È disciplinare il licenziamento irrogato dal datore di lavoro per sanzionare un comportamento colposo o comunque manchevole del lavoratore, differenziandosi dal licenziamento dovuto a ragioni di carattere oggettivo ovvero dal licenziamento dovuto a ragioni inerenti alla persona del lavoratore che prescindono da una sua mancanza.
Secondo la giurisprudenza ormai unanime (cfr. Corte Cost. n. 204/1982; Cass. Sez. Unite n. 4823/1987; Cass. n. 5855/2003), il licenziamento deve ritenersi disciplinare quando sia correlato ad un comportamento colpevole del lavoratore, essendo, in ogni caso, irrilevante la sua esplicita previsione e quantificazione in termini disciplinari nella specifica disciplina individuale o collettiva del rapporto (cd. concezione “ontologica”). Così anche, recentemente, la Suprema Corte con sentenza n. 12127/2012: “Il licenziamento motivato da una condotta colposa o comunque manchevole del lavoratore, indipendentemente dalla sua inclusione o meno tra le misure disciplinari dalla specifica disciplina del rapporto, deve essere considerato disciplinare e, quindi, deve essere assoggettato alle garanzie dettate in favore del lavoratore dalla legge n. 300 del 1970, art. 7, circa la contestazione dell'addebito ed il diritto di difesa (nella specie, la Corte ha ravvisato il mancato rispetto del termine a difesa del lavoratore, atteso che la lettera a lui recapitata conteneva sia la contestazione degli addebiti che il coevo licenziamento)”.


Fonte: IPSOA

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