Non ci possono essere dubbi sull'inerenza all'impresa del bene strumentale utilizzato dall'imprenditore individuale per svolgere la propria attività e sulla sua conseguente potenzialità a determinare plusvalenze. Questo a prescindere dall’eventuale iscrizione del bene stesso nel registro dei beni ammortizzabili.
La sentenza n. 772/2011 della Corte di Cassazione merita di essere segnalata perché offre l’occasione per riflettere sulgli articoli 40, comma 2, e 77 (oggi, articoli 43 e 65), D.P.R. n. 917/1986 e sulla nozione di bene relativo all’impresa.

Nella fattispecie, un commerciante al dettaglio di alimentari (c.d. minimarket) aveva cessato la propria attività conservando per sè l'immobile (ove si trovavano il negozio e il magazzino) e cedendo il resto dei beni. L’Agenzia delle entrate recuperava a tassazione la plusvalenza sugli immobili che l'imprenditore aveva destinato a sé stesso, sostenendo che, nonostante le diverse allegazioni del contribuente, gli stessi sarebbero stati beni strumentali per natura e per destinazione pluriennale e, quindi, fonte di plusvalenza.

Il contribuente opponeva in particolare che l’estraneità degli immobili all’impresa dovesse dedursi dal loro mancato inserimento nel registro dei beni ammortizzabili.

La Corte respinge le argomentazioni del contribuente, rilevando che l'iscrizione nel registro sopra citato è indispensabile per ricondurre alla nozione di beni relativi all'impresa i soli beni posseduti dalle imprese individuali non utilizzati o non utilizzati direttamente nello svolgimento della attività (art. 77, ora 65, TUIR).

La Corte soggiunge che solo per essi e solo se posseduti da imprenditori individuali sarebbero necessarie due condizioni:
1)la non utilizzabilità per fini extra-imprenditoriali senza radicali trasformazioni;
2)la registrazione nell'inventario.Poiché il bene qui in discussione era, per destinazione pluriennale, utilizzato dall'imprenditore individuale per svolgere l’attività, non possono esserci dubbi sulla sua inerenza all'impresa e sulla sua conseguente potenzialità a determinare plusvalenze.

La decisione appare condivisibile nel merito, anche se l'affermazione secondo cui, perché il bene possa considerarsi relativo all'impresa, esso dovrebbe essere, oltre che iscritto, non suscettibile di altra destinazione, lascia qualche perplessità rispetto il combinato disposto degli articoli 40 (43) e 77 (65) TUIR e introduce un requisito che non sembra desumersi dalla lettera della legge.

In effetti la seconda delle due norme non richiede, ai fini del riconoscimento della natura di bene relativo, la non destinabilità altrimenti del bene, mentre tale requisito è posto dalla prima norma alla base della nozione di bene strumentale (che è più ristretta di quella di bene relativo).

(Sentenza Cassazione civile 14/01/2011, n. 772)


Fonte: IPSOA

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