Con la sentenza 1103 del 17 gennaio, la sezione tributaria della Cassazione ha stabilito che è soggetto a tassazione Iva il cittadino sloveno che, con stabile organizzazione, gestisce un'attività di noleggio sci in Italia, in quanto ciò che rileva è il territorio dello Stato dove e quando sono eseguite le prestazioni.

Il fatto
La vicenda narrata dall’articolata sentenza 1103/2013 riguarda un cittadino sloveno, del tutto sconosciuto al Fisco, il quale svolgeva attività di intermediazione turistica in Italia in favore di suoi connazionali per le stagioni invernali. Perciò l’ente impositore gli notificava alcuni avvisi di accertamento Irpef, Irap e Iva, con i quali contestava induttivamente un maggior reddito d’impresa, basato sulle provvigioni percepite, previa deduzione dei costi sopportati in relazione all’attività svolta.

A seguito di rigetto dei relativi ricorsi da parte della Commissione tributaria provinciale, la Commissione regionale, al contrario, riteneva dimostrati i presupposti contestati, confermando l’entità del volume d’affari annuo, ma riducendo il reddito percepito dal contribuente alla metà della provvigione, dato che veniva remunerata anche l’organizzazione slovena alla quale i turisti versavano i relativi acconti.
A tal fine, il giudice dell’appello ha accertato che l’operatore sloveno svolgeva servizi di intermediazione tipici di un’agenzia turistica, la cui parte essenziale dell’organizzazione si svolgeva in Italia (ove l’interessato riceveva i connazionali tramite incaricati sul territorio nazionale, li destinava ai rispettivi alloggi dopo averli scelti, consegnava loro gli ski pass, incassava i corrispettivi prestabiliti, prestava assistenza per eventuali necessità, dimorava nel comprensorio montano in cui operava), attività che aveva interessato più periodi di imposta, convogliando in Italia molte persone e cospicue somme di denaro (i turisti versavano in Slovenia solo un acconto di quanto concordato).

La contesa è quindi approdata in Cassazione, dove il ricorrente ha censurato la sussistenza del requisito di una stabile organizzazione in Italia per il semplice fatto di svolgere – peraltro senza personale dipendente e in assenza di rilevante apporto di capitale – “attività del ricevimento dei turisti, della destinazione ai rispettivi alloggi e della consegna degli ski pass”, mentre sarebbe stato necessario accertare, ai fini della tassazione pro-parte in Italia, la presenza di una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività.

La decisione
Il fatto che non si tratta di “attività assolutamente marginale ed inidonea a qualificare un’attività imprenditoriale”, sostiene la Corte suprema decidendo la vertenza, lo si rileva dalle statuizioni del giudice di secondo grado; infatti, la Ctr ha correttamente applicato le norme che regolano la materia, laddove ha ritenuto assoggettabile a imposizione il reddito prodotto in Italia tramite l’attività di intermediazione turistica svolta dal contribuente con modalità ausiliarie rispetto a quella espletata dall’organizzazione situata in Slovenia. E ha affermato che non è necessaria la sede fissa per rendere imponibili i servizi svolti in parte in Italia.

Premesso che il concetto di stabile organizzazione viene utilizzato per determinare il diritto di uno Stato contraente di assoggettare a tassazione gli utili di un’impresa avente sede nell’altro Stato contraente (articolo 162 del Tuir), in un passaggio centrale della trama argomentativa della pronuncia, il giudice di legittimità chiarisce che la definizione di stabile organizzazione è rinvenibile nell’articolo 5, paragrafo 1, della Convenzione tra Italia e Repubblica Iugoslava contro la doppia imposizione sui redditi e sul patrimonio, che sostanzialmente riproduce il testo dell’articolo 5 del modello Ocse, la cui espressione “sta a designare una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività”.

Pertanto, afferma inequivocabilmente la Cassazione, per l’imponibilità del reddito d’impresa del soggetto non residente (per l’Iva, ai sensi della sesta direttiva n. 77/388/Cee, i servizi sono imponibili nello Stato membro in cui è la sede dell’attività economica svolta dal prestatore), è necessaria l’individuazione dei seguenti elementi:
una presenza che sia incardinata nel territorio dell’altro Stato contraente e dotata di una certa stabilità
una sede d’affari capace, anche solo in via potenziale, di produrre reddito
un’attività autonoma rispetto a quella svolta dalla casa madre.
Così accertata, nel caso concreto, l’assoggettabilità a imposta del reddito prodotto dall’operatore sloveno in Italia, le conclusioni della sentenza impugnata si sottraggono, sul punto, alla censura di violazione di legge sviluppata col motivo di ricorso, perché muovono da una nozione di “stabile organizzazione” che risponde pienamente a quella desumibile dalle numerose pronunce rese sull’argomento dalla Corte di cassazione (sentenze 7682/2002, 6799/2004 e 20597/2011), la quale ha, tra l’altro, chiarito che “l'accertamento dei requisiti del centro di attività stabile, o stabile organizzazione, ivi compresi quello di dipendenza e quello di partecipazione alla conclusione di contratti - o alle sole trattative - in nome della società estera (anche al di fuori di un potere di rappresentanza in senso proprio), deve essere condotto non solo sul piano formale, ma anche - e soprattutto - su quello sostanziale” (Cassazione, pronuncia 10925/2002).


Fonte: Agenzia Entrate

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