L'Iva su prestazioni alberghiere e di ristorazione, non detratta per la mancanza delle relative fatture, può essere dedotta dal reddito come elemento aggiuntivo del costo, se - chiaramente - inerente all'attività d'impresa o professionale. Iva non detratta che, se iscritta fra i costi della produzione, alleggerisce anche la base imponibile Irap. Il chiarimento è contenuto nella circolare n. 25/E del 19 maggio.

Si chiude, così, il cerchio interpretativo sugli effetti della modifica normativa (Dl 112/2008) con efficacia dal 1° settembre 2008, allorché è stata eliminata la previsione di indetraibilità oggettiva dell'imposta sul valore aggiunto pagata sui servizi di "vitto e alloggio".

Il Dl 112/2008 e la modifica normativa
Come anticipato, con il decreto legge 112 del 25 giugno 2008 è stato modificato l'articolo 19-bis1 del Dpr 633/1972, cassando la previsione di indetraibilità oggettiva dell'Iva sulle prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande (che non formassero oggetto dell'attività propria dell'impresa, o che non fossero effettuate nei confronti dei datori di lavoro nei locali dell'impresa, in locali adibiti a mensa scolastica, aziendale o interaziendale, oppure poste in essere da imprese fornitrici di servizi sostitutivi di mensa aziendali).
La modifica si era resa necessaria per eliminare il contrasto fra la disposizione interna e l'articolo 168 della direttiva 2006/112/CE.

A partire dal 1° settembre 2008, quindi, l'imposta relativa a tali servizi è detraibile secondo gli "ordinari" principi dettati dal Dpr 633/1972 e, cioè, nella misura gli stessi risultino inerenti all'attività.

La detrazione è imprescindibile, però, dal possesso della relativa fattura, che va richiesta (rientrando le prestazioni in oggetto fra quelle per le quali l'emissione del documento è obbligatoria solo "a domanda" del cliente) non oltre il momento di effettuazione dell'operazione.
Ma cosa accade ai fini delle imposte sui redditi se l'imprenditore o il professionista la fattura non l'abbiano richiesta? L'Iva, in questo caso, non detraibile (ma non "oggettivamente" indetraibile), può essere dedotta - incrementando il costo del servizio documentato dallo scontrino o dalla ricevuta fiscale - dal reddito imponibile?

La novità interpretativa
L'Agenzia delle Entrate era già intervenuta sul tema, con la circolare n. 6/E del 2009 e con la risoluzione n. 84/2009. In quelle occasioni era stato specificato che l'imposta non detratta in seguito a una valutazione discrezionale del contribuente fosse deducibile né dal reddito né dalla base imponibile Irap.

Il principio, e in ciò risiede la novità interpretativa contenuta nella circolare n. 25/E, può però subire una deroga nelle ipotesi in cui la scelta di non richiedere la fattura si basi su "valutazioni di convenienza economico-gestionale". Quando, cioè, i costi da sostenere per gli adempimenti Iva connessi alle fatture risultano superiori al vantaggio economico costituito dall'importo dell'imposta detraibile. Una valutazione, quest'ultima, che l'Agenzia riconosce come effettuata dal contribuente (imprenditore o professionista), le cui scelte si prospettano logicamente "come la soluzione economicamente più vantaggiosa".

Detto in altri termini, un costo che l'operatore economico ha valutato come "funzionale" al raggiungimento del maggior risultato economico possibile e che, perciò, è da considerarsi "inerente".
Da qui alla sua deducibilità dal reddito imponibile, il passo è breve: l'Iva non detratta va ad aggiungersi alla spesa alberghiera o di ristorazione, formando il totale deducibile nei limiti prescritti dalla norma (ad esempio, nell'ambito del reddito d'impresa è deducibile il 75% del suo ammontare).


Fonte: Agenzia Entrate

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