Il fatto generatore dell’imposta, contestato dalla società convenuta, sarebbe la vendita di prodotti collocati in depositi doganali che sarebbero stati vincolati di nuovo al regime del deposito con perfezionamento attivo del sistema della sospensione.

La causa principale
La società chiamata in causa dall’Amministrazione tributaria slovacca era stata sottoposta, dalla Amministrazione ricorrente, a un accertamento fiscale in materia di Iva per  l’importazione di semilavorati, da Paesi terzi, in acciaio nuovamente vincolati al regime doganale di deposito dopo essere stati ceduti. L’assoggettamento a Iva, emerso in sede di accertamento, della cessione delle merci importate, scaturiva proprio dal fatto che le stesse, fisicamente rimaste sempre nel  deposito doganale pubblico, una volta cedute, siano state fatte uscire dal vincolo di deposito, trasformate nel sistema della sospensione, per poi essere vincolate nuovamente al regime di deposito doganale. La società convenuta, non abbattuta dalla bocciatura delle proprie ragioni in un primo ricorso presentato, otteneva sostegno alla propria posizione dal giudice della Corte regionale di Bratislava. Quest’ultimo, ovvero, motivava la sua decisione affermando che, nella fattispecie in oggetto, l’assoggettamento a Iva era previsto soltanto nel caso in cui le merci fossero state rimesse in libera pratica. Il dubbio interpretativo suscitato dalla fattispecie in esame, anche alla luce dei successivi ricorsi di fronte alla Corte suprema della Repubblica slovacca nonché alla Corte costituzionale, hanno portato il giudice nazionale alla decisione di sospendere il procedimento e chiedere lumi ai togati europei.

Le questioni pregiudiziali
Il giudice nazionale, nel rimettersi alla pronuncia della Corte europea, chiede di sapere, sostanzialmente, nella fattispecie di prodotti provenienti da Paesi terzi vincolati al regime di deposito doganale in uno Stato membro,  passati al sistema della sospensione e poi di nuovo vincolati al regime di deposito, senza di fatto essere spostati al deposito inteso come luogo fisico, se le merci debbano essere assoggettate all’imposta sul valore aggiunto. Nel caso fosse stabilita l'imponibilità, inoltre, specificare quale sia il fatto generatore dell’imposta.

Sulle questioni pregiudiziali
Nel caso di specie occorre premettere che la cessione di merci rientra nel novero delle situazioni previste dall’articolo 2 della sesta direttiva Iva. La cessione di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso da un operatore soggetto passivo rientrano nel regime di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto. Segnatamente, le merci in questione, importate da Stato terzo, sono state vincolate al regime doganale di deposito, cedute senza essere svincolate, successivamente trasformate con perfezionamento attivo nel sistema della sospensione, riportate ulteriormente al vincolo doganale di deposito. In considerazione di ciò, sembrerebbe trattarsi di una operazione non riconducibile a importazione e pertanto non assoggettabile a Iva. Ma con riferimento al citato articolo 2, i giudici europei, sono giunti a concludere che, nella fattispecie della cessione di merci, di cui alla fattispecie principale,  sia avvenuto quel trasferimento del potere di disporre del bene che la normativa comunitaria ritiene sufficiente ai fini dell’imponibilità Iva. Pertanto, non occorre nemmeno far valere altri elementi, come il fatto che la cessione sia avvenuta a titolo oneroso, la controparte sia un soggetto passivo che agisce in qualità di operatore economico commerciale. Tutti elementi, infatti, che  confermano il dovere di versamento dell’Iva. Rivendicare la mancanza del presupposto per l’applicazione Iva sulla base della considerazione che non si tratti di merci importate, non assume alcun rilievo. Quanto alla possibilità per gli Stati membri di esentare da Iva talune prestazioni e cessioni di beni e servizi spetta al giudice nazionale fare le opportune verifiche.

La pronuncia della Corte
Secondo gli eurogiudici, laddove avvenga una importazione di prodotti da un Paese terzo, vincolati al regime del deposito doganale, successivamente, dopo cessione, trasformati in regime di perfezionamento attivo per poi essere di nuovo sottoposti al regime del deposito, tale cessione deve essere assoggettato a imposta sul valore aggiunto. Resta di spettanza del giudice nazionale, però, verificare che lo Stato membro in questione non abbia sottoposto tale cessione a esenzione dall’Iva come previsto dall’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 77/388.

Fonte: sentenza C-165/11

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