La facoltà concessa dall’articolo 17 della legge 114/1977, ai coniugi non legalmente ed effettivamente separati, di presentare una dichiarazione congiunta - a nome di entrambi e garantita da una responsabilità solidale tra gli stessi per il pagamento dell’imposta, interessi e sanzioni - è finalizzata alla liquidazione complessiva e unitaria delle imposte dovute dal nucleo familiare.In tale ipoetesi, gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi, ma notificati nei confronti del solo marito.

Su tale assunto, la Cassazione, con la sentenza 19239 del 7 novembre, ha rigettato il ricorso introduttivo del giudizio presentato da una moglie che lamentava la mancata notifica, nei suoi confronti, di avvisi di accertamento emessi sulla base della dichiarazione congiunta presentata insieme al marito (avvisi notificati solo a quest’ultimo). Innanzitutto, è opportuno precisare che la facoltà contenuta nel citato articolo 17, primo comma, della legge 114/1997, conserva ancora una certa attualità, pur non essendo più in vigore dal 1998 (comma abrogato dall’articolo 9 del Dpr 322/1998). Infatti, oggi la dichiarazione congiunta non è più possibile, tranne per quanto previsto dall’articolo 13, comma 4, del decreto ministeriale 164 del 31 maggio 1999, in relazione al modello 730. La scelta della dichiarazione congiunta consente ai coniugi di sommare le imposte calcolate separatamente sui redditi di ciascuno, e di sottrarre da tale importo l’ammontare complessivo delle ritenute e dei crediti di imposta singolarmente subiti. Così facendo, il calcolo - che determina l’imposta complessivamente dovuta e non l’imponibile - garantisce l’autonomia del singolo soggetto e consente di distinguere le posizioni contributive dei due coniugi, che, invece, restano del tutto autonome e indipendenti l’uno dall’altro (cfr, Cassazione, sentenze 3526/2012 e 25531/2011, risoluzione n. 107/E del 2011).

I fatti di causa
L’Amministrazione finanziaria impugna in Cassazione la sentenza con la quale i giudici d’appello toscani avevano rigettato il gravame proposto contro la sentenza che, invece, aveva accolto il ricorso di una contribuente, relativo a una cartella di pagamento notificatale per gli anni di imposta 1994 e 1995. Nel ricorso introduttivo, la contribuente lamentava, tra l’altro, la mancata notificazione nei suoi confronti degli avvisi di accertamento prodromici alla cartella stessa, i quali erano stati notificati solamente al coniuge, anche se intestati a entrambi. I giudici d’appello confermavano la decisione dei colleghi di primo grado, nella considerazione che, seppur la modalità di notifica fosse conforme al dettato normativo di cui all’articolo 17, legge 114/1977, la stessa era da ritenersi illegittima visto che la contribuente non era stata edotta delle motivazioni dell’atto successivo (la cartella appunto) e ciò in violazione, da parte dell’Amministrazione, del diritto di difesa della contribuente stessa. Nel ricorso di legittimità, l’Amministrazione ricorrente eccepisce la violazione e falsa applicazione del richiamato articolo 17.

La decisione della Cassazione
Per i giudici di piazza Cavour, il ricorso deve essere accolto, sulla base dell’interpretazione consolidata del citato articolo 17 della legge 114/1977. Sulla legittimità costituzionale di tale diposizione normativa, afferma la Corte suprema, è più volte intervenuta la Consulta che - con riferimento all’articolo 6 della legge 212/2000, secondo cui l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati - ha dichiarato, da ultimo con l’ordinanza 216/2004, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, stabilendo che è compito del giudice del caso dare diretta applicazione della legge 212/2000, dovendo, dunque, rileggere il disposto dell’articolo 17 della legge 114/1977, alla luce dei principi stabiliti dagli articoli 6 e 7 della legge stessa. Già in precedenza, la Corte costituzionale -sentenza 184/1989- aveva dichiarato non fondata la questione di illegittimità della norma per violazione del diritto di difesa “…in quanto, nel caso di notificazione al solo marito degli avvisi di accertamento prodromici nulla vieta che la moglie, vincolata a rispondere solidalmente, possa tutelate i propri diritti dinanzi al giudice competente entro i termini decorrenti dalla notifica dell’avviso di mora nei propri confronti, nel caso in cui venga per la prima volta, attraverso tale notifica, a legale conoscenza della pretesa avanzata dall’amministrazione finanziaria, e ciò eventualmente anche per contestare nel merito l’obbligazione tributaria del coniuge”. In senso conforme si è espressa la Cassazione “…(Cass. 20709/2007; 19896/2006) secondo la quale, in caso di presentazione di dichiarazione congiunta presentata dai coniugi, la moglie è legittimata a proporre autonoma impugnazione per contestare gli accertamenti a carico del marito anche mediante l’impugnazione dell’avviso di mora a lei diretto, avviso sul quale si riverberano le illegittimità del prodromico accertamento notificato al marito, venendo altrimenti vulnerato il diritto di difesa della stessa che rimarrebbe ingiustamente responsabile in solido per il pagamento delle imposte accertate a carico del marito cui non è attribuita la legittimazione ad agire anche per la coniuge”.

E ancora, con la pronuncia n. 22692/2007, la Cassazione ha ulteriormente precisato “…come la moglie sia legittimata a proporre autonoma impugnazione per contestare accertamenti a carico del marito, valendo la notificazione dell’accertamento effettuata nei confronti del marito anche riguardo alla stessa”. Infine, con riferimento all’articolo 7, comma 1, della legge 212/2000, “…questa Corte…ha stabilito come la motivazione della cartella esattoriale, che costituisca il primo atto con cui l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, possa essere operata per relationem ad altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione, del quale, debbono essere specificamente indicati gli estremi affinché il contribuente ne abbia conoscenza o conoscibilità; ha affermato inoltre che l’atto richiamato, quando di esso il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione, non deve essere necessariamente allegato alla cartella. È di tutta evidenza difatti come il contribuente, quando abbia a disposizione chiari e precisi riferimenti del provvedimento dal quale trae origine la pretesa tributaria, è nelle condizioni di poter agevolmente assumere le necessarie informazioni non ancora in suo possesso (Cass. 22692/07)”.


Fonte: Agenzia Entrate

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