Con la conversione del decreto n. 78 del 2010 – avvenuta con la legge n. 122 del 30 luglio 2010 – sono entrate in vigore misure finalizzate al contrasto dell’evasione fiscale e all’agevolazione in favore delle imprese e di alcune categorie di contribuenti.

Per favorire il rientro in Italia di docenti e ricercatori che hanno trasferito la propria residenza all’estero, l’art. 44 del decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010 ha introdotto una specifica agevolazione fiscale.
Il beneficio consiste nell’esclusione dal reddito di lavoro dipendente o autonomo – ai fini delle imposte sui redditi – del 90% dei compensi derivanti dall’attività di ricerca e docenza svolta in Italia. I medesimi compensi non concorrono alla formazione del valore della produzione netta ai fini Irap.

I docenti e i ricercatori che vogliono usufruire dell’agevolazione devono:
• aver conseguito un titolo di studio universitario o equiparato;
• essere residenti all’estero in modo non occasionale;
• aver svolto per almeno due anni continuativi documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca, pubblici o privati, o università;
• rientrare in Italia per svolgere qui la loro attività dal 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del decreto) ed entro i cinque anni solari successivi, acquisendo – conseguentemente – la residenza fiscale nel territorio dello Stato.
L’agevolazione si applica a decorrere dal 1° gennaio 2011: è possibile farla valere nel periodo d’imposta in cui il ricercatore o il docente diviene fiscalmente residente in Italia e nei due periodi di imposta successivi, sempre che permanga la residenza fiscale nel territorio dello Stato.

Le imprese residenti in uno Stato membro dell’Unione europea – diverso dall’Italia – potranno applicare un regime tributario diverso da quello italiano. Lo prevede l’articolo 41 del decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010.
In particolare, questa possibilità riguarda le imprese che intraprendono in Italia nuove attività economiche.
Esse potranno scegliere il regime fiscale vigente nel proprio Stato d’origine o quello di un altro Stato membro per un periodo di tre anni.
Tali attività economiche, però, non devono risultare già avviate in Italia prima del 31 maggio 2010 e devono essere effettivamente svolte nel territorio dello Stato.
Il regime tributario scelto dall’impresa troverà applicazione anche nei confronti di dipendenti e collaboratori della stessa.

Per contrastare situazioni a rischio di evasione e di frode fiscale e contributiva, il decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010 ha previsto specifici controlli e una sistematica vigilanza da parte dell’Agenzia delle Entrate sulle seguenti imprese:
• Imprese che cessano l’attività entro un anno
Attraverso l’attività di individuazione dei contribuenti da sottoporre a controllo, l’Agenzia delle Entrate, la Guardia di Finanza e l’Inps dedicheranno particolare attenzione a quelle imprese che cessano l’attività entro un anno dalla data di inizio (le cosiddette imprese “apri e chiudi”).
Obiettivo della norma è quello di impedire quei fenomeni nei quali si attivano posizioni fiscali solo per il tempo necessario per realizzare determinate transazioni commerciali e subito dopo chiudere l’attività senza il pagamento delle imposte dovute.
• Imprese in perdita fiscale
Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza effettueranno attenta e costante vigilanza nei confronti di quelle imprese che – per più di un periodo d’imposta – presenteranno dichiarazioni in perdita fiscale e non abbiano deliberato e interamente effettuato nello stesso periodo uno o più aumenti di capitale a titolo oneroso di importo almeno pari alle perdite fiscali stesse.
Sono escluse le situazioni in cui le perdite sono dovute a compensi erogati agli amministratori e ai soci.
Inoltre, nei confronti dei contribuenti per i quali non si applicano gli studi di settore e non soggetti a tutoraggio saranno realizzati – dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza – coordinati piani di intervento annuali, elaborati sulla base di analisi di rischio a livello locale che riguardano almeno un quinto della platea di riferimento.

Con lo scopo di rafforzare gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione finanziaria - necessari alla prevenzione e al contrasto dei comportamenti fraudolenti sia in materia di Iva (frodi “carosello” e false fatturazioni) e sia in ambito di imposizione sul reddito - l’art. 21 del decreto legge n. 78/2010 ha introdotto
l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate le operazioni Iva di un determinato valore.
Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 22 dicembre 2010 sono stati individuati criteri, modalità e termini per la trasmissione della comunicazione telematica.

L’obbligo di comunicazione telematica ha per oggetto esclusivamente le operazioni rilevanti ai fini Iva (di importo pari o superiore a 3.000 euro, al netto dell’imposta sul valore aggiunto) e si applica esclusivamente ai soggetti passivi di tale imposta che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi - rilevanti
agli effetti del tributo - nel territorio dello Stato.
Per le operazioni Iva per le quali non vi è l’obbligo di emettere la fattura (per esempio, quelle riguardanti il commercio al dettaglio) il limite è elevato a 3.600 euro al lordo dell’imposta applicata.

Per il periodo d’imposta 2010 l’importo al di sopra del quale scatta l’obbligo della comunicazione è elevato a 25.000 euro e occorre comunicare solo le operazioni soggette all’obbligo di fatturazione.
Sono escluse dall’obbligo di comunicazione:
• le importazioni;
• le esportazioni (art. 8, comma 1, lettere a e b del Dpr 633/72);
• le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione, nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list;
• le operazioni già comunicate all’Anagrafe tributaria (per esempio, fornitura di energia elettrica, servizi di telefonia, contratti di assicurazione, eccetera).
In fase di prima applicazione, sono inoltre escluse le operazioni rilevanti ai fini dell’Iva, effettuate fino al 30 giugno 2011, per le quali non vi è l’obbligo di emissione della fattura.

L’invio telematico va effettuato entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello cui si riferiscono le operazioni.
Per il periodo d’imposta 2010 il termine entro cui deve essere effettuata la comunicazione è stato ampliato fino al 31 ottobre 2011.
È possibile trasmettere una comunicazione in sostituzione di un’altra già inviata, a condizione che si riferisca allo stesso periodo d’imposta e la sostituzione avvenga, previo annullamento della precedente comunicazione, non oltre 30 giorni dalla scadenza del termine previsto per la trasmissione dei dati.

La trasmissione deve avvenire tramite il servizio telematico Entratel o Internet (Fisconline), anche avvalendosi degli intermediari abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, e secondo le specifiche tecniche allegate al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 22 dicembre 2010.

Con il decreto legge n. 78/2010 (articolo 22) è stato modificato parzialmente l’articolo 38 del Dpr 600/1973 che disciplina, oltre all’accertamento sintetico di tipo analitico (quarto comma), l’accertamento sintetico di tipo induttivo (il cosiddetto “redditometro”).
Il redditometro è lo strumento attraverso il quale l’Amministrazione finanziaria può determinare “induttivamente” il reddito delle persone fisiche – al verificarsi di determinate condizioni – calcolandolo sulla base di una serie di indici di capacità contributiva.

Le novità si riferiscono, in particolare, alle diverse modalità di calcolo del reddito e alla possibilità di utilizzare nuovi indicatori di capacità contributiva.
L’obiettivo è quello di adeguare all’attuale contesto socio-economico questa particolare forma di accertamento, di renderlo più efficiente e dotarlo di maggiori garanzie per i contribuenti.
Il nuovo redditometro, che potrà produrre i suoi effetti già a partire dal periodo d’imposta 2009, presenta, nella sua versione aggiornata, alcune caratteristiche che lo differenziano sostanzialmente da quello utilizzato in passato.

COSA PREVEDE LA NORMA: l’ufficio potrà sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta.
È fatta salva la prova contraria del contribuente, il quale potrà dimostrare che il finanziamento delle spese effettuate è avvenuto:
• con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta;
• con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta;
• con redditi che non concorrono alla formazione del reddito imponibile.

Per rendere più veloce ed efficiente la procedura di riscossione, l’art. 29 del decreto legge n. 78/2010 ha modificato alcune disposizioni riguardanti gli avvisi di accertamento che saranno notificati a partire da luglio 2011.
In particolare, gli avvisi di accertamento (ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva) che l’Agenzia delle Entrate emetterà dal 1° luglio 2011 e il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni, avranno le seguenti caratteristiche.
A. dovranno contenere l’intimazione ad adempiere - entro il termine di presentazione del ricorso - all’obbligo di pagare gli importi in essi indicati oppure il 50% delle maggiori imposte accertate - a titolo provvisorio - nel caso in cui si decida di ricorrere davanti alla Commissione tributaria.
L’intimazione ad adempiere al pagamento dovrà essere contenuta anche nei successivi atti emessi in tutti i casi in cui siano rideterminati gli importi dovuti.
B. diventeranno esecutivi dopo 60 giorni dalla notifica e dovranno espressamente riportare l’avvertimento che dopo 30 giorni dal termine utile per il pagamento la riscossione delle somme richieste sarà affidata agli agenti della riscossione, concentrando nell’avviso la qualità di titolo esecutivo.
In pratica, si passerà dalla riscossione con emissione del ruolo e della cartella di pagamento a una procedura di riscossione che non prevede più la notifica della cartella.
Le modalità operative di tale disposizione saranno contenute in un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate di prossima emanazione.
C. se esiste un giustificato pericolo per il positivo esito della riscossione, trascorsi 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento e del provvedimento di irrogazione delle sanzioni, l’esazione delle somme in essi indicate potrà essere affidata agli agenti della riscossione anche prima del decorso dei termini previsti nel loro ammontare integrale comprensivo di interessi e sanzioni.

Infine, è previsto che l’agente della riscossione dovrà attivare l’espropriazione forzata – a pena di decadenza – entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.

Dal 1° gennaio 2011 il contribuente nei confronti del quale risultano iscrizioni a ruolo
• per imposte erariali e relativi accessori
• di importo superiore a 1.500 euro
• per le quali è scaduto il termine di pagamento
non può più utilizzare in compensazione gli eventuali crediti di cui dispone (se non estingue prima il debito). Si tratta della compensazione prevista dalla legge 241/97 che si effettua utilizzando il modello di pagamento F24.
Questa nuova disposizione (prevista dall’art. 31 del decreto legge 78/2010) garantisce efficienza al sistema dell’accertamento e della riscossione delle imposte ed evita che i debitori di importi iscritti a ruolo scaduti possano non versare imposte dovute.

Per l’inosservanza del divieto si applica la sanzione del 50% dell’importo dei debiti iscritti a ruolo e fino all’ammontare indebitamente compensato.
La sanzione non può essere applicata fino a quando sull’iscrizione a ruolo pende contestazione giudiziale o amministrativa. In tal caso, la norma prevede che il termine di decadenza per la notifica dell’atto di contestazione o dell’atto di irrogazione (31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione) decorre dal giorno successivo alla data della definizione della contestazione.

Accanto al divieto di compensazione la norma introduce nuove possibilità di utilizzo dei crediti fiscali per estinguere le cartelle di pagamento. La nuova disposizione prevede la possibilità di pagare, anche parzialmente e con le modalità definite dal decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 10 febbraio 2011, le somme iscritte a ruolo per imposte erariali e relativi accessori mediante la compensazione
dei crediti relativi alle stesse imposte.
Per consentire tale pagamento l’Agenzia delle Entrate ha istituito l’apposito codice tributo (risoluzione n. 18/E del 21 febbraio 2011).
Un’altra novità – contenuta nell’art. 31 del decreto legge 78/2010 – riguarda la possibilità di compensare i crediti vantati nei confronti degli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale con somme iscritte a ruolo.
La norma stabilisce, infatti, che possono essere compensati i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti delle Regioni, dei Comuni, delle Asl, dovuti per somministrazione, forniture e appalti.
In questo caso, il contribuente creditore degli enti e debitore dell’agente di riscossione dovrà acquisire la certificazione della certezza e dell’esigibilità dei crediti: ma se entro 60 giorni l’ente non riversa l’importo del credito compensato, l’agente della riscossione farà scattare nei confronti dello stesso una procedura esecutiva.


Fonte: Agenzia Entrate

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