Per il reato di bancarotta sussiste la responsabilità penale anche del liquidatore, se non adempie agli obblighi di vigilanza: in base all’articolo 40 del codice penale, “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
È quanto stabilito dalla Cassazione penale, con la sentenza 29921 dell’8 luglio.

La vicenda processuale
La Corte di appello, confermando parzialmente la sentenza del tribunale, condannava penalmente l’imputato, in veste di liquidatore di una società dichiarata successivamente fallita, per i delitti di bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta impropria da reato societario. Detta responsabilità discendeva dal fatto che il liquidatore non soltanto non si era attivato per impedire un atto pregiudizievole di cui aveva avuto conoscenza, ma altresì non si era dato un’organizzazione idonea a garantire gli interessi che aveva l’obbligo, per legge, di tutelare.
L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione di norme di legge e una motivazione incongrua quanto all’affermazione della propria penale responsabilità di liquidatore della società, nonché una carenza di motivazione riguardo alla determinazione della pena. In particolare, lamentava il breve lasso di tempo tra la nomina e la dichiarazione di fallimento e l’assenza di prova dell’effettiva conoscenza dell’attività infedele posta in essere dall’amministratore.

La pronuncia della Cassazione
A parere della Suprema corte, il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dei principi vigenti in materia di responsabilità penale, avendo accertato con giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità, nonché motivando congruamente, che il ricorrente aveva precisa conoscenza delle attività poste in essere dall’amministratore, non soltanto perché come liquidatore aveva accesso a tutta la documentazione contabile ma anche e soprattutto perché, dal suo insediamento, “non ha cooperato al reperimento delle scritture contabili necessarie alla ricostruzione del patrimonio e degli affari della società né risulta essersi attivato al fine di permettere una corretta redazione del bilancio e delle scritture contabili societarie durante la fase della liquidazione”.
Ne è derivato il rigetto del ricorso, ritenuto infondato con condanna altresì alle spese processuali.

Osservazioni
Superando le argomentazioni contrarie utilizzate dalla difesa per ottenere l’annullamento della condanna, i giudici di legittimità, confermando precedenti in tale senso (Cassazione n. 8260/2007 e n. 36435/2011), hanno individuato il titolo della responsabilità penale ascrivibile al liquidatore di società in materia di reati fallimentari, non solo nell’articolo 223 della legge fallimentare ma anche nell’articolo 2489 cc, che, rinviando alle norme in tema di responsabilità degli amministratori, richiama altresì l’articolo 2932 codice civile, il quale fissa un principio di ordine generale, in base al quale l’amministratore deve vigilare sulla gestione e impedire il compimento di atti pregiudizievoli, oltre che attenuarne le conseguenze dannose.
Dunque “sussiste anche per i liquidatori una posizione di garanzia del bene giuridico penalmente tutelato, con conseguente ineludibile responsabilità, ex articolo 40 cpv cod. pen., ove i detti obblighi siano disattesi”.

L’amministratore e il liquidatore, invero, avendo compiti di gestione della società di capitali, possono compiere tutti gli atti anche di disposizione necessari per il raggiungimento degli scopi sociali. A tali poteri di gestione corrispondono poteri-doveri di vigilanza su tutte le attività poste in essere da coloro i quali, in via di diritto o di fatto, agiscano per conto della società.
Considerato quanto statuito dall’articolo 2487-bis, comma terzo, cc, sui liquidatori incombe altresì l’obbligo di ricevere in consegna i libri sociali. Detto obbligo, estendendosi anche al liquidatore nominato successivamente in sostituzione del precedente, permette di non ritenere esente da responsabilità il liquidatore che non riceva i libri contabili, omettendo ogni controllo sulla loro esistenza e sulla loro regolare tenuta (cfr Cassazione citata).

“È allora evidente – per gli Ermellini – che, non potendo controllare e vigilare tutte le attività della società personalmente, il liquidatore dovrà darsi un’organizzazione che sia idonea non solo al raggiungimento degli scopi sociali, ma anche ad impedire che vengano posti in essere atti di grave pregiudizio nei confronti dei soci, dei creditori e dei terzi”. La responsabilità del liquidatore – dunque - sarà ravvisabile non soltanto quando non si sia attivato per impedire un atto pregiudizievole di cui ha avuto conoscenza, “ma anche quando non si sia dato un’organizzazione idonea a garantire gli interessi che lui ha l’obbligo, per legge, di tutelare, consentendo in tal modo che altri possano ledere i suddetti interessi”.
   
Premesso, infatti, che è configurabile il dolo nei confronti del titolare dell’obbligo di garanzia, come nella specie, il liquidatore di società “quando si abbia conoscenza di una condotta infedele da altri posta in essere e non se ne neutralizzino gli effetti, oppure quando consapevolmente si ometta di dare attuazione nel senso dinanzi delineato agli obblighi di vigilanza e controllo”, lo stesso è penalmente responsabile delle condotte poste in essere da chiunque abbia operato all’interno dell’azienda, qualora, pur essendone inconsapevole, non abbia fatto tutto quanto in sua possibilità per attuare una efficace vigilanza e un rigoroso controllo.


Fonte: Agenzia Entrate

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