Domanda
Uno studio nel quale attualmente oltre al titolare operano altri due professionisti titolari di partita Iva (di cui uno è il figlio del titolare), hanno l'intenzione di costituire un'associazione professionale. Tutta la clientela, che attualmente viene fatturata dal titolare, verrà trasferita al nuovo studio associato. Ci si chiede se e quali profili di cirticità potrebbero emergere con riferimento alla tassabilità in capo al titolare?

Risposta
Si ritiene che in assenza di uno specifico corrispettivo per la cessione della clientela non sussiste alcun reddito imponibile in capo al professionista che associa i propri collaboratori, in quanto non matura in capo ad un professionista alcuna plusvalenza imponibile.
Ne deriva, di conseguenza, che se un professionista intende procedere a costituire uno studio associato con i propri collaboratori - "conferendo", per così dire, la clientela già acquisita - se non risulta pattuito alcun corrispettivo a tale titolo e, pertanto, nulla viene corrisposto dagli associati, si è in presenza di una mera continuità operativa posta in essere dal neo-costituito studio associato.
È quanto viene puntualizzato dall'Agenzia delle entrate, nella circolare 13 marzo 2009, n. 8/E, in quanto non è stata ritenuta equiparabile la disciplina specifica dettata per i professionisti a quella dei conferimenti d'azienda.
Al riguardo, però, è opportuno anche prendere in considerazione il D.L. n. 223/2006 che ha introdotto, all'art. 54 del Tuir in materia di determinazione del reddito di lavoro autonomo, la disposizione secondo cui concorrono a formare il reddito anche "i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela".
Rimane, in questo modo, innovata la disciplina precedente, che non considerava materia imponibile o tassabili, per i professionisti, le plusvalenze da cessione di beni materiali o immateriali, ivi compreso il cosiddetto pacchetto clienti.
E' anche vero che, l'Agenzia delle entrate, nella risoluzione 108/E/2002, aveva precisato che la cessione della clientela potesse essere ricompresa fra i cosiddetti "redditi diversi", derivanti dall'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere; tale orientamento non risultò, però, condiviso dalla giurisprudenza, sia in qualità della rilevanza dell'intuitus personae dell'attività professionale, sia della tassatività dell'elenco dei redditi diversi, il quale non include tale fattispecie.
Il legislatore è, quindi, intervenuto a colmare il vuoto normativo, con la specifica previsione prima richiamata.
La cessione della clientela, pertanto, risulta soggetta ad imposizione solo se posta in essere a titolo oneroso e, conseguentemente, il corrispettivo assume rilevanza:
- in capo al soggetto cedente, mediante sottoposizione a tassazione separata, se il compenso è percepito in un'unica soluzione o in più rate aventi inizio e termine nello stesso esercizio di imposta (vedere, al riguardo, la circolare dell'Agenzia delle entrate 16 febbraio 2007, n.11/E), oppure a tassazione ordinaria nelle altre situazioni e/o ipotesi;
- in capo all'associazione, in quanto è deducibile dal reddito da lavoro autonomo nell'anno di effettuazione del pagamento.
Nella circolare 13 marzo 2009, n. 8/E, l'Agenzia delle entrate prende in esame il caso di un professionista che opera in forma individuale, e che intende associare alcuni collaboratori, creando uno studio associato.
L'Agenzia delle entrate, come già accennato, afferma che non sussiste materia imponibile da assoggettare a tassazione in capo al soggetto cedente (e, di conseguenza, nessun onere deducibile per lo studio associato), se sussistono alcune precise condizioni:
- dalla costituzione dello studio associato non deve derivare alcune tipo di pagamento di un corrispettivo in denaro o in natura, né dai singoli professionisti associati, né dalla neo-costituita associazione, a titolo di cessione della clientela;
- le quote di partecipazione agli utili devono essere determinate in funzione del contributo lavorativo dei singoli associati;
- all'estinzione del rapporto, agli associati non deve spettare altro corrispettivo, se non la quota di reddito relativa alla frazione del periodo d'imposta.
In concreto, viene confermato che il regime di tassazione delle plusvalenze previsto per i professionisti è "speciale", rispetto quello previsto per le imprese, e pertanto non possono trovare applicazione le regole generali previste per queste ultime.
Specificamente, la cessione della clientela non può e non deve risultare assimilata ad un conferimento d'azienda, posto che, come è anche stato puntualizzato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 21 luglio 1967, n. 1889, la capacità professionale di attrarre clientela non può essere assimilata alla cessione di un bene immateriale autonomamente trasferibile e che lo studio professionale non è assimilabile ad una azienda, in quanto non è strumentale per l'esercizio di una attività d'impresa.
Analizzando il problema da un altro punto di vista, si perviene al principio che la cessione dello studio professionale non sfugge a tassazione.
Come già posto in evidenza, dal 2006, infatti, l'art. 54 del Tuir esplicitamente menziona, tra i componenti che concorrono alla formazione del reddito, anche i corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all'attività artistica o professionale (inoltre, è anche opportuno tenere in considerazione che assumono rilevanza anche eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione di beni mobili acquistati dopo il 4 luglio 2006, oppure di beni immobili acquistati dal 1° gennaio 2007).
Poiché, diversamente da quanto avviene per la cessione di azienda, tuttavia, nella cessione dello studio professionale non è prevista la formalizzazione di alcuna scrittura con firme autenticate, non essendo necessaria alcuna forma di pubblicità obbligatoria.
E' evidente, di conseguenza, che il trasferimento rivelerà eventuali possibili riscontri nell'emissione di semplici fatture assoggettate a Iva, nelle quali deve essere specificato separatamente l'importo assegnato a ciascun bene (attrezzature, arredi, macchine d'ufficio) e a ciascun diritto (diritto al subentro nei rapporti con la clientela, all'uso del nome, del marchio).
Così operando, infatti, si viene ad escludere dalla tassazione l'eventuale plusvalenza corrispondente ai beni mobili acquistati sino al 4 luglio 2006 e di assoggettare a tassazione integrale (senza possibilità di frazionamento per quinti) della quota parte relativa ai beni di più recente acquisto.
Per quanto concerne l'eventuale corrispettivo inerente al valore dei diritti immateriali, inoltre, lo stesso importo indicato nella fattura si tradurrà, per pari somma, in un componente positivo da comprendere nel quadro RE del modello Unico.
In concreto, per individuare le eventuali criticità è necessario valutare sia gli effettivi accordi, sia la correttezza della documentazione contabile che sarà emessa nell'ambito della formalizzazione degli accordi economici di costituzione dello studio associato.


Fonte: IPSOA

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