In tema di ravvedimento operoso, il mancato versamento integrale dell’importo stabilito per la sanzione ridotta legittima la ripresa nella misura di legge (30%) della sanzione dovuta.

È quanto emerge dall’ordinanza 12661 del 9 giugno della Corte di cassazione, che conferma la linea dell’Amministrazione finanziaria.

Il fatto
A seguito di omesso versamento dell’Iva annuale, una società in accomandita semplice ha inteso regolarizzare l’infrazione mediante il ravvedimento operoso disciplinato dall’articolo 13, del Dlgs 472/1997 ma, per un errore di calcolo nella determinazione della sanzione, corrisposta in misura inferiore, l’ente impositore ha considerato nulla l’operata sanatoria.
La conseguente cartella di pagamento notificata con irrogazione per intero della sanzione del 30%, prevista – per questo caso – dall’articolo 3, del Dlgs 471/1997, è stata impugnata dal contribuente, ottenendo dalla Commissione tributaria provinciale lo sgravio parziale, atteso che il ravvedimento non si sarebbe comunque perfezionato proprio a causa del mancato versamento integrale della sanzione dovuta.

Di contrario avviso la Commissione regionale, che ha deciso in senso favorevole alla società, la quale aveva sostenuto, nelle proprie difese, che la norma sul ravvedimento non contempla il caso dell’irregolare versamento della sanzione, limitandosi a disciplinare l’ipotesi dell’omesso pagamento della sanzione stessa, del tributo e degli interessi. Da tale circostanza deve desumersi la validità della regolarizzazione in presenza di versamento in misura errata nel calcolo della penalità.

La Commissione del riesame ha argomentato che, ai fini del perfezionamento del ravvedimento, è ininfluente l’errato versamento della sanzione ridotta, considerata la indiscussa volontà del contribuente di regolarizzare la propria posizione fiscale nei confronti dell’Erario. In altre parole, una volta eseguiti tutti gli adempimenti necessari per sopperire all’irregolarità, il pagamento incompleto, per mera svista, non può inficiare la resipiscenza dell’errore commesso.

Tale assunto corrisponde, ad avviso del giudice d’appello, alla lettura della norma dalla quale non si evincerebbe in alcun modo che un errore di calcolo sul computo della sanzione possa comportare l’invalidità del ravvedimento, mentre questo effetto conseguirebbe solo se non sono stati versati sanzioni, interessi oppure quando non è stato rispettato l’obbligo di contestualità dei versamenti in sanatoria.
Da qui il ricorso in Cassazione dell’ente impositore, il quale lamenta, in violazione dell’articolo 13, del Dlgs 472/1997, che le condizioni di operatività dell’istituto sono da individuarsi nel concomitante versamento sia del tributo sia della sanzione in misura ridotta e degli interessi.

Il ravvedimento operoso
Prima di esaminare la decisione della Cassazione, occorre premettere che il ravvedimento operoso è un istituto che consente al contribuente di regolarizzare, in modo spontaneo, errori o illeciti fiscali, sia sostanziali sia formali, e si perfeziona con il versamento della sanzione ridotta, oltre il pagamento del tributo e dei correlati interessi moratori su quest’ultimo, calcolati al tasso legale, con decorrenza dal momento in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato con maturazione giorno per giorno.

In particolare, considerando l’epoca degli accadimenti (2001) trattati dall’ordinanza 12661/2011, la sanzione del 30% viene ridotta:
a 1/8, ossia al 3,75%, se il pagamento viene eseguito entro 30 giorni dalla scadenza prescritta
a 1/5, ossia al 6%, se il pagamento viene effettuato con ritardo superiore ai 30 giorni, ma entro un anno dalla violazione
a 1/8 del minimo per le omissioni della presentazione della dichiarazione.

I presupposti del ravvedimento sono:
che la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza
che il pagamento della sanzione ridotta venga eseguito “contestualmente” al versamento delle altre incombenze previste per la regolarizzazione (cfr circolare 180/1998).

A tal fine, non è necessario presentare alcuna dichiarazione integrativa, né sono considerati omessi i versamenti eseguiti tempestivamente a un ufficio o concessionario diverso da quello competente.

Si ricorda infine che, dopo le modifiche all’articolo 13 del Dlgs 472/1997 apportate dal Dl “anticrisi” 185/2008, la legge di stabilità per il 2011 (articolo 1, commi 20 e 22, legge 220/2010) ha ulteriormente revisionato le sanzioni da ravvedimento, per le violazioni commesse a partire dal 1° febbraio 2011, nei seguenti termini:
1/10 del minimo (non più 1/12), in caso di ravvedimento breve ex lettera a)
1/8 del minimo (non più 1/10), in caso di ravvedimento lungo ex lettera b)
1/10 del minimo (non più 1/12), in caso di tardiva presentazione della dichiarazione ex lettera c).

Circa le modalità di pagamento, il versamento del tributo, quando dovuto, deve essere effettuato, utilizzando il modello di pagamento F24, presso qualsiasi agente della riscossione, banca o agenzia postale; i soggetti titolari di partita Iva devono effettuare i versamenti in via telematica. Lo stesso modello deve essere utilizzato per il pagamento della sanzione ridotta, contestualmente al pagamento del tributo omesso e degli interessi moratori.

I motivi della decisione
Con l’ordinanza 12661/2011, il giudice di legittimità - intervenendo per la prima volta sull’interpretazione della norma contenuta nell’articolo 13, riferita specificamente alla misura della somma definitoria della pendenza - adotta una pertinente linea dura circa la validità del ravvedimento operoso, stabilendo, in accoglimento delle censure dell’Amministrazione finanziaria, che, in caso di pagamento della sanzione ridotta in misura inferiore a quella dovuta, la regolarizzazione è nulla con la conseguenza che deve essere corrisposta per intero la sanzione originaria irrogata dall’ufficio (nel caso di specie, il 30%). Pertanto, il ravvedimento non si perfeziona, non producendo effetti agevolativi per il contribuente, se si paga un importo inferiore al dovuto.

In particolare, la Suprema corte ha stabilito che il versamento integrale della sanzione, contestualmente alla regolarizzazione dell’obbligo tributario (comprensivo degli interessi di mora), rappresentano condizioni di efficacia dell’estinzione della sanzione, mentre, al contrario, una regolarizzazione non compiuta non è suscettibile di perfezionare alcunché, considerato che l’effetto del ravvedimento è subordinato proprio agli “esatti” adempimenti previsti dalla norma, e una diversa interpretazione contrasterebbe irrimediabilmente l’innegabile “automatismo che intercorre tra il ravvedimento e il pagamento consequenziale di tutti gli importi discendenti”.

In ultima analisi, ne consegue, secondo questo importante incipit della Cassazione, che solo l’integrale (e quindi esatto) adempimento di tali obblighi (cfr articolo 1176 codice civile, sulla diligenza del bonus pater familias nell’adempimento delle obbligazioni) consente di beneficiare dell’istituto del ravvedimento, perché altrimenti, se così non fosse, si aprirebbe manchevolmente la strada alla validazione di un pagamento qualsiasi, ancorché incompleto, della già ridotta sanzione di legge, con evidente confliggenza sulla certezza dei rapporti giuridici cui è improntato l’ordinamento.


Fonte: Agenzia Entrate

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