Deve presentare la dichiarazione dei redditi attraverso il modello Unico chi non può utilizzare il modello 730 (o, per qualunque motivo, non lo abbia fatto) e deve dichiarare il possesso di uno o più dei seguenti redditi:
• redditi fondiari (terreni e fabbricati);
• redditi di capitale;
• redditi di lavoro dipendente;
• redditi di lavoro autonomo;
• redditi di impresa;
• redditi diversi.
Sono sempre tenuti a utilizzare il modello Unico i contribuenti obbligati alla tenuta delle scritture contabili (ad esempio, imprenditori ed esercenti arti e professioni).
Nelle istruzioni alla compilazione del modello sono indicati i casi in cui si è esonerati dall’obbligo di presentazione.
A seconda della tipologia dei contribuenti, sono stati predisposti i seguenti modelli:
• Unico PF, riservato alle persone fisiche;
• Unico SP, riservato alle società di persone;
• Unico SC, riservato alle società di capitali ed enti commerciali;
• Unico ENC, riservato agli enti non commerciali.

Anche quest’anno per le situazioni meno complesse è stata predisposta una versione semplificata del Modello Unico Persone Fisiche: UNICO MINI.
Il modello “Unico Mini 2011” può essere utilizzato dai contribuenti residenti in Italia che:
• nel periodo tra il 1° novembre 2009 e la data di presentazione della dichiarazione non hanno variato il domicilio fiscale;
• non sono titolari di partita Iva;
• hanno percepito uno o più dei seguenti redditi:
1. redditi di terreni e di fabbricati;
2. redditi di lavoro dipendente o assimilati e di pensione;
3. redditi derivanti da attività commerciali e di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e dall’assunzione di obblighi di fare, non fare e permettere;
• vogliono fruire delle detrazioni e delle deduzioni per gli oneri sostenuti, nonché delle detrazioni per carichi di famiglia e lavoro;
• non devono presentare la dichiarazione per conto di altri (ad esempio erede, tutore);
• non devono presentare una dichiarazione correttiva nei termini o integrativa.

Attraverso il modello Unico si possono presentare più dichiarazioni fiscali. Quello del 2011 (anno d’imposta 2010), riservato alle persone fisiche, si articola in due modelli:
• modello per la dichiarazione dei redditi (quadri contrassegnati dalla lettera R), composto da tre fascicoli;
• modello per la dichiarazione annuale Iva (quadri contrassegnati dalla lettera V), che deve essere presentata soltanto dai contribuenti Iva.

Non possono essere compresi nella dichiarazione unificata modello Unico, ma presentati separatamente, i modelli 770 (Semplificato e Ordinario) e la dichiarazione Irap.

Ad eccezione di casi particolari, tutti i contribuenti persone fisiche sono obbligati alla presentazione telematica del modello.
La trasmissione telematica della dichiarazione può essere effettuata:
• direttamente, tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate (Entratel o Fisconline);
• tramite intermediari abilitati (professionisti, associazioni di categoria, Caf, altri soggetti abilitati);
• tramite gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate, che forniscono assistenza anche per la compilazione.
Sono esclusi dall’obbligo dell’invio telematico e, pertanto, possono presentare il modello Unico cartaceo presso gli uffici postali, i contribuenti che:
• pur avendo redditi che possono essere dichiarati con il mod. 730, non possono presentare tale modello perché privi di datore di lavoro o non sono titolari di pensione;
• pur potendo presentare il mod. 730, devono dichiarare alcuni redditi o comunicare dati utilizzando i relativi quadri del modello Unico (RM, RT, RW, AC);
• devono presentare la dichiarazione per conto di contribuenti deceduti;
• sono privi di un sostituto d’imposta al momento della presentazione della dichiarazione perché il rapporto di lavoro è cessato.
La consegna del modello cartaceo avviene presso gli uffici postali. Questi hanno l’obbligo di rilasciare una ricevuta, da conservare quale prova dell’avvenuta presentazione, per ogni dichiarazione consegnata allo sportello.
La presentazione della dichiarazione agli uffici postali è, per il contribuente, un servizio gratuito.
Le dichiarazioni presentate tramite un ufficio postale da contribuenti obbligati alla presentazione telematica sono considerate non redatte in conformità al modello approvato e, conseguentemente, si rende applicabile la sanzione da 258 a 2.065 euro.

Il contribuente che sceglie di trasmettere direttamente all’Agenzia delle Entrate la propria dichiarazione, ha anche l’opportunità di pagare le relative imposte, sempre via internet, senza alcuna spesa aggiuntiva.
Per utilizzare questo sistema di trasmissione occorre richiedere il codice Pin, seguendo le istruzioni contenute nel sito www.agenziaentrate.gov.it.
La dichiarazione, della quale va conservata una copia cartacea, si considera presentata nel momento in cui l’Agenzia delle Entrate riceve il file. L’avvenuta presentazione è attestata unicamente dalla ricevuta trasmessa, sempre per via telematica, dall’Agenzia stessa.
Per compilare e trasmettere la propria dichiarazione (Modello Unico Persone Fisiche o Unico Mini), il contribuente può utilizzare:
a) il software distribuito gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate, disponibile nell’apposita sezione del sito www.agenziaentrate.gov.it;
b) il servizio “UNICO WEB”, dedicato alle persone fisiche non soggette agli studi di settore, che non devono presentare i quadri Iva e che non possiedono redditi da partecipazione.
Grazie a questo servizio, la dichiarazione può essere compilata e inviata online senza scaricare e installare alcun pacchetto software sul proprio PC: infatti, l’utente si collega direttamente alla sezione “Strumenti” del sito http://telematici.agenziaentrate.it e procede alla predisposizione dei quadri del Modello Unico Persone Fisiche o dell’Unico Mini.
Il servizio “UNICO WEB” offre al contribuente, tra l’altro, la possibilità di avere a disposizione alcune informazioni realtive alla dichiarazione dell’anno precedente e le eccedenze d’imposta risultanti da quest’ultima.
I dati preimpostati possono essere confermati o modificati e, una volta completata la procedura, è possibile effettuare il versamento dell’imposta, anche rateizzata, mediante il modello F24 precompilato con le imposte dovute o i crediti derivanti dalla dichiarazione, da integrare con l’eventuale Ici da versare. Il pagamento potrà essere effettuato online semplicemente inserendo le proprie coordinate bancarie e chiedendo l’addebito al giorno di scadenza.

Chi si rivolge ad un intermediario per la trasmissione del modello Unico, deve farsi rilasciare:
• una dichiarazione datata e sottoscritta, comprovante l’assunzione dell’impegno a trasmettere, per via telematica, i dati contenuti nel modello;
• l’originale della dichiarazione, firmata dal contribuente e redatta su modello conforme a quello approvato dall’Agenzia delle Entrate, entro 30 giorni dal termine previsto per la presentazione in via telematica, unitamente alla comunicazione (ricevuta) che attesta l’avvenuta ricezione della dichiarazione.
È importante conservare copia della dichiarazione trasmessa.

La dichiarazione può essere presentata per via telematica anche dall’estero, se il contribuente è in possesso del codice Pin.
In alternativa, può spedirla (sempre che non debba dichiarare redditi d’impresa o di lavoro autonomo) entro il 30 settembre con raccomandata o altro mezzo equivalente, dal quale risulti con certezza la data di spedizione. In caso di spedizione postale, la dichiarazione deve essere inserita in una normale busta di corrispondenza di dimensioni idonee a contenerla senza piegarla.
La busta deve essere indirizzata all’Agenzia delle Entrate - Centro Operativo di Venezia - Via Giorgio De Marchi n. 16, 30175 Marghera (VE) - Italia.
Sulla stessa devono essere indicati:
• cognome e nome del contribuente;
• codice fiscale del contribuente;
• la dicitura “Contiene dichiarazione Modello UNICO anno ….. Persone Fisiche”.

La dichiarazione va presentata entro questi termini:
DICHIARAZIONE - PRESENTAZIONE - TERMINI

CARTACEA
mediante consegna agli uffici postali tra il 2 maggio e il 30 giugno

TELEMATICA
diretta (via internet), tramite intermediari, tramite uffici dell’Agenzia entro il 30 settembre

Se si presenta entro 90 giorni dalla scadenza del termine stabilito, la dichiarazione è considerata ancora valida, ma per il ritardo l’ufficio applicherà una sanzione (da 258 a 1.032 euro, aumentabile fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili).

Si può evitare tale sanzione se entro lo stesso termine di 90 giorni si versa spontaneamente una sanzione ridotta (25 euro, pari ad 1/10 di 258 euro).
La dichiarazione presentata con ritardo superiore a 90 giorni si considera invece omessa a tutti gli effetti, ma costituisce titolo per la riscossione delle imposte dovute sulla base degli imponibili indicati e delle ritenute dei sostituti d’imposta.

I versamenti a saldo risultanti dalla dichiarazione (per importi superiori a 12 euro per ciascun tributo dovuto) e quelli relativi al primo acconto devono essere eseguiti entro il 16 giugno, oppure entro il 16 luglio con la maggiorazione dello 0,40%.
Per l’anno 2011 le scadenze del 16 giugno e del 16 luglio sono state posticipate, rispettivamente, al 6 luglio e al 5 agosto (Dpcm del 12 maggio 2011 - G.U. n. 111 del 14 maggio 2011) per le persone fisiche e per tutti gli altri soggetti (società ed enti) che esercitano attività economiche interessate dagli studi di settore.

Il saldo dell’Iva deve essere invece effettuato entro il 16 marzo, salva la possibilità di posticipare il versamento alle date citate (pagando una piccola maggiorazione a titolo di interessi – 0,40% per mese o frazione di mese).
Gli importi delle imposte derivanti dalla dichiarazione devono essere versati arrotondati all’unità di euro, così come determinati nella dichiarazione stessa. Per gli acconti e per gli importi rateizzati, invece, si applica la regola dell’arrotondamento al centesimo di euro.

È possibile versare le somme dovute (ad eccezione dell’acconto di novembre) anche a rate mensili.
La rateazione non deve necessariamente riguardare tutti gli importi. Ad esempio, è possibile rateizzare il primo acconto Irpef e versare in un’unica soluzione il saldo, o viceversa.
Sugli importi rateizzati sono dovuti gli interessi, nella misura del 4% annuo, che non devono essere cumulati all’imposta, ma versati separatamente. In ogni caso il pagamento rateale deve essere completato entro il mese di novembre.
Nelle istruzioni alla compilazione del modello Unico sono riportati i prospetti con le date di scadenza delle varie rate e gli importi dovuti per interessi.

Per il pagamento delle imposte tutti i contribuenti devono utilizzare il modello di versamento F24.
I contribuenti titolari di partita Iva sono obbligati ad effettuare i versamenti in via telematica o tramite i servizi telematici dell’Agenzia o tramite i servizi di home banking delle banche e delle poste.

Per stabilire se è dovuto il versamento dell’acconto Irpef per l’anno successivo a quello per il quale si effettua il saldo, occorre controllare il debito che risulta dalla dichiarazione (rigo “differenza”). Se non supera 51,65 euro, non è dovuto acconto; se supera tale importo, occorre versare un acconto pari, attualmente,
al 99% del suo ammontare.
L’acconto Irpef si versa nel modo seguente:
• in un’unica soluzione, entro il 30 novembre, se l’importo da versare è inferiore a 257,52 euro;
• in due rate, se l’importo dovuto è pari o superiore ad euro 257,52

1. la prima, nella misura del 40%, entro il termine previsto per il versamento a saldo;
2. la seconda, nella restante misura del 60%, entro il 30 novembre.

I crediti e i debiti risultanti dalla dichiarazione possono essere compensati. In sostanza, tutti i contribuenti che vantano un credito d’imposta derivante dalla dichiarazione possono utilizzarlo per il versamento di importi a debito.

Dal 1° gennaio 2011 è stato introdotto il divieto di compensazione per i contribuenti nei cui confronti risultano iscrizioni a ruolo (a titolo definitivo) di importo superiore a 1.500 euro. Maggiori particolari sull’argomento sono indicati nella Parte 2 cap. 3).
Crediti Iva
Dal 1° gennaio 2010 l’utilizzo in compensazione del credito Iva annuale in misura superiore a 10.000 euro può essere effettuato solo dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione da cui emerge.
Inoltre, i crediti annuali Iva di importo superiore a 15.000 euro possono essere utilizzati solo in presenza di visto di conformità apposto nella dichiarazione dai soggetti abilitati.

Esistono due forme di compensazione:
• utilizzo di crediti per pagare debiti dello stesso tipo d’imposta (Irpef, Ires, Iva e Irap), ma riferibili a differenti esercizi (ad esempio, si utilizza un credito Irpef relativo all’anno d’imposta 2010 per pagare gli acconti dovuti per l’anno d’imposta 2011);
• utilizzo di crediti per pagare debiti di qualunque tipo (ad esempio si utilizza un credito Irpef o Irap per pagare l’Ici, l’addizionale regionale, i contributi previdenziali, eccetera).
La compensazione si effettua attraverso il modello di pagamento F24 in cui occorre indicare, nelle apposite sezioni, sia gli importi a credito utilizzati che gli importi a debito dovuti.
L’importo del credito compensato non può essere superiore al totale dei debiti indicati nelle varie sezioni del modello. Infatti, il saldo finale del modello non può essere mai negativo. In sostanza, si possono compensare gli importi a credito fino ad annullare gli importi a debito. I crediti eventualmente eccedenti
potranno essere compensati in occasione dei pagamenti successivi, o chiesti a rimborso.

Chi effettua una compensazione deve sempre presentare il mod. F24, anche quando esso ha un saldo pari a zero. Il modello, infatti, permette a tutti gli Enti di venire a conoscenza dei versamenti e delle compensazioni operate e consente all’Agenzia delle Entrate di attribuire le somme spettanti a ciascuno.

Esiste una limitazione all’utilizzo dei crediti a compensazione che è pari, attualmente, a 516.456,90 euro per ciascun anno solare.
In detto limite non si comprendono:
• i crediti utilizzati per compensare debiti relativi alla stessa imposta, anche se la compensazione viene effettuata attraverso il modello F24;
• i crediti derivanti da agevolazioni o incentivi fiscali (credito d’imposta per investimenti, per incremento dell’occupazione, eccetera).

Per evitare compensazioni nel modello F24 di crediti inesistenti, dal 29 novembre 2008 è stata elevata la misura della sanzione prevista per tale violazione. Si applica, infatti, la sanzione dal 100 al 200% del credito inesistente, ovvero il 200% se il credito inesistente compensato è superiore a cinquantamila euro per ciascun anno solare. Inoltre, il termine di scadenza per l’accertamento della violazione è
per questa ipotesi elevato al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito.

Con la dichiarazione dei redditi il contribuente può destinare una quota pari all’8 per mille dell’Irpef alle confessioni religiose, per scopi umanitari e religiosi, o allo Stato per scopi di carattere sociale o umanitario.
Chi è esonerato dall’obbligo di presentazione della dichiarazione, ai fini della scelta della destinazione dell’8 per mille può presentare la scheda, in busta chiusa, allo sportello postale, che provvederà a trasmetterla all’Amministrazione
finanziaria, a un intermediario abilitato alla trasmissione telematica o direttamente avvalendosi del servizio telematico.
È ammessa la scelta per una sola istituzione.
Questa scelta non aumenta le imposte da pagare, ma obbliga lo Stato a destinare alla finalità indicata una parte dell’Irpef riscossa.
Oltre alla scelta dell’8 per mille è possibile destinare una quota pari al 5 per mille dell’Irpef al sostegno del settore “non profit”, delle università, della ricerca scientifica e sanitaria, nonché al sostegno delle attività sociali svolte dal Comune di residenza.

I contribuenti che presentano il Modello Unico e si accorgono di avere omesso di dichiarare dei redditi o di riportare delle spese detraibili o deducibili, possono presentare, entro il termine ordinario di presentazione della dichiarazione, un secondo modello “rettificativo” di quello appena consegnato o spedito.
Sul modello deve essere barrata l’apposita casella “Correttiva nei termini”.
Se i nuovi calcoli della dichiarazione rettificativa determinano una maggiore imposta, o un minor credito, il contribuente deve versare le somme dovute entro le scadenze previste per il versamento delle imposte.
Se questi ultimi termini sono già scaduti, il contribuente può ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso per sanare l’effettuazione tardiva del pagamento.
Se, al contrario, scaturisce un maggior credito o una minore imposta, egli può optare per la richiesta di rimborso o per il riporto a credito per l’anno successivo, ovvero può utilizzarlo in compensazione.

Scaduti i termini di presentazione della dichiarazione, il contribuente può rettificare o integrare la stessa presentando una nuova dichiarazione, completa di tutte le sue parti, su modello conforme a quello approvato per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione stessa.
Presupposto per poter presentare la dichiarazione integrativa (in aumento o in diminuzione) è la tempestiva e valida presentazione della dichiarazione originaria.
Possono essere oggetto d’integrazione anche le dichiarazioni originarie presentate entro novanta giorni dal termine di scadenza. Queste, infatti, sono considerate valide, fatta salva l’applicazione delle sanzioni per la tardiva presentazione.
La nuova dichiarazione può consistere in una dichiarazione integrativa a proprio favore ovvero in una dichiarazione integrativa a proprio sfavore (in aumento).

Dichiarazione integrativa a proprio favore
È possibile integrare anche a proprio favore le dichiarazioni per correggere errori od omissioni che hanno portato a indicare un maggior reddito o, comunque, un maggior debito o un minor credito d’imposta, mediante la presentazione di una successiva dichiarazione da produrre entro il termine di presentazione di quella relativa al periodo d’imposta successivo.
Le correzioni operate, se effettuate nei termini, non sono soggette a sanzioni e il maggior credito d’imposta risultante dalla dichiarazione integrativa può essere utilizzato in compensazione.

Dichiarazione integrativa a proprio sfavore (in aumento)
È possibile correggere errori ed omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un minor reddito o, comunque, di un minor debito o di un maggior credito d’imposta, mediante la presentazione di una successiva dichiarazione entro “i termini per l’accertamento” previsti dall’articolo 43 del Dpr n. 600 del 1973, ossia
entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione originaria.
La sanzione applicabile dipende dalla violazione commessa.
È applicabile la sanzione prevista dall’art. 13 del Decreto legislativo n. 471 del 1997, pari al 30% della maggiore imposta o del minor credito, nel caso di errori rilevabili in sede di:
• controllo automatico (art. 36-bis del Dpr n. 600 del 1973 e art. 54-bis del Dpr n. 633 del 1972), ad esempio, errori materiali e di calcolo nella determinazione degli imponibili e delle imposte;
• controllo formale (art. 36-ter del Dpr n. 600 del 1973), ad esempio, indicazione in misura superiore di oneri deducibili o detraibili, di ritenute di acconto e di crediti di imposta.
Nel caso di errori configuranti la violazione di infedele dichiarazione, quali, ad esempio, l’omessa o errata indicazione di redditi, la sanzione è quella stabilita dall’art. 1 del citato decreto: tra il 100% e il 200% della maggiore imposta o del minor credito.
Qualora ne ricorrano le condizioni, il contribuente può avvalersi dell’istituto del ravvedimento, usufruendo di una riduzione delle suddette sanzioni.

Eventuali errori e omissioni nella dichiarazione originaria, che hanno generato l’omessa o errata indicazione di redditi o l’esposizione di indebite detrazioni d’imposta, possono essere corretti, attraverso il c.d. ravvedimento, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del
quale l’errore o l’omissione si è verificato, purché non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento.
In caso di ravvedimento, il contribuente può usufruire della riduzione della sanzione a 1/8 del minimo previsto per il tipo di violazione che intende regolarizzare.
Affinché il ravvedimento sia valido, il pagamento della sanzione ridotta deve essere eseguito contestualmente al versamento della maggiore imposta dovuta o del minor credito utilizzato, nonché al pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno.
I contribuenti che si accorgono di aver commesso errori ed omissioni che non influiscono sull’azione di controllo (errori meramente formali) possono comunque regolarizzare la loro posizione mediante dichiarazione integrativa o comunicazione da trasmettere al competente ufficio.
Si forniscono, a titolo puramente esemplificativo, alcuni casi frequenti di errori od omissioni che configurano fattispecie di violazioni “ravvedibili”.

Esempio n. 1
Il contribuente dichiara di avere un figlio fiscalmente a carico al 100% per tutto il 2010, usufruendo di una detrazione d’imposta pari a 800 euro. Successivamente alla presentazione della dichiarazione originaria, si accorge che il figlio, nel corso del 2010, ha posseduto un reddito complessivo (al lordo degli oneri deducibili) superiore a 2.840,51 euro e che pertanto non poteva considerarsi fiscalmente a carico.

Esempio n. 2
Il contribuente inserisce tra gli oneri deducibili l’intero ammontare degli assegni periodici corrisposti al coniuge separato legalmente, a seguito di provvedimento giudiziale. Successivamente alla presentazione della dichiarazione originaria, viene a conoscenza della circostanza che se il provvedimento del giudice non distingue la quota dell’assegno destinata al mantenimento dei figli, l’assegno si considera
destinato al coniuge per metà del suo ammontare e non per l’intero.

Trattasi di errori rilevabili in sede di art. 36-ter del Dpr n. 600 del 1973 e per i quali la misura della sanzione prevista dall’art. 13 del Decreto legislativo n. 471 del 1997 è pari al 30% della maggiore imposta o del minor credito.
Nei casi sopra descritti, la spontanea regolarizzazione dell’errore o dell’omissione commessa nella dichiarazione originaria avviene attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa da ravvedimento e il pagamento della sanzione ridotta al 3,75% (pari a 1/8 del 30%) della maggiore imposta o della differenza del credito utilizzato, oltre al pagamento del tributo dovuto e degli interessi calcolati al
tasso legale annuo con maturazione giorno per giorno.

Esempio n. 3
Il contribuente, nel corso dell’anno, ha intrattenuto più rapporti di lavoro presso diversi datori di lavoro.
Nella propria dichiarazione dei redditi omette di riportare i dati relativi ad uno dei più rapporti di lavoro dipendente intrattenuti, determinando un reddito complessivo (e conseguentemente un’imposta) inferiore a quello effettivamente prodotto.

Trattasi di errore configurante la violazione di infedele dichiarazione e per il quale la misura della sanzione prevista dall’art. 1 del Decreto legislativo n. 471 del 1997 è tra il 100% e il 200% della maggiore imposta o del minor credito.
In questo terzo caso, la spontanea regolarizzazione dell’omissione nella dichiarazione originaria comporta, oltre alla presentazione di una dichiarazione integrativa da ravvedimento, il pagamento della sanzione ridotta al 12,5% (pari a 1/8 della sanzione minima prevista del 100%) della maggiore imposta dovuta o della differenza di credito spettante, oltre al pagamento del tributo dovuto e dei relativi interessi.


Fonte: Agenzia Entrate

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