Il trattamento agevolato connesso all'incentivo all'esodo lavorativo, regolamentato dall'articolo 19, comma 4-bis del Tuir e poi soppresso dal Dl "Bersani", continua - pur sotto un profilo giudiziale diverso da quello che lo ha preceduto - a occupare l'attenzione della giurisprudenza tributaria e dei lavoratori di sesso maschile che, nel periodo di vigenza della norma caducata, avevano un'età inferiore ai 55 anni al momento del congedo dal lavoro.

Il lungo cammino giudiziale e amministrativo
Come si ricorderà, la descritta disciplina consentiva l'applicazione - alle somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di attività dipendente dei lavoratori in età superiore ai 50 anni se donne e ai 55 anni se uomini - di una tassazione con aliquota agevolata, pari alla metà di quella applicata all'imposizione del trattamento di fine rapporto.

Il dubbio che la norma contenesse un'ingiustificabile disparità di trattamento tra lavoratori e lavoratrici induceva i primi a provocare giudizialmente l'esame, da parte della Corte di giustizia europea, sull'incompatibilità della norma nazionale con la direttiva comunitaria 76/207/Cee del 9 febbraio 1976, posta in aperto divieto alla discriminazione tra sessi.
La Corte di Lussemburgo, dopo una prima pronuncia (C-20/2004 del 21 luglio 2005) ritenuta sostanzialmente "neutrale" dall'Amministrazione, accoglieva poi inequivocabilmente le aspettative dei contribuenti-lavoratori (cause riunite da C-128/07 a C-131/07 del 16 gennaio 2008), tant'è che la stessa Agenzia delle Entrate desisteva dal contenzioso, nel frattempo cresciuto a dismisura. Da notare, però, che la circolare 62/2008, nell'evidenziare agli uffici periferici la necessità dell'abbandono di questo tipo di liti, si preoccupava anche di sottolineare come i rimborsi relativi alla tassazione dell'incentivo all'esodo non potessero essere estesi anche ai "rapporti esauriti".

La "nuova" questione
Proprio quest'ultimo limite è il nuovo motivo di opposizione degli uffici tributari alle richieste di rimborso di quei lavoratori rimasti prima silenti, ma parimenti ricompresi nella posizione giuridica di coloro che avevano dato avvio alla tutela giurisdizionale.
Il carattere seriale delle liti, conseguenti al diniego del rimborso, vede allo stato la parte pubblica eccepire con vigore il disposto, ex articolo 38 del Dpr 602/1973, che prevede un termine di decadenza di 48 mesi per la presentazione della domanda di rimborso, decorrente - secondo questa tesi e con espresso riferimento all'incentivo all'esodo - dalla data in cui è stata operata la ritenuta.

La difesa avversa, incentrata invece sull'efficacia normativa delle decisioni della Corte di Lussemburgo, finisce con il fissare la suindicata decorrenza a far data dal deposito della seconda ordinanza del supremo consesso europeo.

Il pensiero della Ctp di Vercelli
I responsi della giurisprudenza sono in stato di piena proliferazione e, in questo contesto, devono registrarsi due sentenze favorevoli alla tesi dell'erario, emesse in Piemonte.
E' evidente destino che questa Regione debba essere la "culla" di questo tipo di questioni, visto che il primo rinvio alla Corte di giustizia europea avveniva per opera della Ctp di Novara.
Questa volta, due pronunce della Ctp di Vercelli relative alla materia contesa (sentenze 71 e 72 del 2010) sono favorevoli alla parte pubblica.

L'organo giudicante ha accolto la tesi prospettata dalla Dp di Vercelli - sulla descritta invalicabilità del termine di decadenza di cui all'articolo 38 della citata fonte - definendo il medesimo di natura perentoria e assumendo come indubbio il dato letterale espresso dal residuo contenuto della norma.

Inoltre, l'estensore della sentenza ha rimarcato come l'abrogazione della norma agevolativa abbia dato definitiva parificazione al trattamento per l'esodo lavorativo incentivato, restando salvo solo il diritto al rimborso di quei contribuenti che avevano inoltrato la relativa istanza o l'azione giudiziale prima del provvedimento che, di fatto, ha cancellato l'incentivo.

Sono stati, infatti, implicitamente rappresentati in sentenza alcuni principi - sulla certezza del diritto e sulla necessaria interdizione di gravi inconvenienti ai conti economici dello Stato - espressi a supporto di numerose decisioni della Corte di Lussemburgo.
Questo il dato saliente del descritto orientamento: "Andrà disattesa la riapertura dei termini dalla pubblicazione delle statuizioni comunitarie più favorevoli. Se in tale ambito risultasse condivisibile contrario criterio verrebbe meno per tale elasticità normativa la certezza e l'equilibrio di bilancio della Pubblica Amministrazione che si vedrebbe potenzialmente destinataria di rivendiche di vario genere con ovvi pregiudizi patrimoniali di entità non calcolabile".

A conclusione di questo breve commento, resta aggiungere che sembra probabile, sia per il rilevante numero di controversie riguardante la descritta fattispecie sia per la pregevolezza delle argomentazioni in contraddittorio, la conclusione della disputa innanzi la Suprema corte.


Fonte: Agenzia Entrate

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