è invocata fraudolentemente e abusivamente.

La Cassazione, infine, ha rilevato che il vizio di omessa motivazione ricorre nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito omette di indicare gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede a una loro approfondita disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (Cassazione 11473/2011).

Pertanto, deve considerarsi viziata la sentenza della Commissione tributaria regionale che affermi, senza chiarirne le ragioni, che il contribuente aveva dimostrato l'esistenza e l'inerenza dei costi dell'esercizio.


Fonte: Agenzia Entrate

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