E' ammissibile l'azione collettiva avviata dal compratore del prodotto, anche se non e' chiaro se il prodotto sia stato acquistato dal promotore della class action per il suo effettivo consumo o solo per precostituirsi un elemento della legittimazione attiva a promuove l'iniziativa giudiziaria.
È consumatore chi acquista per consumare o chi acquista un prodotto tout court al di fuori di esigenze professionali? Sceglie la prima alternativa il Tribunale di Milano, con l'ordinanza 16 dicembre 2010, depositata il 20 dicembre 2010, nella causa RG 98/10, che ha ammesso parzialmente una class action relativa a un prodotto farmaceutico, dubitando della ingannevolezza del foglio illustrativo.

Al di là del merito della vicenda, che verrà giudicato nel corso di un procedimento che è appena all'inizio, il provevdimento del tribunale del capoluogo lombardo presenta due elementi che sollecitano un'attenta riflessione.

Una prima questione tocca l'ambito processuale. La seconda, invece, attiene alla individuazione della figura del consumatore, anzi del consumatore, componente della classe, legittimato attivo alla proposizione della azione collettiva. Il primo quesito, risolto dal collegio milanese, ha riguardato la possibilità per il giudice, alla prima udienza, pur se destinata alla disamina orale della questione dell'ammissibilità dell'azione collettiva, di autorizzare le parti a presentare memorie scritte al fine di meglio illustrare le proprie ragioni, in particolare ai fini della ammissibilità.

Il tribunale è arrivato alla risposta affermativa sulla base di una considerazione comparativa con il rito ordinario, dal quale non si discosta il rito della class action.

La prima udienza è stata ritenuta una udienza "ordinaria" allineata alla prima udienza nei procedimenti "ordinari", senza che possa compressa la facoltà di "precisare e modificare".

Tra l'altro "precisazioni e modificazioni" della domanda debbono avvenire prima della pronucnia giudiziale che costituisce filtro dell'ammissibilità. Non è vi è spazio per negare lo sviluppo del contraddittorio in questa fase, neppure ricorrendo all'argomento della specialità e della finalità del rito dell'azione collettiva.

D'altra parte la normativa di settore non offre appigli testuali e sistematici per negare lo sviluppo delle difese, attraverso "precisazionie e modificazioni".

La norma (articolo 140 bis del Codice del Consumo) si limita a richiedere la citazione come atto intttrduttivo e la pronuncia di una immediara ordinanza in tema di inammissibilità "senza innovare per il resto nelal disciplina dell'udienza".

Certo poi il tribunale traccia un bilanciamento tra le diverse esigenze e conclude, sul punto, nel senso che il potere di "precisazione e modificazione" va assicurato alle parti, in quanto connaturato al principio generale "della disponibilità dell'azione", ma tale potere è limitato nell'ambito della prima udienza di trattazione: e ciò per rispondere all'esigenza di assicurare "nella maniera più celere ed adeguata i pieno dispeiego delle opposte ragioni".

La seconda questine tocca il cuore delal disciplina consumeristica e cioè la nozione di consumatore, o, se si vuole, la nozione di consumatore ai fini della valutazione dei ppresuposti dell'azione collettiva o class action.

L'articolo 140 bis citato affida, in fatti, al consumatore "componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa" l'azione collettiva o di classe per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.

Nella vicenda giudiaziaria specifica l'ordinanza riporta l'asprezza del contraddittorio processuale.

L'impresa convenuta ha messo in dubbio la qualifica di consumatore dell'attore principale, etichettato quale "avvocato dell'associazoni dei consumatori"; in altre parole l'impresa ha opposto la strumentalità della operazione dell'attore principale, il quale avrebbe meramente acquistato il prodotto al solo fine di precostituirsi unaclegittimazione ad agire, ma non per effettivamente usarlo.

Da qui la rivendicazione processuale dell'imprea convenuta. Per quest'ultima non è sufficiente rilevare la condizione professionale in sè considerata, occorrendo, invece, una valutazione relativa: e cioè una positiva valutazione della effettiva destianzione dell'acquisto ai fini di consumo veroe proprio. Insoma sarebbe consumatore/componente della classe non chi acquista per precostituirsi una delle condizioni per l'avvio di una azione legale, ma chi compra un prodotto perchè effettivamente vuole farne uso.

La risposta dell'ordinza, seppure cauta e accompagnata dalle riserve collegate alla fase preliminare del guidizio (e quindi ai soli fini della ammissibilità dell'azione collettiva) va nella direzione opposta a quella gradita all'impresa.

Un altro elemento che scaturisce dall'ordinanza, è rappresentata, infibne, dalla declaratoria di inammissibilità , con il rito dell'azione collettiva, di una azione programmatcamente rivolta nei confronti del produttore in relazione a caratteristiche proprie del prodotto immesso sul mercato, se la controparte non è il produttore, ma l'impresa che si limita alla messa in commercio, distribuzione e pubblicizzazione del prodotto.

Deve essere ammessa, invece, l'azione volta a contestare pratiche commerciali scorrette.

(Ordinanza Tribunale MILANO 20/12/2010, n. 98)


Fonte: IPSOA

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