L’Iva assolta sull’acquisto del carburante destinato ad alimentare i mezzi impiegati per l’esercizio dell’impresa è detraibile solo se le relative schede carburanti, da completare in ogni loro parte, sono debitamente sottoscritte dall’esercente dell’impianto di distribuzione. Il requisito della firma, avendo una funzione di convalida del rifornimento, costituisce elemento essenziale senza il quale la scheda non può assolvere alle finalità previste dalla legge.

Inoltre, nel giudizio inerente l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, in cui le prove sono costituite da presunzioni, il giudice di merito deve valutare tutti gli indizi addotti dall’Amministrazione finanziaria nel loro complesso per desumere i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, non potendo limitare il proprio giudizio a uno soltanto di essi.
Questo è quanto ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 16338 del 17 luglio 2014.

Il fatto
Con avviso di rettifica ai fini Iva, l’Amministrazione finanziaria aveva contestato l’indebita detrazione dell’imposta inerente i costi per carburante, perché le relative schede erano prive della sottoscrizione dell’esercente dell’impianto di distribuzione, e di quella relativa ai costi per servizi di noli e facchinaggio prestati da società terze, perché ritenute operazioni oggettivamente inesistenti.

Il ricorso proposto dalla società era stato accolto dal giudice di prime cure e confermato dalla competente Commissione tributaria regionale, che aveva annullato parzialmente l’atto impositivo.
Quanto alla rettifica dell’imposta relativa alle spese di carburante, a parere dei giudici di merito, la mancata apposizione della firma sulle schede da parte dell’esercente dell’impianto di distribuzione costituisce una irregolarità meramente formale che, in presenza di tutti gli altri requisiti previsti dalla legge, ivi compreso il timbro dell’impianto, non preclude l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta.
Riguardo, invece. alla contestata inesistenza delle operazioni, secondo i giudici, l’ufficio finanziario non aveva fornito idonea prova della fittizietà delle fatture, non essendo sufficiente, a tal fine, il mero indizio del pagamento in contanti delle fatture relative ai servizi.

Ribaltando il giudizio di merito, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, procedendo alla cassazione della sentenza impugnata e, decidendo nel merito, al rigetto del ricorso introduttivo proposto dalla società.

La decisione
La scheda carburante deve essere compilata in ogni sua parte e recare la sottoscrizione del titolare dell’impianto di distribuzione e, in difetto di tali requisiti, viene meno il diritto alla detrazione dell’Iva assolta sull’acquisto di carburante.

È questo il responso della Corte suprema con cui i giudici hanno accolto le censure dell’Amministrazione finanziaria in merito alla violazione da parte dei giudici di merito “dell’art. 2 della L. n. 31/1977, degli artt. 1 e 2 del D.M. 7.6.1977 e dell’art. 19 D.P.R. n. 633/1972”.

La disciplina relativa agli acquisti di carburante da parte dei soggetti passivi Iva è recata nell’articolo 2 della legge 31/1977, a cui è stata data attuazione con il decreto del ministro delle Finanze del 07 giugno 1977.
Il citato provvedimento ha introdotto nel nostro panorama giuridico la “scheda carburante”, ossia il documento che può essere utilizzato dai titolari di partita Iva nell’esercizio dell’attività, per poter usufruire della detrazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e della deduzione ai fini delle imposte dirette e contiene, altresì, le modalità di compilazione, registrazione e conservazione delle stesse.

Alla stregua di un consolidato orientamento di diritto, i giudici di legittimità hanno affermato il principio che la detrazione dell’imposta assolta per l’acquisto di carburante – da utilizzare per l’alimentazione dei mezzi di trasporto impiegati per l’esercizio dell’attività di impresa o professionale – spetta a condizione che le schede carburanti rilasciate dagli addetti alla distribuzione “siano complete in ogni loro parte e debitamente sottoscritte senza che l'adempimento, a tal fine disposto, ammetta equipollente alcuno e indipendentemente dall’avvenuta contabilizzazione dell'operazione nelle scritture dell’impresa (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21941 del 19/10/2007; id. Sez. 5, Sentenza n. 26539 del 05/11/2008; id. Sez. 5, Sentenza n. 6606 del 15/03/2013)”.
È chiaro, pertanto, che la firma apposta dall’esercente dell’impianto di distribuzione ha la funzione di convalidare il rifornimento, come, peraltro, esplicitamente disposto all’articolo 3 del Dpr 444/1997, e costituisce elemento essenziale “senza il quale la scheda non può assolvere alla finalità prevista dalla legge (cfr. Corte Cass. n. 21941/2007 cit.)”.

In conclusione, è corretto sostenere che la sottoscrizione del gestore sulle schede carburanti è elemento sostanziale per la legittima detrazione dell’imposta sul valore aggiunto, risultando inficiata da “errore di diritto” la sentenza impugnata dall’Agenzia delle Entrate, che ha riconosciuto legittima la detrazione dell’imposta in difetto del predetto requisito.

Con ulteriore motivo di ricorso, l’Amministrazione finanziaria aveva lamentato che la Ctr, seppur riconoscendo – sulla base di tutti gli indizi addotti dall’ufficio – che la società accertata fosse inserita in un sistema frodatorio volto a consentire l’indebita detrazione dell’Iva (relativa a servizi di noli e facchinaggio prestati da società terze), aveva limitato il giudizio a uno soltanto degli indizi, ossia il pagamento in contanti delle fatture, ritenendolo “elemento insufficiente ad integrare la prova della simulazione assoluta delle operazioni”.

Nel caso di specie, l’Agenzia aveva fornito plurimi elementi indiziari a sostegno dell’inesistenza delle operazioni passive, quali l’incompleta e lacunosa documentazione contabile relativa ai rapporti intrattenuti con le società emittenti le fatture, l’assenza di una struttura organizzativa e amministrativa, la situazione di patologico indebitamento fiscale delle società fornitrici dei servizi nonché il pagamento in contanti delle fatture contestate.
Esaminati gli atti, la Corte di cassazione ha affermato che, allorquando la prova fornita dall’Amministrazione finanziaria sia costituita da presunzioni, “i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi, soggetti a una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato, al fine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari indizi e di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16831 del 10/11/2003; id. Sez. 1, Sentenza n. 28224 del 26/11/2008; id. Sez. 3, Sentenza n. 26022 del 05/12/2011).”


Fonte: Agenzia Entrate

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