Il deposito delle recenti sentenze della Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno 429/03/14, 430/03/14 e 431/03/14, alimenta il dibattito in merito all'imputazione delle somme non giustificate, a seguito di indagini finanziarie.
La vigente previsione normativa (articolo 12 del Dl 201/2011), in virtù della quale tutte le movimentazioni superiori a mille euro devono avvenire tramite strumenti di pagamento tracciabili, non consentirebbe il verificarsi della fattispecie riguardante l'anno d'imposta 2007 e oggetto delle sentenze pronunciate dalla Commissione marchigiana.
Nel caso di specie, una coppia di soci al 50% di una società a responsabilità limitata ha compiuto una serie di ingenti movimentazioni bancarie (dell'ordine di centinaia di migliaia di euro), in contanti, provando a giustificarle, successivamente, come "finanziamento soci", reso in favore della loro Srl.
È opportuno precisare che i due coniugi risultavano fiscalmente nullatenenti.

Le parti ricorrenti (soci e società) hanno tentato di sostenere la tesi che i consistenti versamenti non erano altro che una serie di legittime partite di giro tra familiari. L'origine della liquidità è stata identificata dagli stessi ricorrenti nell'evasione fiscale perpetrata dal figlio dei due coniugi, titolare di proprie attività imprenditoriali nel settore edilizio, e formalmente estraneo alla compagine della società di capitali finanziata.
Secondo la ricostruzione agli atti, fornita dagli stessi soggetti coinvolti, le giacenze sui conti dei due soci nullatenenti avrebbero costituito la provvista per l'apporto finanziario in favore della società a responsabilità limitata; il trasferimento dei fondi si sarebbe, dunque, compiuto attraverso versamenti, effettuati dai genitori nullatenenti, in favore della società direttamente o per il tramite dello stesso figlio, che, a sua volta, riversava le somme alla società dei genitori.

Glissando in questa sede sulla contraddittoria ricostruzione delle movimentazioni bancarie, emersa in sede dibattimentale, è rilevante l'esito giudiziario della vicenda, che ha avuto un colpo di scena, probabilmente imprevisto dai ricorrenti.
I giudici hanno rigettato, nel merito, i ricorsi, presentati dai soci e dalla Srl, ritenendo non fondata la tesi del "finanziamento societario", sia nell'ipotesi che esso fosse stato compiuto dai soci nullatenenti (i due genitori) sia che esso fosse stato effettuato dal socio occulto (il figlio), direttamente o tramite interposta persona.
Il finanziamento societario non ha, infatti, trovato riscontro negli atti, in quanto nessuna delibera assembleare è stata esibita e nessuna corrispondenza temporale, nel presunto rapporto di dare e avere, è stata dedotta.

Inoltre, le movimentazioni bancarie sono risultate ingiustificabili in quanto prive di giusta causa (ossia, una causa legittima per l'ordinamento giuridico italiano): non è, infatti, ravvisabile un interesse del figlio a finanziare direttamente o indirettamente la società dei genitori, utilizzando proventi della sua attività imprenditoriale.
In sede giudiziaria, è stato ribadito che, perché si possa rivendicare la non imponibilità delle transazioni bancarie, "l'estraneità delle molteplici operazioni in entrata e in uscita sui conti personali dei soci all'attività della società" deve essere dimostrata "con opportuni e documentati riscontri".
"La prova della interposizione fittizia nella intestazione dei conti correnti o, comunque, la prova della pertinenza delle movimentazioni bancarie ad operazioni commerciali o finanziarie riconducibili alla attività di impresa svolta dalla società, è dimostrata dal fatto che la società contribuente non è stata in grado di dimostrare di aver tenuto conto degli importi rilevati nei conti correnti nelle dichiarazioni presentate, ovvero non ne ha giustificato la omessa indicazione in quanto riferibili ad, operazioni non imponibili (Cass. n. 20197 del 24.9.2010; Cass. n. 20199 del 24.9.2010)".
"La mancanza di una necessaria e netta separazione tra attività (quella del figlio e quella della società), operanti nel medesimo settore immobiliare (seppure sotto diversi profili), rappresenta [piuttosto], un'evidente commistione di affari tra soggetti della stessa famiglia che legittima a pieno l'operato dell'Ufficio".

I giudici non si sono limitati a reputare infondate le ragioni di parte, ma hanno seguito le argomentazioni proposte, giungendo a declamare il principio che non funge da scriminante la commistione di attività familiari e l'utilizzo da parte del figlio dei conti correnti dei genitori per occultare ricavi in nero, derivanti dall'attività professionale personale: nello specifico, i redditi sono stati ritenuti imponibili, in quanto originati da attività illecite.
Il complesso giro di denaro tra i conti familiari non solo non ha convinto i giudici, ma li ha persino indotti a disporre che la Segretaria della sezione provvedesse alla trasmissione delle sentenze pronunciate al competente comando della Guardia di finanza, ai sensi dell'articolo 36 del Dpr 600/1973, dal momento che il beneficio di liquidità goduto dalla società a responsabilità limitata accertata è derivata da proventi illeciti, conseguiti dal figlio attraverso l'evasione fiscale perpetrata nello svolgimento della sua attività imprenditoriale.

L'articolo 14, comma 4 , della legge 537/1993, infatti, prevede che "nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale. I relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria" (l'articolo 36, comma 34-bis del Dl 223/2006, intervenendo nuovamente sull'argomento, ha specificato che "in deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, la disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, si interpreta nel senso che i proventi illeciti ivi indicati, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito di cui all'articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono comunque considerati come redditi diversi").

Come anticipato, attualmente simili architetture evasive ed elusive sono osteggiate dalle disposizioni in materia di movimentazioni bancarie e le future norme renderanno sempre più difficoltose queste pratiche che sottraggono risorse al benessere collettivo.
Il Dl 150/2013 ha differito, dall'1 gennaio al 30 giugno 2014, il termine a decorrere dal quale le imprese e i professionisti, che effettuano vendita di prodotti e prestazione di servizi, sono tenuti ad accettare pagamenti effettuati con carte di debito (bancomat).
L'articolo 9, comma 1, lettere c) ed f) della recente legge delega 23/2014 prevede il potenziamento e la razionalizzazione dei sistemi di tracciabilità dei pagamenti, l'incentivo dell'utilizzo della moneta elettronica e la promozione di adeguate forme di coordinamento con gli Stati esteri per un più efficace riconoscimento, ai fini fiscali, delle movimentazioni poste in essere.


Fonte: Agenzia Entrate

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