Come noto, il codice civile contempla tre diverse tipologie di ipoteche, individuate, rispettivamente, dall’articolo 2817 nell'ipoteca legale, dall’articolo 2818 in quella giudiziale e dall’articolo 2821 in quella volontaria e parimenti noto è che sono oggetto di revocatoria fallimentare ai sensi dell’articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, n. 4 - salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore - i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.

La questione oggetto della sentenza della Corte di cassazione in commento riguarda la qualificazione dell’ipoteca di natura fiscale iscritta dall'agente della riscossione in base al ruolo ai sensi del primo comma dell’articolo 77 del Dpr n. 602/1973, sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell'importo complessivo del credito per cui si procede.
Ricordiamo subito che il comma 1-bis (aggiunto dall'articolo 3, comma 5, lettera d, del Dl 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44), prevede che l’agente della riscossione, anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere, può iscrivere la garanzia ipotecaria di cui al comma 1, purché l'importo complessivo del credito per cui si procede non sia inferiore complessivamente a 20mila euro.

Il Supremo collegio ritiene - e a ragione - evidente che l'iscrizione di tale ipoteca non sia riconducibile ad alcuna delle due ipotesi di ipoteca giudiziale o volontaria in quanto manca, rispettivamente, il consenso del debitore e la pronuncia del giudice, sebbene la Corte territoriale, invece, avesse ritenuto assimilabile tale ipoteca fiscale a quella giudiziale.
L’esclusione delle revocabilità dell’ipoteca fiscale è giustificata dalla pronuncia in nota soltanto in via negativa, ossia considerando le condizioni poste dal citato articolo 67 della legge fallimentare, individuate nella revocabilità delle sole ipoteche giudiziali e volontarie e che, in forza del citato articolo 77, l’ipoteca fiscale non possa essere annoverata tra le ipoteche giudiziali o volontarie.
Una conferma indiretta della fondatezza di tale risultato ermeneutico viene rinvenuta dai Supremi giudici nella decisione in rassegna in base alla natura del credito fatto valere e “dalla disciplina di favore a vantaggio del creditore che il legislatore, in ragione della qualità del creditore, ha nella specie inteso attuare”.

Tale prospettiva ermeneutica valorizza l’aspetto funzionale della normativa in argomento, ossia quella della tutela dell’interesse fiscale alla pronta e perequata riscossione dei crediti tributari, ritenendo sufficiente rilevare che l’articolo 49 del Dpr n. 602, ha attribuito efficacia di titolo esecutivo al ruolo, formato dall'ufficio finanziario ai fini della riscossione a mezzo del concessionario della riscossione. In tal modo, la Corte regolatrice del diritto qualifica legale tale ipoteca in quanto la formazione del titolo legittimante l’iscrizione ipotecaria avviene sulla base di un atto dell’Amministrazione finanziaria, senza la necessità di ulteriore controllo da parte dell'autorità giudiziaria, il quale controllo, invece, risulta previsto per l’iscrizione ipotecaria per il recupero delle sanzioni amministrative tributarie. In tal senso si esprime, difatti, l’articolo 22 del Dlgs 18 dicembre 1997, n. 472, che legittima l’ufficio finanziario a richiedere al giudice tributario l’iscrizione di ipoteca e all’effettuazione del sequestro conservativo per il pagamento delle sanzioni pecuniarie tributarie.

La presenza di differenti discipline - ossia quella del 1997 per le sanzioni e l’altra del 1973 per i tributi - potrebbe anche risultare coerente in quanto l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie presuppongono la verifica anche dell’esistenza dell’elemento soggettivo e dell’inesistenza di cause di esclusione, non necessaria per l’iscrizione ipotecaria per i tributi.
Invero, anche tale apparente coerenza sistematica risulta inficiata dalla pronuncia di legittimità 28 gennaio 2010, n. 1838, per la quale l’articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, di delega al Governo per la revisione organica delle sanzioni tributarie non penali, alla lettera o) aveva concesso la facoltà di procedere alla revisione della disciplina e, ove possibile, all’unificazione dei procedimenti di adozione delle misure cautelari. Da ciò l’effetto di aver proposto un’interpretazione costituzionalmente orientata di tale norma che legittima - ad avviso della cennata pronuncia del Supremo collegio - l’autorizzazione all’iscrizione di ipoteca legale e all’effettuazione di sequestro conservativo anche per i crediti tributari e non soltanto per le sanzioni amministrative tributarie.

L'unica ragione plausibile in tema di interpretazione sistematica risulta essere quella - proposta dalla sentenza in commento - prevista dall’articolo 89 del Dpr n. 602 ove si dispone che i pagamenti di imposte scadute non sono soggetti alla revocatoria prevista dall’articolo 67 della legge fallimentare, in quanto emerge l’esistenza di un “regime eccezionale e derogatorio che il legislatore ha voluto assicurare all'Amministrazione Finanziaria, in forza delle finalità pubblicistiche della sua attività, individuabili nella necessità di favorire l'adempimento del debito fiscale e di assicurare, per quanto possibile, la più pronta riscossione delle entrate erariali”.


Fonte: Agenzia Entrate

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