Promozione piena per il modello Cvs, introdotto dalla Finanziaria 2003 allo scopo di monitorare la fruizione dei crediti d'imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate. La Consulta, con ordinanza n. 180/2007, ha ritenuto "manifestamente infondate" le tre questioni di diritto sottoposte dalla Ctp di Benevento, secondo la quale la successiva previsione di un obbligo in origine non previsto avrebbe leso il diritto di difesa del contribuente, il buon andamento dell'amministrazione (articoli 24 e 97 della Costituzione) e il principio della irretroattività della legge fiscale sancito dallo Statuto del contribuente.

I termini della questione sottoposta alla Corte costituzionale

L'articolo 62 della Finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), al "[...] fine di assicurare una corretta applicazione delle disposizioni in materia di agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate di cui all'art. 8 della legge n. 388/2000, e successive modificazioni, nonché di favorire la prevenzione di comportamenti elusivi [...]", introdusse il monitoraggio della fruizione dei crediti d'imposta attraverso l'invio telematico di un modello di comunicazione: Cvs per i soggetti che avevano conseguito il diritto al contributo prima dell'8 luglio 2002 e Cts per i soggetti che avevano conseguito l'assenso relativamente alle istanze presentate dopo le modifiche introdotte dal decreto legge 138/2002). In particolare, l'adempimento venne posto a pena di decadenza dal "contributo automaticamente conseguito".

La commissione tributaria provinciale di Benevento, a margine di una lite fiscale avente a oggetto il corretto utilizzo del credito d'imposta, sollevò la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 62 in relazione agli articoli 24 e 97 della Costituzione nonché per violazione delle disposizioni contenute nell'articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000).

Secondo il giudice remittente, la previsione, in epoca successiva, di un obbligo (invio della comunicazione) originariamente non previsto avrebbe leso il diritto di difesa del contribuente (articolo 24 della Costituzione), il buon andamento dell'amministrazione (articolo 97) nonché il principio della irretroattività della legge fiscale sancito dall'articolo 3, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente.

L'ordinanza della Corte costituzionale: la legittimità del Cvs

Con l'ordinanza in commento, il giudice delle leggi affronta e risolve le questioni di diritto sottopostegli. Richiamando la precedente ordinanza n. 124/2006, la Corte le ha ritenute tutte "manifestamente infondate" sulla scorta delle considerazioni appresso riassunte.

In riferimento all'articolo 97 della Costituzione, la Corte non ravvisa alcuna violazione in quanto la doglianza del giudice remittente è basata sull'erroneo presupposto interpretativo della natura retroattiva dell'articolo 62 della legge 289/2002. La norma censurata "[...] non dispone per il passato, ma fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di decadenza dal contributo, a nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito".

Circa la prospettata violazione dell'articolo 24 della Costituzione ovvero la violazione del diritto di difesa, la Corte non ravvisa alcuna valida motivazione di incostituzionalità in quanto il termine per l'invio del modello Cvs non ha "natura processuale" e, conseguentemente, risulta estraneo alla tutela costituzionale approntata dal citato articolo 24. In buona sostanza, per il giudice di legittimità, la previsione di un termine per porre in essere un adempimento fiscale non lede in alcuna maniera la possibilità di contestare giudizialmente il provvedimento amministrativo che intende sanzionarne l'eventuale inadempimento.

L'irretroattività della norma fiscale

Altro principio degno di nota contenuto nell'ordinanza attiene alla presunta violazione delle disposizioni contenute nello Statuto dei diritti del contribuente. Per il giudice remittente, la norma censurata si porrebbe in contrasto con il principio della irretroattività della norma fiscale, sancito dallo Statuto, ponendo a carico del contribuente un obbligo di comunicazione anche per crediti d'imposta già interamente fruiti alla data di entrata in vigore della norma che ha sancito l'obbligo.

La Corte sottolinea come il principio dell'irretroattività, di per sé, non costituisce "parametro idoneo a fondare il giudizio di legittimità costituzionale". La violazione del principio di irretroattività appare costituzionalmente censurabile solo nella misura in cui "[...] si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti così da incidere arbitrariamente sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti" (cfr Corte costituzionale 419/2000).

I giudici delle leggi, quindi, confermando l'indirizzo già consolidato in materia di Statuto del contribuente, assegnano ai principi contenuti nella legge 212/2000, proprio in ragione della loro qualificazione in termini di principi generali dell'ordinamento, il valore di criteri di interpretazione adeguatrice della legislazione tributaria ovvero di "regola cui, salva un'effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi, in quanto la certezza costituisce un indubbio cardine della civile convivenza e della tranquillità dei cittadini" (cfr Corte costituzionale 155/1990).

Ebbene, nel caso sottoposto all'esame della Corte, le esigenze di assicurare una corretta applicazione delle disposizioni in materia di agevolazioni per gli investimenti nonché di favorire la prevenzione di comportamenti elusivi sono risultati un'effettiva causa giustificatrice costituzionalmente non sanzionabile.

Fonte: Agenzia Entrate.

0 commenti:

 
Top