Le parti ricorrenti, in qualità di ex funzionari dell’Unione, domiciliati nel territorio francese, hanno presentato le loro dichiarazioni dei redditi senza includere le indennità percepite, per cessazione definitiva del servizio, o pensione di anzianità. Nel presentare una dichiarazione di rettifica si sono visti respingere tale richiesta prima dall’Amministrazione finanziaria e successivamente dal Tribunale di primo grado. Successivamente la richiesta veniva nuovamente respinta da altro Tribunale di primo grado. Ma, di diverso esito è stato il ricorso presentato alla Corte di appello, la quale ha annullato la precedente sentenza nella parte in respingeva la domanda dei coniugi ex funzionari.

La posizione del Fisco francese e il ricorso
A seguito di tale pronuncia l’Amministrazione tributaria francese proponeva ricorso alla Corte di cassazione che a sua volta respingeva l’impugnazione proposta. Nonostante ciò, l’Amministrazione notificava degli avvisi  di riscossione per la maggiore imposta dovuta a seguito della inclusione dei redditi in questione nella base imponibile dell’imposta patrimoniale. Inoltre, sottolinea il fisco francese, non è possibile che, in virtù della paventata esenzione fiscale, i redditi controversi non debbano essere assoggettati a imposta. In tali circostanze, e considerato che il giudice del rinvio ritiene che ai fini dei calcoli per la riduzione del massimale dell’imposta patrimoniale di solidarietà debbano essere ricompresi tutte le tipologie di reddito, il giudice del Tribunale di primo grado nel chiarire la portata dell’art. 13 ha deciso di sospendere il procedimento e porre la questione sul tavolo dei giudici della Corte di giustizia europea.

La questione pregiudiziale
La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda la considerazione, ai fini dell’imposizione nazionale del singolo Stato membro, delle somme corrisposte, dall’Unione europea, a titolo di reddito da lavoro. Si tratta dei redditi percepiti da contribuenti che hanno svolto la loro attività lavorativa come funzionari nell’ambito delle istituzioni comunitarie. La diatriba vede le parti ricorrenti contestare il meccanismo di calcolo dell’imposta francese sul patrimonio che assoggetta a prelievo anche i redditi da lavoro percepiti fuori dal territorio nazionale.
Il chiarimento chiesto dal giudice nazionale riguarda sostanzialmente l’applicazione della norma contenuta nell’articolo 13 del protocollo. In altri termini, occorre stabilire se nel meccanismo di calcolo dell’imposta nazionale di solidarietà sul patrimonio rientrino anche le somme percepite a titolo di pensione o di reddito da funzionari, anche a riposo, delle istituzioni comunitarie.

L'analisi interpretativa della Corte Ue
Il riferimento della Corte, in merito alla linea di principio da seguire, è costituito dalla pronuncia contenuta in una sentenza del 1960. Nella stessa si legge, infatti, come l’esenzione dalle imposte nazionali delle remunerazioni erogate dall’Unione consente alle istituzioni comunitarie di determinare, in maniera svincolata dagli Stati membri, l’importo della retribuzione dei propri funzionari. La normativa comunitaria, al riguardo, fa una netta distinzione tra redditi nazionali, soggetti alla normativa tributaria nazionale, e redditi corrisposti dall’Unione che in quanto tali sono assoggettati al solo diritto dell’Unione. Dal dispositivo della sentenza del 1960 emerge come venga fatto divieto agli Stati membri di tassare, anche solo indirettamente, i redditi erogati dall’Unione. Nella fattispecie di cui alla causa principale, inoltre, la normativa nazionale in questione che prevede addirittura di prendere in considerazione solo l’85% dei redditi dall’Unione ai fini della riduzione del massimale dell’imposta, finisce nel risolversi in un aggravio di imposte per i funzionari dell’Unione. Il meccanismo di calcolo dell’imposta nazionale, di solidarietà patrimoniale, così come formulato, ricomprendendo i redditi corrisposti dall’Unione ha l’effetto di una tassazione indiretta su questi ultimi. Infine, sottolineano i giudici della terza sezione della Corte, è necessario porre al riparo dalla tassazione nazionale, fatta direttamente o indirettamente, dei redditi corrisposti dall’Unione, proprio per garantire il rispetto di un altro fondamentale principio dell’ordinamento comunitario. Vale a dire il principio della certezza del diritto. In tale ottica deve essere vista la normativa che consente ai percettori di reddito dall’Unione che esonera dal dichiarare tali somme alle autorità del proprio Stato membro.

Il verdetto dei giudici europei
Secondo gli eurogiudici, nel calcolo di un’imposta quale quella di solidarietà sul patrimonio, non possono essere considerati i redditi, sia da pensione che da indennità per cessazione definitiva dal servizio, corrisposti dall’Unione europea ai propri funzionari.


Fonte: Agenzia Entrate

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