La S.C. si sofferma su un peculiare aspetto della tutela risarcitoria extracontrattuale quando investa un immobile abusivo.

In tema di espropriazione per pubblica utilità , gli immobili costruiti abusivamente non sono suscettibili di indennizzo, a meno che alla data dell'evento ablativo non risulti già rilasciata la concessione in sanatoria, per cui non si applica nella liquidazione il criterio del valore venale complessivo dell'edificio e del suolo su cui il medesimo insiste, ma si valuta la sola area, sì da evitare che l'abusività degli insediamenti possa concorrere anche indirettamente ad accrescere il valore del fondo.

La stessa regola vale anche per le ipotesi di espropriazione cosiddetta larvata previste dall'art. 46 della legge n. 2359 del 1865, atteso il necessario raccordo tra l'indennizzo previsto da tale norma e l'indennità di espropriazione (anche se regolata da leggi speciali) e ciò pure se il danno lamentato consista proprio nella diminuzione di godimento dell'immobile abusivo, poiché è principio di carattere generale desumibile dalla normativa sia urbanistica, che espropriativa (art. 16, comma 9, legge n. 865 del 1971), quello per cui il proprietario non può trarre beneficio alcuno dalla sua attività illecita.

In termini più generali, non sono suscettibili di indennizzo espropriativo gli immobili costruiti abusivamente (ancorché oggetto di già presentata istanza di condono) a meno che, alla data dell'esproprio, non risulti per essi già rilasciata concessione in sanatoria.

Sulla scorta di tali principi la S.C., nella fattispecie sottoposta al suo esame in cui un privato aveva esercitato l’azione risarcitoria per i danni subiti dal suo fabbricato per effetto dell’azione illecita (riconducibile ad una frana) di un Comune, ha evidenziato – correggendo la motivazione della sentenza impugnata – che il carattere abusivo del manufatto dell’attore induceva a ritenere che non poteva sussistere alcun danno risarcibile, difettando il carattere dell’ingiustizia (ed essendo, anzi, il danno in sé inesistente), non potendo considerarsi l’immobile danneggiato un bene la cui proprietà avrebbe potuto essere tutelata dall’ordinamento.

Per opportuni riferimenti cfr. Cass. n. 7758 del 2004 e Cass. n. 2612 del 2006.

(Cassazione civile Sentenza 21/02/2011, n. 4206)


Fonte: IPSOA

0 commenti:

 
Top