Per chi lavora “in terra straniera” il fisco prevede tre diverse modalità di imposizione dipendenti dal calcolo della base imponibile, che può corrispondere ai compensi effettivamente percepiti come disposto dall’articolo 51, commi da 1 a 8 del Tuir, oppure alla retribuzione convenzionale come stabilito dall’articolo 51, comma 8-bis del Tuir (lavoratori all’estero), ovvero alla somma che eccede gli 8mila euro, come previsto dall’articolo 2, comma 11, della legge n. 289/2002 (lavoratori alla frontiera).

Entrambe quest’ultime due fattispecie di lavoratori hanno in comune un dato: la “dimora abituale”. Tuttavia, occorre distinguere (anche sotto il profilo tributario) chi lavora all’estero (chi, cioè non si sposta quotidianamente dall’Italia oltre i confini nazionali) e chi lavora alla frontiera (ovvero colui che si reca giornalmente oltre i confini nazionali) [al riguardo, la lettera b) dell’articolo 1 del regolamento 1408/71/Cee in materia di sicurezza sociale definisce con il termine “lavoratore frontaliero” qualsiasi lavoratore che è occupato nel territorio di uno Stato membro e risiede nel territorio di altro Stato membro in cui rientra di massima ogni giorno o almeno una volta alla settimana].
La deroga alle disposizioni generali in base alle quali il reddito di lavoro dipendente va determinato analiticamente va individuato per i lavoratori all’estero nell’esigenza di ricondurre a sicura tassazione all’interno dello Stato i redditi in argomento. In precedenza, infatti, il totale esonero da imposizione di tali redditi (previsto dalla precedente disciplina) se da un lato scongiurava qualsiasi rischio di duplicazione di imposta dall’altro consentiva ambiti di totale esclusione nell’ipotesi in cui lo Stato della fonte non provvedesse ad assoggettare a prelievo il reddito ivi prodotto.

Disciplina convenzionale e redditi dei frontalieri
La disciplina convenzionale, tuttavia, determinando la retribuzione in modo forfetario non sempre rappresenta una normativa di favore per il dipendente espatriato in considerazione che la retribuzione convenzionale sono rappresentate da fasce che vanno da un minimo a un massimo (individuata la fascia di riferimento la retribuzione utile ai fini fiscali è rappresentata dallo scaglione più elevato).
La ratio delle disposizioni di favore per i frontalieri, invece, deve rinvenirsi nell’esigenza di tutelare il lavoratore in continua mobilità tra il luogo di residenza e il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa.

Lavoratore all’estero
Il comma 8-bis dell’articolo 51 del Tuir dispone che il reddito di lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di 12 mesi anche "a cavallo" di 2 anni solari soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del ministro del Lavoro di concerto con quello dell’economia.
La retribuzione convenzionale da considerare per l’anno 2011 è stata definita dal decreto ministeriale 3 dicembre 2010. Tali retribuzioni si applicano a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 2011 e fino al periodo di paga in corso al 31 dicembre 2011.
La tassazione degli stipendi percepiti all’estero avviene, pertanto, quasi sempre soltanto in Italia (con esenzione nel Paese estero) quando si verificano contemporaneamente le seguenti condizioni:
che il lavoratore sia fiscalmente residente in Italia
che vi sia uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione in via continuativa (senza considerevoli interruzioni) e in via esclusiva all’estero e che il lavoratore sia collocato in uno speciale ruolo estero
che nell’arco di 12 mesi, anche "a cavallo" di 2 anni solari, il lavoratore soggiorni nel Paese estero per un periodo superiore a 183 giorni
che l’Italia non abbia stipulato con lo Stato presso cui il lavoratore presta la propria attività lavorativa un accordo per evitare le doppie imposizioni (in tal caso la convenzione internazionale prevale sulle disposizioni fiscali interne).
Circa le modalità di individuazione della fascia retributiva occorre fare riferimento alla retribuzione complessiva annua del lavoratore senza tener conto di quanto il dipendente percepisce a fronte dell’assegnazione all’estero. Una volta determinata la retribuzione annua la stesa andrà divisa per 12 e confrontata con le fasce di retribuzione convenzionale previste nel decreto.

Lavoratore alla frontiera
La normativa vigente stabilisce che i redditi dei frontalieri concorrono alla formazione del reddito complessivo per l’ammontare che eccede 8mila euro. Questa esenzione è stata estesa anche per il triennio 2008, 2009 e 2010 dall’articolo 1, comma 204, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. La franchigia di 8mila euro è stata prorogata anche all’anno 2011 dall’articolo 1, comma 7-bis, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25.

Coordinamento con le convenzioni
Sotto il profilo tributario la normativa contenuta nel trattato che istituisce la Comunità economica europea non disponeva specifiche competenze comunitarie sull’argomento incoraggiando (genericamente) gli Stati membri a concludere accordi volti ad evitare la doppia imposizione all’interno del mercato comunitario (articolo 220, poi 293 del TCE, abrogato con il TFUE).
La disciplina della tassazione dei frontalieri, pertanto, deve essere coordinata con le specifiche disposizioni contenute nelle convenzioni stipulate con i Paesi limitrofi.

Gli accordi con Svizzera, Austria e Francia
Per quanto riguarda la Svizzera, in considerazione dell’accordo del 3 marzo 1974 e della convenzione firmata a Roma il 9 marzo 1976 e ratificata con legge n. 943 del 23 dicembre 1978, in vigore dal 27 marzo 1979, prevede la tassazione da parte del Paese in cui il reddito viene prodotto per cui i redditi in argomento continuano a essere assoggettati a imposta in via esclusiva nella Confederazione elvetica.
Per quanto riguarda gli accordi con l’Austria, l’articolo 15 della Convenzione firmata a Vienna il 29 giugno 1981 e ratificata con legge n. 762 del 18 ottobre 1984, in vigore dal 6 aprile 1985, prevede l’imposizione solo da parte dello Stato in cui il lavoratore è residente.
Per quanto concerne gli accordi con la Francia, l’articolo 15 del Trattato firmato a Venezia il 5 ottobre 1989 e ratificata con legge n. 20 del 7 gennaio 1992, in vigore dal 1° maggio 1992, prevede la tassazione esclusiva del lavoratore frontaliero nello Stato di residenza, con la precisazione che la rinuncia a imposizione da parte dello Stato della fonte è subordinata all’effettivo prelievo da parte dello Stato della residenza.

L’accordo con il Principato di Monaco
Riguardo al Principato di Monaco, non esistono convenzioni contro la doppia imposizione. Nonostante sia vigente, invece, il trattato tra Monaco e la Francia i residenti nel Principato non possono fruire degli accordi sottoscritti tra la Francia e i Paesi terzi.
Relativamente alla convenzione (jugoslava) con la Slovenia firmata a Belgrado il 24 febbraio 1982 e ratificata con legge n. 974 del 18 dicembre 1984, in vigore dal 3 luglio 1985, il Trattato prevede la tassazione da parte del Paese in cui il lavoratore risiede.
La convenzione con San Marino firmata a Roma il 21 marzo 2002 non è stata ancora ratificata. Non esistono convenzioni contro la doppia imposizione sottoscritte tra lo Stato Città del Vaticano e l’Italia. Resta ferma, tuttavia, l’esenzione dall’Irpef dei redditi frontalieri (di lavoro dipendente) prodotti nello Stato del Vaticano quando questi sono erogati dalla Santa Sede, dagli enti centrali della Chiesa Cattolica e dagli enti gestiti direttamente dalla Santa Sede.


Fonte: Agenzia Entrate

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