Gli strumenti finanziari derivati sono contratti basati sull'andamento di variabili di diversa natura (quotazioni azionarie, tassi di interessi e di cambio, prezzi di merci eccetera) e il termine "derivato" sta, appunto, a indicare la derivazione del valore dello strumento da un'attività o da un altro indice sottostante.
Tali strumenti si prestano a essere utilizzati sostanzialmente per due scopi: una finalità di hedging ossia di copertura dei rischi, in cui la struttura derivata del contratto consente di assumere una posizione opposta a quella da cui origina il rischio che si intende coprire; e una finalità speculativa, in cui, attraverso il derivato, si scommette sull'andamento della variabile sottostante.

Nella ricerca di una definizione di "strumenti finanziari" nell'ordinamento nazionale, considerata la carenza di elementi identificativi, si fa riferimento ai commi 2 e 3 dell'articolo 1 del Dlgs 58/1998 (legge Draghi).
La disciplina civilistica degli strumenti finanziari, infatti, è costituita dal Testo unico bancario (Dlgs 385/1993) e dal Testo unico della finanza (Dlgs 58/1998), i quali prevedono un'attività di vigilanza attribuita alla Banca d'Italia, per gli aspetti di stabilità degli intermediari, e alla Consob, per ciò che concerne la tutela degli investitori.
Con la direttiva europea 2004/39/Ce, nota come Mifid (Markets in financial instruments directive), si sono poi introdotti i principi generali che regolano i mercati finanziari all'interno degli Stati membri dell'Unione, allo scopo di garantirne la trasparenza attraverso regole comuni e omogenee a protezione degli investitori.
La Mifid, insieme con la successiva direttiva 2006/73 recante le modalità di esecuzione della stessa (per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell'attività delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva), è stata recepita nel nostro Paese con decreto legislativo 164/2007.

Nel quadro normativo di riferimento, la gamma dei derivati si va continuamente ampliando con l'introduzione di schemi sempre più complessi, frutto di avanzate tecniche di ingegneria finanziaria, che combinano più derivati di base e che rispondono sempre più a logiche speculative piuttosto che di hedging.
Tra questi, in epoca recente, hanno fatto ingresso le opzioni binarie - introdotte nel 2008 all'interno della "Chicago board options exchange" (Cboe) - che rappresentano un'avanguardia nel mondo del trading, in quanto costituiscono uno strumento speculativo di facile utilizzo per conseguire lauti profitti nel breve periodo.

Il trading binary (trading sulle opzioni binarie) è una forma di scommessa sui mercati finanziari in cui, in teoria, se l'evento sul quale si scommette si avvera, si raddoppia il capitale investito, viceversa lo si perde interamente.
Nella pratica, però, i brokers riconoscono un guadagno non superiore all'80% di quanto investito al verificarsi dell'evento su cui si è scommesso e restituiscono, comunque, il 15% circa del capitale investito nel caso l'evento su cui si è scommesso non si verifichi.

Gli strumenti finanziari in argomento sono anche detti esotici, in quanto non seguono le regole tipiche delle opzioni: essi, infatti, sono costituiti da un contratto tra un venditore e un acquirente in cui si scommette sull'andamento della fluttuazione dell'attività sottostante selezionata (verso l'alto o verso il basso, per il raggiungimento di un massimo e/o di un minimo, per il mantenersi all'interno di un range di valori).
A differenza dunque dei contratti di opzione da cui derivano, le opzioni binarie non attribuiscono un diritto di acquistare (opzione call) o vendere (opzione put) a un prezzo predeterminato il titolo sottostante, lucrando eventualmente sulla differenza rispetto al prezzo di mercato incrementato del premio pagato all'apertura del contratto, quanto piuttosto si sostanziano in una mera scommessa sull'andamento del titolo preso a riferimento.

In pratica, se a titolo semplificativo si ipotizza l'acquisto di un'opzione binaria call sul prezzo di un titolo sottostante "alfa", entro un'ora dall'acquisto, si incamererà un guadagno predeterminato alla scadenza, a condizione che il prezzo del titolo avrà avuto un andamento positivo rispetto al prezzo al momento della transazione.

Con specifico riferimento alle operazioni binarie, la Commissione europea ha chiarito, con parere del 17 settembre 2010, che, vista la loro natura di strumenti derivati corrisposti in capitale, queste rientrano nella definizione di strumenti finanziari e, pertanto, per le società che offrono servizi di investimento e attività relative alle opzioni binarie è prevista l'autorizzazione come società di investimento rientranti sotto la direttiva Mifid.

Considerato che l'interpretazione della disciplina fiscale delle operazioni finanziarie non può prescindere dalle disposizioni civilistiche che regolano le stesse operazioni e, dunque, dalla classificazione fatta dai citati commi 2 e 3 dell'articolo 1 del Dlgs 58/1998, i contratti da trading in opzioni binarie risultano riconducibili tra i rapporti di cui all'articolo 67, comma 1, lettera c-quater, del Tuir, i cui redditi, se percepiti da persona fisica non esercente attività di impresa, sono soggetti a imposta sostitutiva a norma dell'articolo 5 del Dlgs 461/1997.

Per quanto poi concerne la determinazione della base imponibile, l'articolo 68, comma 8, del Tuir, dispone che i redditi di cui alla lettera c-quater del comma 1 dell'articolo 67 sono costituiti dalla somma algebrica dei differenziali, positivi o negativi, nonchè degli altri proventi o oneri, percepiti o sostenuti, in relazione a ciascuno dei rapporti ivi indicati.
Del resto, la natura aleatoria di tali contratti non appare sufficiente a giustificare una collocazione tra i rapporti di cui alla lettera c-quinquies del comma 1 del citato articolo del Tuir.

Alla luce di tale inquadramento, la tassazione dei proventi da trading binary appare equiparabile a quella delle rendite ottenute attraverso il trading su altre piattaforme finanziarie riconosciute dalla Ue, come quelle da trading di Cfd (Contract for difference) ossia contratti finanziari differenziali, come da modifica normativa intervenuta con l'articolo 9, comma 7, del Dlgs 141/2010.

A riguardo, la risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 102/2011 ha previsto che i redditi provenienti dal trading di Cfd (Forex) sono equiparati a strumenti finanziari derivati (contratti derivati), qualora i contratti di acquisto e vendita di valuta siano estranei a transazioni meramente commerciali, e pertanto devono essere ricondotti tra i rapporti di cui all'articolo 67, comma 1, lettera c-quater, del Tuir.

Di fatto, fino a quando la Consob non autorizzerà i brokers muniti di licenza a operare in Italia con una sede stabile, l'attività di trading potrà essere fatta soltanto con brokers esteri (attualmente ubicati principalmente a Cipro o sotto legislazione cipriota) con disponibilità di conti correnti intrattenuti presso questi stessi operatori e, in tale caso, il solo regime fiscale applicabile risulta il quello dichiarativo. Pertanto, la liquidazione dell'imposta - definita nella misura del 20% con Dl 216/2011 - può avvenire solo in sede di dichiarazione, avendo a corredo la certificazione delle minusvalenze e plusvalenze conseguite nell'anno precedente.

I redditi in argomento trovano, dunque, allocazione nel quadro RT, sezione I, del modello unico PF, che è impiegato, con riferimento alle plusvalenze di natura finanziaria, al fine di indicare tra gli altri i redditi derivanti dalle cessioni di altri strumenti che generano plusvalenze di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies.
Altri adempimenti dichiarativi che conseguono all'attività di trading binary condotta nei termini finora descritti e, cioè, attraverso la gestione di attività estere di natura finanziaria, riguardano i quadri RW e RM del modello Unico PF.

Riguardo il quadro RW, questo è destinato ad accogliere, tra gli altri, le attività estere di natura finanziaria da cui derivano redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera. Tali attività vanno indicate nella sezione II del citato modulo, in quanto potenzialmente produttive di redditi di fonte estera imponibili in Italia e, tra queste, i contratti derivati e altri rapporti finanziari stipulati al di fuori del territorio dello Stato.
È evidente che, se le modalità operative di gestione del trading binary possono non generare consistenze al 31 dicembre di ciascun anno e, quindi, non comportare l'obbligo di compilazione della sezione II del predetto quadro, non può dirsi lo stesso per l'obbligo di compilazione della sezione III, relativamente ai flussi finanziari di accreditamento sul conto intrattenuto presso il broker straniero o ai flussi successivi di passaggio su altri conti esteri o nazionali.

Quanto al quadro RM, questo è destinato tra le altre cose ad accogliere l'imposta sulle attività finanziarie detenute all'estero dovuta nella misura dell'1 per mille del valore di mercato delle attività finanziarie, rilevato al termine del periodo d'imposta nel luogo in cui sono detenute le attività, anche utilizzando la documentazione dell'intermediario estero di riferimento per le singole attività e, in mancanza, secondo il valore nominale o di rimborso. Per i conti correnti e libretti di risparmio detenuti in Paesi della Ue o dello See, che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, l'imposta è stabilita in misura fissa pari all'imposta di bollo, stabilita per il 2011 in 34,20 euro.

È evidente, dunque, che, anche sotto quest'ultimo profilo, sia se al 31 dicembre rimane aperta una posizione finanziaria attiva sia se vi sono soltanto disponibilità di conto, si ricade comunque in uno degli adempimenti citati.


Fonte: Agenzia Entrate

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