In materia di Iva, l’articolo 36, comma 19-bis, del Dl 30 agosto 1993, n. 331, ha espressamente disposto che “Le assegnazioni di aree edificabili acquisite dai Comuni in via espropriativa non si considerano, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, operazioni svolte nell’esercizio di attività commerciali...”.
In relazione a tale disposizione, con la sentenza 7339/2014, la Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito al corretto trattamento tributario applicabile (e cioè, in alternativa, assoggettamento a Iva oppure a imposta proporzionale di registro) in relazione a un atto di assegnazione a una società, da parte di un Comune, di un’area compresa in una zona Pip (Piano insediamenti produttivi: zona industriale), che era stata precedentemente acquisita dallo stesso Comune nel corso di una procedura espropriativa, conclusasi, peraltro, con un atto di compravendita (regolarmente assoggettato a Iva) conseguente all’“accordo bonario” successivamente intervenuto tra le parti (venditore dell’area e Comune acquirente).

Investita della questione, la Corte ha ritenuto che l’atto di assegnazione in oggetto avrebbe dovuto scontare non già l’Iva, bensì l’imposta proporzionale di registro (così come sostenuto dall’Amministrazione finanziaria).
Il Supremo collegio, infatti, ha basato tale proprio orientamento sul presupposto che la suddetta attività, svolta dal Comune assegnante l’area, non avrebbe potuto dare luogo all’esercizio di un’attività di carattere commerciale (come tale rilevante, agli effetti dell’Iva, ai sensi dell’articolo 4 del Dpr n. 633 del 1972) da parte dello stesso Comune, in quanto “..l’assegnazione del terreno è avvenuta al fine istituzionale della realizzazione dell’area PIP..”, non potendo altresì detta attività ritenersi “…distorsiva del mercato (come invece ritenuto dalla società ricorrente) perché conseguente a un complesso d’interventi connotati dall’esercizio di eccezionali potestà pubbliche, che obiettivamente escludono che possa trattarsi dell’esercizio di un’attività d’impresa in regime di favore”.

In sostanza, ad avviso dei giudici di legittimità, nella specie il Comune aveva agito “…per la finalità pubblica di realizzare un piano d’insediamento industriale e quindi d’imperio e cioè al di fuori di qualsiasi attività d’impresa”, a nulla rilevando, in senso contrario a detta conclusione, la circostanza che, nel particolare caso in oggetto, il procedimento espropriativo originario si fosse concluso con un atto contrattuale (come detto, compravendita) conseguente all’accordo bonario “medio tempore” intervenuto tra il proprietario dell’area (originario cedente) e il Comune (acquirente-successivo assegnante).

Da parte nostra, è da evidenziare che la conclusione della Cassazione si pone sostanzialmente in linea con la posizione assunta dal ministero delle Finanze, nella circolare n. 8 del 1993, già precedentemente all’entrata in vigore della citata previsione normativa di cui all’articolo 36, comma 19-bis, del Dl n. 331 del 1993.
In tale declaratoria, infatti, era stato affermato che il principio del non assoggettamento a Iva delle operazioni di cui trattasi trova applicazione “…ogni qualvolta le assegnazioni di aree edificabili vengono poste in essere nello svolgimento di attività per la quale la normativa nazionale prevede la possibilità di esproprio da parte dell’ente locale e che conseguentemente esulano dal campo di applicazione dell’Iva non solo le assegnazioni di aree edificabili acquisite con esproprio ma anche quelle acquisite (come nel caso dedotto in controversia) con atti negoziali nell’ambito di attività svolte dal Comune in veste di pubblica autorità”.


Fonte: Agenzia Entrate

0 commenti:

 
Top